martedì 28 febbraio 2017

Lo stimolo interiore



"Sentirsi o meno fieri di sé una volta arrivati al traguardo, per chi corre su lunga distanza, costituisce un criterio di valutazione.
La stessa cosa si può dire che accada nella professione di scrittore. In questo lavoro – per lo meno per quanto mi riguarda – non c'è vittoria o sconfitta. Può darsi che il numero di copie vendute, i premi letterari, le recensioni dei critici costituiscano dei criteri in base ai quali giudicare il risultato, ma non sono l'essenziale. Ciò che conta, più di ogni altra cosa, è che l'opera compiuta corrisponda ai criteri che lo scrittore stesso ha stabilito, e in questa valutazione non gli sarà facile barare. Davanti agli altri bene o male si possono trovare dei pretesti, ma ingannare se stessi è impresa ben più ardua. In questo senso scrivere un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca conferma in un giudizio esterno".

Murakami Haruki, estratto da "L'arte di correre".














lunedì 27 febbraio 2017

Ultimo racconto


In questo periodo sto lavorando a un nuovo racconto, che vorrei iscrivere al Premio Hombres, un concorso letterario itinerante che nell'edizione di quest'anno (la tredicesima, dedicata a Fontamara e a Ignazio Silone) avrà sede a Pescina. Quest'ultimo racconto, che ha come limitazione le cinque cartelle, lo sto perfezionando proprio in questi giorni. La sua ossatura è al completo. Adesso sto lavorando sui ritocchi, sulle sfumature, cercando di limare al meglio diversi passaggi che ancora non mi convincono del tutto, sperando poi di ritrovare, nella stesura finale, gli impulsi emozionali più veri del primo getto, la sua prima forma di luce. Non sono ancora convinto sul titolo. Ho delle idee, ma le sto vagliando con calma. In fondo ho ancora del tempo per decidere. La scadenza per l'invio degli elaborati è fissata per il 15 aprile, per cui...
















sabato 25 febbraio 2017

Premio Hombres Itinerante 2017





La sede della dodicesima edizione 2017 del premio Hombres sarà Pescina (Aq).
Qui il regolamento.






















venerdì 24 febbraio 2017

Dove la luna non va mai


Federigo Tozzi (1883-1920)

"Che punto sarebbe  quello dove s'è fermato l'azzurro? Lo sanno le allodole che prima vi si spaziano e poi vengono a buttarsi come pazze vicino a me? Una mi ha proprio rasentato gli occhi, come se avesse avuto piacere d'impaurirsi così, fuggendo.
Che chiarità tranquille per queste campagne, che si mettono stese per stare più comode! Che silenzii là dall'orizzonte e dentro di me! La strada per tornare a Siena è là. Vado. Le case si facciano un poco a dietro, e quel mendicante non mi cada addosso. Almeno l'altro è seduto per terra! Dio mio, tutte queste case! Più in là, più in là. Arriverò dove trovare un poco di dolcezza!
Dio mio, queste case mi si butteranno addosso! Ma un'allodola è rimasta chiusa dentro l'anima, e la sento svolazzare per escire. E la sento cantare. Verso il settentrione; dov'è di notte l'orsa, dove la luna non va mai".

Federigo Tozzi: un estratto da "Bestie".























giovedì 23 febbraio 2017

L'inganno





Sono stato ingannato. Mi è capitato con un romanzo di Murakami Haruki. Ma non ingannato in senso letterale dal romanzo e quindi dall'artificio dello scrittore, ma da me stesso, dalla mia percezione alterata alla sua prima lettura. Parlo del romanzo 1Q84, che acquistato intorno al 2015, – mi ricordo che era estate quando cominciai a leggerlo – mi lasciò molto perplesso e deluso. Anche adesso che ne scrivo e ricordo, mi rivedo nella luce di luglio, seduto all'aperto e immerso dentro pagine che mi respingevano o che in qualche modo respingevo perché non evocavano in me quello che mi sarei atteso da loro. Forse i requisiti per l'abbandono incondizionato, quella sorta di zona estatica dove il flusso narrante ti trascina verso l'infinito, senza lasciarti altra scelta. Quando il tempo della storia diventa il tuo tempo, un'altra zona inviolata del tuo tempo. Insomma, ogni paragrafo, ogni periodo nel quale la mia lettura progrediva, acuivano dentro di me un senso profondo di insoddisfazione e poi anche di rabbia, come se detestassi quel modo di raccontare, quell'estrema limpidezza, semplicità e nello stesso tempo ero anche tormentato dal fatto che, essendo il libro molto lungo – io avevo acquistato in blocco i primi due volumi della sua trilogia, – avrei dovuto soccombere a quell'insoddisfazione ancora per diversi giorni, possibile per tutto luglio e per buona parte di agosto, perdendo chissà quante altre magnifiche esperienze di lettura. Tra l'altro, è questo un aspetto importante da cui deriva il mio tormento, non è mai stata mia abitudine interrompere un romanzo o un qualsiasi libro una volta iniziato e nemmeno accavallarne un altro per compensazione. Mi è capitato molto raramente di lasciare a metà un libro, e di solito prima di cominciare una lettura non vado mai a caso, cerco di avere dei riferimenti, una sorta di minima garanzia, oltre all'ispirazione naturale che mi porta a scegliere quel dato libro anziché un altro. 
Intanto, quell'estate, riuscii a completare le prime due parti del libro, sempre con quella sofferenza e con quella stizza costanti, convinto di essere incappato in un'esperienza narrativa sbagliata, senza desiderare immergermi nella terza parte. Tutte le volte che mi capitava di parlare di quel libro, 1Q84 rimaneva una zona ombrosa, dove la mia lettura aveva combattuto, si era arenata. È passato del tempo. Di Murakami Haruki ho letto molto altro: "Kafka sulla spiaggia"; "After dark"; "L'uccello che girava le viti del mondo"e dulcis  in fundo il recente "Il mestiere dello scrittore", che non è un romanzo ma una raccolta di scritti, in forma di saggio, che fondono la biografia dell'autore con la sua visione della letteratura, della scrittura, quanto del rapporto tra la sua persona e la sua opera. Dopo aver letto in pochissimi giorni questo testo, che ho trovato interessantissimo, ma soprattutto perché ammantato da una limpidezza di stile, da una capacità di immediatezza e da una purezza non comuni, vedevo e avvertivo rianimarsi un particolare effetto suggestivo, un'aria buona e rassicurante, che nel romanzo 1Q84  mi era sfuggita, forse perché avevo chiuso per troppa prudenza le mie imposte. Come se solo allora, osservando in controluce le trame dell'arazzo, mi accorgessi dei riflessi sfumati della figura, delle intenzioni del disegno. In effetti Murakami Haruki scrivendo disegna. Le sue parole sono un susseguirsi di figure, alle quali è preferibile l'abbandono emozionale, anche quello più elementare dell'emozione di fronte al disegno, al colore, che altre congetture o problematiche di sorta su quello che mi sarei aspettato, che era andato perduto del mio tempo e della mia vita nell'attesa della fine.
Con questo stato d'animo e questa leggerezza, a notte fonda, dopo aver concluso "Il mestiere dello scrittore", ho riaperto dalla prima pagina 1Q84 e ne sono stato letteralmente travolto. Inspiegabilmente divorato. Ho percepito le parole nella profondità dei disegni o anche dei sogni rievocati. Ho preferito la percezione elementare, densa del suo mistero e ho assaporato la scansione e la divisione di quel tempo sospeso e narrante, come se aggiunto alla mia vita e non più sottratto. La rilettura di questo romanzo non è stata che una prima, nuova lettura. Rigenerata da uno sguardo più fresco, più innocente, di fronte all'idea che forse, in quell'estate del 2015, avevo della letteratura, o dell'effetto che certa letteratura avrebbe dovuto farmi in quelle particolari circostanze. 
Ecco allora l'inganno. L'inganno della mia reazione cieca, ma anche la bellezza del ricredersi. Di riaffrontare il sogno con nuovi occhi, riscoprendo profumi in luoghi passati forse con troppa fretta e intravedendo figure, colori e latitudini lì dove vedevo solo nebbia e grigiori. Una sorta di insolito risveglio, che mi ha rigenerato e mi ha insegnato ad ascoltare e non solo a reagire, di fronte alla magia e al mistero delle parole di un libro. Come di fronte alla magia e al mistero della vita.































martedì 21 febbraio 2017

Premi letterari


Competere con la scrittura non credo abbia un gran senso. Così come non credo abbia un gran senso sottrarsi a priori a circostanze dove si ha la possibilità di esplorare le dinamiche della competizione tra scrittori e tra libri o scritti inediti. La questione è complessa. Il punto fondamentale è il rapporto che si ha con il proprio mondo espressivo, prima, durante e oltre questa sorta di gara, quando ci si azzarda a prendervi parte.  Il rapporto con l'organismo fragile della creazione. 
L'atto dello scrivere trascende, a mio parere, uno stato definito e permanente, quindi la cristallizzazione di un certo valore, di una certa identità, ma è qualcosa in continua progressione e mutazione, anche quando l'opera è compiuta, ed è stato messo l'ultimo punto all'ennesima bozza e l'editor ha pronunciato la sua benedizione. Ma in fondo un libro è un processo infinito, che non è fermo e afferrabile per essere incastonato in uno standard di valori, più o meno astratti, pur nella loro evidente concretezza. Un processo emozionale e profondo dove una delle mete più ambite è quella del perdersi. Il perdere la rotta, la strada di casa, ma cercando sempre un punto dove tenersi d'occhio. Una prospettiva nella quale inquadrarsi. In queste personalissime dinamiche, – dove in fondo il procedimento e l'atto in sé della scrittura assume già una sua valenza, una sua connotazione, al di là di quello che potrebbe avvenire in conseguenza di quest'atto misterioso e a volte inutile – la misura o la forza di tutto questo, di quello che potremmo chiamare risultato, difficilmente sarà inquadrabile nella sua giusta prospettiva, nella sua totalità. Ecco perché i premi letterari, i concorsi, anche quelli molto importanti, colgono a volte solo la punta, la zona superficiale di un processo molto più ampio e articolato, dove l'opera giudicata non è vista ma appena intravista, spesso nemmeno gustata ma solo addentata nel suo bordo – questo quando non avvengono particolari condizionamenti, che non hanno nulla a che vedere con l'opera candidata in oggetto e con il suo valore.
Intanto lo spirito di partecipazione ai premi, quindi a una certa logica o mania della competizione, deve sradicarsi dall'idea di attendere da quella particolare sentenza una sorta di certificato di garanzia, che attesti che si sia fatto qualcosa di molto valido. Se il valore sarà proporzionato alla quantità di premi e di riconoscimenti ottenuti da un certo scritto, o se si partecipa ai premi per attestare il valore della propria opera, attestarlo a se stessi, come conferma che si sia fatto nel modo giusto, credo che qualcosa allora non funzioni. Non escludo che ciascuno scrittore abbia in alcuni momenti desiderato partecipare per poi primeggiare, quindi essere consacrato con la sua scrittura, con la sua opera, superiore a un altro o a tanti altri, quindi valorizzato per i meriti del suo linguaggio, ma non credo che alla fine sia quello il senso del suo viaggio. Un buon viaggio non si dimostra, ma si compie nel silenzio. Nel suo infinito non ci sono voci, sguardi e testimoni. Non credo nemmeno che alcune opere possono confrontarsi tra loro, in merito al loro valore, specie se si orientano su parametri e territori costituzionalmente dissimili. Uno standard di eccellenza, con le voci che decretano un valore a ogni sezione di uno scritto, analizzandolo come un reperto autoptico, non coglierà mai l'ineffarrabile della sua progressione e regressione costante, l'intimità della vita e del suo spasmo, con i suoi riflessi, le sue difficile risonanze, gli incantamenti contorti dei suoi strani miraggi. Non credo, allo stesso modo, che il valore non possa mai gareggiare. Ma non è nella gara che debba essere acclarato il valore autentico di un'opera letteraria, ma solo una sua idea. Credo che la validità di un certo libro non abbia numeri e non sia frutto di un processo ordinato, dove si possa allineare e confrontare scientificamente con gli elementi di un altro, decretando poi un giudizio di merito o di demerito. Non è così facile. 
Fatto sta che continueranno a esistere premi letterari e questo non sarà sempre un male. La condivisione di un certo discorso, gli stimoli e la tensione della gara non sono sempre dei fattori negativi, per niente. A volte è divertente mettersi in gioco, ma in uno spirito che non deve consacrare a quell'esperienza dei valori assoluti, ripeto, che forse non saranno mai riconoscibili dall'esterno, se non sono stati colti durante l'intero processo di gestazione e di relativa immersione in un discorso creativo.
Partecipando e confrontandomi in diverse competizioni, – lo faccio spesso con i lavori inediti, per rodarli, ma anche per divertirmi, – ho sempre notato che gli scritti che amo di più sono quelli che fanno più fatica ad emergere in una selezione. Ho avuto dei riconoscimenti, anche importanti, con lavori che non ritenevo particolarmente validi, almeno non quanto quelli che hanno avuto meno spazio e fortuna. Esiste un'impermanenza di fondo, ma l'aspetto più importante è che un percorso artistico e creativo non sarà fatto di elementi quantitativi, di un insieme di tasselli di pregio che possono incontrarsi con più frequenza in una certa opera anziché in un'altra, ma di tante traiettorie diverse, alcune che sono senza peso, come delle scie, anche invisibili, che faranno allo stesso modo la loro differenza. Esistono delle componenti invisibili all'interno di uno scritto, che non potranno mai essere sezionate su di un banco di prova, (molte volte si parla della "prova" di uno scrittore, accomunando il contenuto della sua voce a un termine intrinsecamente dimostrativo e performante), ma che incontreranno determinate sensibilità, in determinati momenti. In effetti il misurare il valore di uno scritto lo si può fare, ma senza che vi sia innescata una numerica o la tensione fobica di un primato, ma solo desiderando, come premio, la bellezza e il mistero di un incontro con un altro essere umano. Anche se questo incontro accade con un solo lettore, è già un miracolo. E non esiste premio più grande al mondo, secondo me.














domenica 19 febbraio 2017

"Ultimo frammento", di Raymond Carver






Ultimo frammento

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.


Raymond Carver






































sabato 18 febbraio 2017

È notte fonda, ormai: estratto dal romanzo "Quella strana luce delle quattro".


"È notte fonda, ormai. La luce giallognola del garage rende tutto il visibile intarsiato nell'oro vecchio; quando di colpo, verso l'alto, non appena sollevo il capo per scorgere la luna, sbocca dal buio il tuo bel profilo studentesco, che come sempre mi annienta.
Ti guardo e ti sento ancora lontanissima, anche se dentro di me, come quell'invitata solitaria a un ballo di liceo, eppure sempre così accattivante nella tua crudeltà. L'idea catastrofica di questo viaggio non è stata la tua, ma ti ci sei adattata alla perfezione, senza particolari problemi.
Qualsiasi cambiamento catastrofico ti sarebbe andato bene, purché avesse arricchito la tua vita di nuove tempeste – ormai è questa la tua natura, credo di conoscerla abbastanza bene. Sono i cambiamenti, in fondo, la tua sola ancora di pace. La tua stasi. Dentro il naufragio riconosci il filo della tua amaca e così vi sprofondi, in quella luce pomeridiana intramontabile, con dentro l'aria di aprile e la dolcezza di colori dei primi di giugno e della fine delle scuole".

Luigi Salerno
























Ritmo e dedizione


L'impegno quotidiano a un certo scritto affina nello stesso momento diversi aspetti. Il ritmo e la dedizione, nel mio caso. L'appuntamento fisso con un lavoro che mi prefiggo di seguire con scrupolo, ritrova nel fatto che io mi ci accosti tutti i giorni, quasi sempre alla stessa ora e con la stessa intensità, e sempre con un tempo minimo di applicazione definito, un apparato ritmico, una pulsazione viva. Questa pulsazione riguarda il tempo della mia vita connesso con il tempo della mia storia, che diventano un solo muscolo. Il ritorno, di solito sempre di buon mattino, all'interno di quel mondo e di quel tempo, crea una sorta di basso continuo, che dirige la mia vita attraverso le pulsazioni della mia storia e nello stesso tempo la mia storia attraverso le pulsazioni della mia vita. 
Anche quando sono lontano dalla mia storia, il ritmo attivato con quell'appuntamento fisso continua a pulsare e a essere percepibile, anche a distanza, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Anche adesso, che scrivo di questa pulsazione e di questo tempo, la pulsazione è presente e progredisce nel suo cammino.
La dedizione è un altro aspetto fondamentale, che non avverto tanto nel merito della resa tecnica e formale scaturita dalla costanza di applicazione, ma dalla risposta sentimentale di uno scritto al fatto di ripresentarmi sempre al suo cospetto, sotto le luci fioche del suo uscio: che sia domenica, che ci sia neve, che ci sia pioggia o che ci sia sole, una parte della mia vita, della mia storia e della mia persona, per un certo periodo saranno lì, nel dedicarsi a rendere nel miglior modo possibile i nodi delle mie parole all'interno di quella struttura, ad amarla, come una ragazza che si va a prendere in un paesino nebbioso tutti i santi mattini, con la bicicletta. 
Una storia, quando nasce, è qualcosa di vivo. Respira di ansia. La notte, nel buio, la sento. Muoversi, rigirarsi entro se stessa, aggirarsi nelle stanze nella mia ricerca, o nella ricerca di altro. Forse di quell'attenzione, di quel calore, che la scrittura e lo scrittore devono naturalmente emanare per preservare una creatura nel suo sviluppo misterioso, perché diventi quanto più possibile compiuta ed armonica, quanto meno nell'intento, nel sacrificio amorevole con il quale mi ci dedico e mi ci immolo, per quelle che sono le mie possibilità del momento. Questi due fattori fondamentali del ritmo vitale e della dedizione ostinata e amorevole, saranno insieme il sole e la pioggia per questa terra misteriosa che coltivo, per i suoi spazi e per i suoi tramonti, come per le sue inscrutabili profondità marine. I miei primi strumenti da tenere a bordo prima di salpare.



























venerdì 17 febbraio 2017

Immaginazione e memoria





"L'immaginazione equivale alla memoria".

James Joyce

























giovedì 16 febbraio 2017

Come una nave dentro una bottiglia




"Questa è solo la mia opinione personale, ma scrivere un romanzo è un processo lento e poco appariscente. Non vi si può trovare il minimo «glamour». Te ne stai chiuso in una stanza ad arrovellarti su ogni frase – forse è meglio così, anzi no, forse è meglio in quest'altro modo –, a porti domande seduto alla scrivania, e dopo aver passato un'intera giornata a perfezionare una riga, non c'è nessuno che sia lì ad applaudire. Nessuno che venga a darti una pacca sulla schiena dicendoti: «Bravo, bel lavoro!» Nessuno che noti il livello letterario di quella riga. Tutto quello che puoi fare è convincerti da solo di essere riuscito nel tuo intento, annuendo in silenzio. Questo significa scrivere. Un lavoro gramo che richiede tempo e fatica.
Al mondo ci sono persone che impiegano magari un anno a costruire minuziosamente, con lunghe pinze, una nave dentro una bottiglia. Io non ho una buona manualità e non sarei capace di un'operazione tanto complicata, ma scrivere un romanzo è forse qualcosa che ci assomiglia. Essenzialmente, nella mia intima natura, penso di avere molto in comune con quelle persone. Un romanziere procede nel suo lavoro giorno dopo giorno nel chiuso di una stanza. Quasi indefinitamente. Chi per natura non è adatto a questo tipo di attività, o diciamo chi non ama lambiccarsi il cervello, non può continuare a scrivere a lungo".

Murakami Haruki, da "Il mestiere dello scrittore".












mercoledì 15 febbraio 2017

Lista dei racconti del concorso letterario "Inquietamente"


Ecco tutti i 55 racconti in gara per il Concorso letterario per racconti inediti "Inquietamente".

1) Ghiaccio di Salvatore Gagliarde
2) Harem di Fabrizio Paglia
3) Era un tipo a posto, salutava sempre di Amanda Rosso
4) Il rintocco sommerso di Gioacchino Roberto Di Maio
5) Il Sottotetto di Serena Lavezzi
6) Opacità strisciante di Alessandro Chiesurin
7) Il dinosauro con un occhio solo di Annalisa Gaudino
8) Salvami di Mauro Merlino
9) La promessa di Franca Marsala
10) Il diario del precario di Francesco Grauso
11) Lilla di Guido Mura
12) L'amorevole compagna di Chiara Blasutta
13) TTM - Toxic Terror Movement di Emiliano Sanesi
14) Roma di Maria Mezzatesta
15) L'aura nel buio di Sara Rosa Napolitano
16) Autobus numero 87 di Marilena De Cicco
17) La paura fa 90 di Francesca Gabriel
18) Il bambino di Rio di Marco Ernst
19) Tre giare di Umberto Pasqui
20) Il contratto di Gabriella Pheola
21) La paura è fatta di niente di Laura Gambino
22) Claus di Vincenzo Malara
23) Dopo l'ultimo accordo di Luigi Salerno
24) Da Ribiez di Alexandra Fischer
25) Nuovo Ego di Francesco Giordano
26) Ombre di paura di Laura Barutta
27) Gekido di Ariela Rizzi
28) Crystal di Diana J. Stewheart
29) Eclissi di Riccardo Carli Ballola
30) Alla Luce di Milena Vallero
31) Terapia d'urto di Paolo Cabutto
32) Il peggior Babbo Natale di sempre di Andrea Garagiola
33) Il canto del gallo di Roberto Masini
34) Lo specchio rotto di Fosco Baiardi
35) Occhio di Daniele Coti Zelati
36) Rossetto sulla guancia di Mattia Bagnato
37) Apnea di Liviana Ceccarelli
38) Il segreto della Signora Rebecca di Armando Carbonaro
39) Gli zombie di una nonna di Annamaria Trevale
40) La miniera abitata di Attilio Gardini
41) Pagine di polvere di Luigi Nalli
42) Un alone di vendetta di Nicola Cirimele
43) Cos'è la paura di Vittoria Della Francesca
44) Fuoco, terra, aria e sale di Martina Del Negro
45) L'uomo del treno di Mary Blindflowers
46) La mia amica Paura di Arianna Pioli
47) Xenophobia di Mattia Loroni
48) Niente è come sembra di Chiara Pellicoro De Candia
49) L'Ombra di Matteo Parlagreco
50) L'eterocromia della fenice di Cornelia Longo
51) Mike il topo di Giuseppe Cinieri
52) La scelta più difficile di Sonia Barsanti
53) L'altro sé di Valerio Rocco
54) Misantropica di Davide Quaroni
55) Al risveglio da sogni inquieti di Gianfranco Martana