Li ho chiamati gli innamoranti, non appena ne ho intravisto qualcuno in una delle corse metropolitane della Domenica, di buon mattino, quando i vagoni sono quasi vuoti e ci sono molte persone sole senza mete lavorative. A volte con espressioni sospette di troppa libertà e senza mete chiare o troppo definite. Come loro. Gli innamoranti, che sono inconfondibili. Hanno un'aria sospesa e afflitta e molto serale, come quella di un levriero che soffoca dopo una corsa ufficiale, in uno sguardo stanco senza una stanchezza, ma ancora tenace e teatrale, anche se così assonnato. Non sono completamente italiani, ma non sono stranieri. Il trucco della donna è appena accennato, ma con tinte molto brusche e poco definite, come se disegnate con una mano che comincia a tremare la matita per la fretta. Sono delle tinte ondeggianti e nebbiose, che abbracciano gli occhi di indaco o della striatura del buon marmo di lapide, e li fanno muovere e morire alla luce del vagone giallo, con la stessa lentezza di un pendolo antico nell'ultimo filo di giorno. L'uomo ha la testa bassa. Si parlano molto da vicino, forse per rapprendersi ciascuno del proprio detto o delitto segreto. Sono abbastanza giovani, ma non troppo giovani. Abbastanza.
La donna ride. Ride ancora, e quando la bocca si muove trasforma i tratti e li amplifica a dismisura, come se riuscisse a modificare la prima informazione fenotipica e stupirla di colpo in un guitto grottesco e deforme. L'uomo è più stabile e più timido. La mano dell'uomo non porta anelli. Quella della donna ha una media di uno o due anelli per dito, ad eccezione di un dito centrale della destra e del pollice della sinistra, che sono nudi. Le mani dell'uomo e della donna sono intrecciate. Di solito almeno una coppia di anelli per dito richiama lo stesso colore raro degli occhi e di alcuni uccelli estinti. La donna porta un'eleganza pesante e dolorosa nel viso, nelle scarpe, nella giacca aperta.
Gli innamoranti hanno sempre qualcosa di pesante da portare con loro. Qualcosa che ingombra e che stona, e che mette disagio a chi la guarda, più che a chi la porta. La coppia che guardo ha un borsone dalle tinte chiare e poco comune per la sua fattura. Per tutto il tragitto si sono detti qualcosa. Il vagone barcolla prima delle fermate, e i loro corpi si ammortizzano ai piccoli rimbalzi delle parole, senza alcun disagio. Il loro borsone peserà tanto da non muoversi di un filo. Nemmeno i sedili sono così stabili da non muoversi di un filo. L'uomo ha sempre la testa un po' bassa, sempre più bassa. Una testa instabile ma pesante, come il suo borsone. È pettinato con dell'acqua nei capelli, rappresa con qualche essenza. Forse con dell'acqua di colonia. La donna ha la testa più dritta, e i capelli asciutti ma spettinati e del colore di alcuni punti della galleria. La sua bellezza fondamentale è data dal fatto che è spettinata e che ha i capelli dello stesso colore di alcuni punti della galleria. Non osservano nessuno e nemmeno notano se qualcuno li sta osservando.
La donna ride. Ride ancora, e quando la bocca si muove trasforma i tratti e li amplifica a dismisura, come se riuscisse a modificare la prima informazione fenotipica e stupirla di colpo in un guitto grottesco e deforme. L'uomo è più stabile e più timido. La mano dell'uomo non porta anelli. Quella della donna ha una media di uno o due anelli per dito, ad eccezione di un dito centrale della destra e del pollice della sinistra, che sono nudi. Le mani dell'uomo e della donna sono intrecciate. Di solito almeno una coppia di anelli per dito richiama lo stesso colore raro degli occhi e di alcuni uccelli estinti. La donna porta un'eleganza pesante e dolorosa nel viso, nelle scarpe, nella giacca aperta.
Gli innamoranti hanno sempre qualcosa di pesante da portare con loro. Qualcosa che ingombra e che stona, e che mette disagio a chi la guarda, più che a chi la porta. La coppia che guardo ha un borsone dalle tinte chiare e poco comune per la sua fattura. Per tutto il tragitto si sono detti qualcosa. Il vagone barcolla prima delle fermate, e i loro corpi si ammortizzano ai piccoli rimbalzi delle parole, senza alcun disagio. Il loro borsone peserà tanto da non muoversi di un filo. Nemmeno i sedili sono così stabili da non muoversi di un filo. L'uomo ha sempre la testa un po' bassa, sempre più bassa. Una testa instabile ma pesante, come il suo borsone. È pettinato con dell'acqua nei capelli, rappresa con qualche essenza. Forse con dell'acqua di colonia. La donna ha la testa più dritta, e i capelli asciutti ma spettinati e del colore di alcuni punti della galleria. La sua bellezza fondamentale è data dal fatto che è spettinata e che ha i capelli dello stesso colore di alcuni punti della galleria. Non osservano nessuno e nemmeno notano se qualcuno li sta osservando.
Ultimo tratto prima della mia discesa.
La donna accosta il viso alla bocca dell'uomo, che le dice o le chiede qualcosa. Ride, si allontana, lo guarda troppo e gli chiede poco, o gli dice anche lei qualcosa di poco, ma forse di molto raro e di eletto. L'uomo prende ad avvicinarsi. Intanto il vagone è dentro il fragore più cupo, ma i due comunicano ancora perfettamente. Quando l'uomo allontana la bocca dal viso, la donna contratterà la sua risata in un sorriso sobrio e incompiuto, che suonerà una linea torva di dolore, da farla svanire in una casa lontana o in una mano, come una bambina in un tuono. Un dolore che forse non gli dirà mai, e che l'uomo non avverte, perché incubato dalla fiala di un siero anestetico. L'uomo le prende una mano e le tocca e le oscura i due anelli che corrispondono al colore degli occhi seri, nell'attimo esatto in cui lei li chiude e poi si spegne.
La metro ferma. Le porte si aprono. Scendo, e me li lascio dentro e alle spalle. Quando sono fuori li vedo ancora molto assorti e velati. Mi hanno guardato solo nell'attimo in cui mi sono voltato verso di loro, come se avessero avvertito che li avrò riconosciuti. Lo hanno fatto con un rigo di ansia nei visi, come se fossero stati i visi di due morti.
Non so altro. Non so che senso abbia quello che ho visto e quello che ho scritto, ma sono certo che questi passeggeri hanno delle caratteristiche diverse da quelli degli altri giorni, o da tutti quelli delle Domeniche più tardive: quelli degli aperitivi, delle gite nelle isole pedonali, delle passeggiate nei parchi in penombra, nelle ville e nei grandi musei.
Gli innamorati li ho invece trovati nel tragitto di ritorno. Ma quella era un'altra dimensione, molto diversa da quella degli innamoranti. Non erano seduti vicini, non ridevano moltissimo, ma erano forse meno seri, e si guardavano molto intorno, e si specchiavano molto spesso e si aggiustavano i capelli già pettinati alla perfezione e ancora voltavano il viso per vedere chi li scrutasse. Erano molto più eleganti, di un'eleganza estremamente leggera, muta e indolore, e molto più sospettosi e molto meno soli degli altri anche se non erano seduti così vicini. Erano in gruppo e la donna aveva un jeans azzurro notte che le calzava alla perfezione, e non era neanche seduta e avevano le mani libere e colori di capelli e di occhi diversi, dai colori di alcuni punti di gallerie e di alcuni anelli.
Se qualcuno mi chiede la differenza tra un innamorante e un innamorato, posso solo rispondere che non vi sono risposte, ma solo piccoli meccanismi percettivi che si domandano e si rispondono o si disperdono da soli. Che a differenza di quegli altri, che sono assenti alla loro presenza, gli innamoranti rimangono presenti della loro assenza, ancora oltre, come è successo, a detta di Valéry, alla Berthe Morisot di Manet, sepolta nel suo ritratto in nero, e con il ventaglio sugli occhi.
Esistono alcuni luoghi e alcuni momenti dove possono comparire, solo in particolari circostanze, ma non troppo comuni. Come succede con alcuni tipi di eclissi, di pianeti o di dolori rari ed eletti.
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