lunedì 30 ottobre 2017

Il rondone


Il rondone raccolto sul marciapiede
aveva le ali ingrommate di catrame,
non poteva volare.
Gina che lo curò sciolse quei grumi
con batuffoli d'olio e di profumi,
gli pettinò le penne, lo nascose
in un cestino appena sufficiente
a farlo respirare.
Lui la guardava quasi riconoscente
da un occhio solo. L'altro non si apriva.
Poi gradì mezza foglia di lattuga
e due chicchi di riso. Dormì a lungo.
Il giorno dopo all'alba riprese il volo
senza salutare.
Lo vide la cameriera del piano di sopra.
Che fretta aveva fu il commento. E dire
che l'abbiamo salvato dai gatti. Ma ora forse
potrà cavarsela.

Eugenio Montale












domenica 29 ottobre 2017

Verso novembre


L'arrivo di un mese come novembre è già un presente. Si annuncia con il fumo dei suoi passi, lo smorzarsi delle luci, una fiacchezza di sguardo. Nel suo annunciarsi si firma e si conferma la sua anamnesi. Pagina prima del suo fioco, come l'arbitro muto di un addio.




sabato 28 ottobre 2017

Rileggendo Arminio




Qualche passo, per me bellissimo, dal suo "Zibaldone":

Ieri ho chiesto l'ora a uno che stava passeggiando con me. Il compagno di passeggio ha visto l'orologio e ha continuato il discorso che stava facendo senza dire l'ora.

Io appartengo solo al mio paese. Sono un dente dentro la bocca del cavallo, un mattone dentro un muro. Sono il vento che mi agita la testa, che rompe i minuti in cui cammino.

Se uno abita qui e se ci sta con gli occhi aperti, è costretto a sentirsi invaso da un dolore, oppure invade il luogo col suo dolore.

La paesologia ha due fili: uno di pietas e l'altro di necrofilia.

Franco Arminio. Estratti da "Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia".




mercoledì 25 ottobre 2017

Monologo sul sofà di Chiara Condrò: estratto da "La pazza gioia".












martedì 24 ottobre 2017

Lo scrittore, secondo Mann


Lo scrittore è un uomo che più di chiunque altro 
ha difficoltà a scrivere.

Thomas Mann









lunedì 23 ottobre 2017

Per me è così

Spesso penso a un particolare privilegio che mi offre la lettura. La consapevolezza di essere l'unico lettore, in quel determinato momento, ad attraversare quel certo libro in quel determinato punto. A volte penso addirittura di essere l'unico al mondo, ad attraversare quel libro in quel determinato momento, specie quando si tratta di libri particolari, meno comuni. In ogni caso esiste una profonda intimità di fondo con l'atto profondo del leggere e dello sprofondare dentro l'abisso di un grande libro; anche per l'esclusiva del sentirmi unico e prescelto, per il solo fatto di aver aperto e scelto proprio quel libro e quello scrittore in un momento altrettanto unico, che è solo mio e che nello stesso momento appartiene a me, quanto al pensiero del libro e dello scrittore dentro i quali ho scelto e accettato di perdermi, come nelle loro rispettive risonanze, che si smuovono all'infinito ogni volta che mi accendo e mi perdo dentro una pagina. Anche dentro una sola frase. Per me è così.


lunedì 16 ottobre 2017

Nessun amico



"Non c'è nessun amico più leale di un libro."

Ernest Hemingway







domenica 15 ottobre 2017

Urto di luce

Rileggendo il breve post di ieri mattina, scritto dopo essere sceso in cortile ed essere stato inondato dalla luce solare, mi accorgevo che avrebbe funzionato anche l'urto, al posto dell'urlo, in questo modo: "Il cortile stamattina è un urto di luce". Questa sensazione è arrivata in seguito alla pubblicazione del post, qualche decina di minuti dopo. Mi capita spesso che una stessa parola, con una minima variazione, possa creare delle soluzioni interessanti, delle apparenti dissonanze, che mettono un  certo ordine al mistero. In questo caso avrei preferito, a distanza di poco, una spallata di luce a un suo grido. Questioni di attimi. Le percezioni sono anche loro sensibili al passare impercettibile del tempo.



sabato 14 ottobre 2017

Urlo di luce


Il cortile stamattina è un urlo di luce. Desiderio di scrivere, ma anche di passeggiare. O di tacervi dentro. Come un gatto.


venerdì 13 ottobre 2017

"Finsternis", anatomia e fine di una revisione


Credo che il peso di questo lavoro, dal suo primo seme fino agli ultimi passaggi di revisione, lo abbia avvertito come quello di due traslochi simultanei. Di solito la fase delle revisioni che decico ai miei progetti sono sempre velate da un filo di beatitudine, per la possibilità di rimettere ordine, una sorta di pulizia e di chiaro liberatorio, che concede ancora momenti illuminanti, scorse ispirate, non lontane da quelle assai più titaniche che appartengono al flusso di un primo getto. Ma con "Finsternis" è accaduto di tutto e il contrario di questo tutto. Anche la distanza dal primo getto ai progressivi interventi di revisione ha vissuto dei tempi e delle dinamiche singolarissime, dal momento che nulla di questo lavoro è stato programmato, ma mi è precipitato dentro e addosso, come un vecchio pianoforte a coda nella tromba delle scale durante un mio incauto passaggio. 
Lo stesso processo di revisione di questo romanzo breve ha risentito degli scossoni tipici di una fase fobica di primo getto, quindi le sue maledizioni, più che la beatitudine delle potature successive, con il loro lato più clinico. Ecco allora il motivo di questa sensazione di sfinimento, quella di avere sulle spalle due traslochi: l'afflizione di uno spazio mentale, che invece di aver avuto il tempo e il modo di organizzare un controllo è stato controllato, sfidato a procedere con gli stessi tempi misteriosi del primo getto. Come se "Fisternis" fosse nato per essere il getto di una fiammata, dal suo primo all'ultimo momento di apparizione nella mia vita. Ogni progetto ha la sua natura, le sue attitudini, inclinazioni, capricci, ossessioni. "Finsternis" ha comportato questo tipo di carico, che ancora sento dentro le ossa e dentro l'anima, mentre concludo questo post. Una risonanza ostinata a diventare un gorgo impegnativo e impervio di sosta, al quale non riesco più a sottrarmi e dentro il quale mi intrattengo ancora, fino a perdermici...





mercoledì 11 ottobre 2017

Fantastic Voyage al Rome Art Week












sabato 7 ottobre 2017

Quella costante, tragicomica inadeguatezza


L'inadeguatezza di solito percorre le trame di ogni singolo passo di chi cerca la propria voce in un certo linguaggio, specie quando ne è ossessionato – dubito in possibili schiarite creative che non siano accompagnate da una sufficiente oscurità ossessiva di fondo, come di tormento, se non di totale invasamento. 
Ogni momento/tormento creativo, pensavo, se non sufficientemente puro e quindi antiutilitaristico, rischia di percepirsi a livello razionale sempre come commisurato a quello di qualcun altro, quindi quasi sempre inadeguato, rispetto a quello di questo qualcuno che lo farebbe e lo avrebbe fatto meglio, quindi a un certo standard di eccellenze amate o anche solo mirate per il gusto del sentito dire. Ma anche commisurando il fatidico momento creativo a un qualcuno che lo avrebbe fatto semmai nello stesso nostro modo o livello, ma perpetuando, a nostro discapito, questo momento con una serie di varianti e in quantità di gran lunga maggiori rispetto alle nostre, sfoggiando il proprio lirismo in una esasperante orizzontalità. 
Di solito capita di sentirsi molto inadeguati per la quantità eccessiva e considerevole di opere espresse da altri artisti, assai difficilmente per averne appurato la qualità impressa di ciascuna di queste,  quindi la loro prospettiva più intima e verticale – che non sempre si percepisce con la stessa chiarezza delle grosse scorse bio-bibliografiche, in cui di sovente ci si imbatte e ci si perde.  
Difficilmente, immaginavo ancora, intimorisce il taglio perfetto della lama, segno di un momento espressivo potente, delineato dalla particolare combinazione di elementi estetici, psicologici, introspettivi, espressivi, tali da renderlo eterno, (molto di più di un generico insieme, anche smisiurato, di momenti letterari più comuni, anche se pregiati) quanto, al contrario, quel lungo elenco di innumerevoli creazioni, che anche se non ancora lette, attestino di per sé e alla nostra sensibilità quel certo valore assoluto e in automatico il senso di inadeguatezza e di annientamento, nel non aver gestito, nel nostro rispettivo passato e in egual misura nell'attuale, il nostro tempo artistico al confronto – e quindi quello reale e umano – per eguagliarne l'intento in quella sua estensione.
La misura del quanto, come metro del giusto, del talento che sia più grande quanto più copioso di frutti il suo ramo, (senza però parlare delle vendite di questi frutti) quindi, sarà uno dei motivi di maggiore frustrazione che oltre a causare inadeguatezza porterà l'artista di turno, semmai il meno definito e più insicuro, o a mollare del tutto, o, al contrario, a macinare quantità industriali se non indiscriminate di parole, prima che la morte lo colga, sognando di preservare già ai suoi contemporanei la stessa sensazione sospesa provata nel perdersi negli elenchi delle opere altrui, dimenticando la ricercatezza di quel poco che si fa raro. Sarà questo il parametro adeguato che darebbe un senso nell'esprimere la propria voce? Il commisurarla sempre e solo a quella di un altro? Possibile che sia tutto qui? Pensando a Simenon e a Henry- Pierre Roché, i due estremi opposti per eccellenza, come potremmo affrontarla la questione? Se lo chiedessimo a Truffaut, per esempio?







venerdì 6 ottobre 2017

Momenti illuminati


Momenti illuminati: una ragazza che ascolta la radio, su di un prato, a pancia sotto, muovendo le gambe sospese. Due ragazzi che giocano con un frisbee, poco lontani. Un silenzio, appena scosso da qualche sibilo. E poi il nulla intorno. Nulla di più. Avverto illuminati momenti ordinari, comuni,  come questo: quasi al confine con l'oblio, con il fatto di poter essere anche non afferrati non solo nella loro illuminazione, ma nel loro semplice compiersi o estinguersi nel loro stesso compimento. Quando accade che siano al confine tra l'ordinario e il nulla, quel nulla che non è ancora degno di essere ordinario, solo in quel caso accade che diventino dei momenti illuminati, quindi percepibili in un altro strato di realtà. Sarebbe bastato un solo elemento, anche piccolissimo, diverso da quella situazione e tutto si sarebbe perduto. Il volume della radio della ragazza. Il tipo di musica. Il colore della sua camicia. Il movimento dei suoi polpacci sospesi. Ma anche la posizione dei ragazzi. Il loro sorriso nello slancio, il loro impegno nel gioco quanto il sibilo del frisbee, quasi impercettibile, quanto il sentirsi vivi in quel momento di luce piena e anche scomparsi a se stessi.
Tutto assolutamente fragile, quanto doloroso e illuminato.


giovedì 5 ottobre 2017

Il mio nuovo sito


Da oggi il mio sito ufficiale, con tutti i dettagli sulle mie attività e i relativi aggiornamenti, si presenta in una veste nuova e più funzionale.

Eccolo: Luigi Salerno


mercoledì 4 ottobre 2017

"Finalmente l'inverno": plot

Three characters during a dinner: a betrothed couple, Alberto and Marta, who are going to tell her father - a widower, introverted and difficult man - of their already planned intentions about moving to another house, where Marta would be able to set up with Alberto a new life, with other spaces, lights and horizons. Martha's father, from the height of his reclusion and the cloudy towers of his last empire, will make every moment of that initiative unbearable and distressing.
luigi salerno

Tre personaggi all’interno di una cena: due fidanzati, Alberto e Marta, che si accingono a illustrare al padre di lei, – uomo vedovo, introverso e difficile – le loro intenzioni riguardo un prossimo trasferimento, già pianificato dalla coppia, in un’altra casa, dove Marta avrebbe modo di impiantare insieme ad Alberto una sua nuova vita, con altri spazi, luci e orizzonti. Il padre di Marta, dall’alto della sua clausura e dalle torri annuvolate del suo ultimo impero, renderà insostenibile e angoscioso ogni attimo di quell’impresa. 
l.s.






"Finalmente l'inverno" su IMDb




Il progetto "Finalmente l'inverno" è stato appena censito da IMDb.

Qui






lunedì 2 ottobre 2017

Sarei forse...


"Sarei forse più sola
senza la mia solitudine"

Emily Dickinson




"Finalmente l'inverno": shooting del 27/09/2017


Giada Tosto, Valentina Marra e Laura Gagliardi

Fabio Gagliardi, Luigi Salerno, Giada Tosto,
Valentina Marra e Laura Gagliardi


Stefano Centola e Giuliano Tomassacci 
Stefano Centola e Giuliano Tomassacci 

Fabio Gagliardi

Giuliano Tomassacci, Fabio Gagliardi


Fabio Gagliardi




domenica 1 ottobre 2017

"Finalmente l'inverno": la locandina