sabato 30 aprile 2011

Un Interludio di Jerzy Kosinski

Ho riletto più volte, non ricordo quante, questo magnifico e affilato inserto, che Erica Jong ha inserito in apertura del settimo capitolo del suo Fear of Flying. Ogni capitolo del suo romanzo ha un breve inserto. Questo, da ieri pomeriggio, l'ho letto e l'ho riletto, e poi l'ho ripreso ancora, cercando di svelarvi un arcano, per accorgermi di cogliervi dentro sempre qualcosa di diverso. Sulla memoria, sulla forma del ricordo, o l'individualità di un certo artificio o struttura, un apparato complesso e molto intimo con cui ingegneremmo le nostre esperienze per riuscere a comunicarle; più o meno un qualcosa del genere o ancora molto, molto di più. Non del tutto chiarissima ma illuminante, come questione. 
L'accattivante epigrafe utilizzata dalla Jong per il suo settimo capitolo La tosse nervosa,  è di Jerzy Kosinski,  autore del terribile e magistrale L'uccello dipinto.
Ecco di seguito il reperto in questione, che mi ha avvinghiato ancora di più alla scrittura di Kosinski e anche a quella della Jong:

Tutto quello che ricordiamo non ha più la durezza e la chiarezza dei fatti. Per farci coraggio creiamo delle finzioni, inventiamo scenari individuali e molto ingegnosi che danno forma e chiarezza alle nostre esperienze. L'avvenimento che ricordiamo diventa una finzione, una struttura costruita per conciliare certi sentimenti. Tutto questo mi è molto chiaro. Se non fosse per queste strutture l'arte sarebbe una cosa troppo personale e l'artista stesso non riuscirebbe a crearla: il pubblico non potrebbe mai capirla. Perfino il cinema, la più letteraria di tutte le arti, viene realizzato da molte persone.

Jerzy Kosinski

venerdì 29 aprile 2011

Notturno

Pensando, a quest'ora: che ciascuna cosa scritta  venga costruita per essere espressa e quindi condivisa, per rimanere, se resiste, sempre in un fuso fioco di risonanza, quando sarà finita.  Ogni moto o processo pensante si dissolverà così in una certa cortina. È lì che si misura l'effetto e quindi l'eventualità di un suo valore. Credo che il senso di ogni spasmo, di ogni processo di arte, risieda nell'effetto duraturo della sua dissolvenza o resistenza nello sciogliersi quando ormai è già passato. Nella sua natura nebbiosa, nella possibilità di riapparire con la stessa eleganza, e senza un preavviso.
L'idea di un treno. Un treno silenzioso della sera, con i finestrini accesi e luccicanti di giallo, senza visi vivi ma con la profonda nostalgia di salirvi sopra, quando passa, o di fermarlo con un solo gesto spezzato, per farsi salutare da un braccio o soltanto dal suo fischio azzurrino che si ferma in gola. Da quanto rimanga invischiato tutto questo nella memoria di chi guarda e non sale perché lo crede un merci spento. Da quanto spazio prenda e conquisti rispetto ad altro, e se si lasci desiderare come un fatto avvenuto e vissuto in prima persona, e non soltanto letto, si potrà forse misurare quello che si è letto o che si è scritto.
Il resto non avrebbe poi un gran senso. O forse, per molti sì...Ma fa lo stesso;

giovedì 28 aprile 2011

Aprendo Wilcock a caso

Certa poesia va letta per caso. Mai cercata troppo. A volte un solo verso è una fonte oracolare o propiziatoria di slanci e di nuove luci e atmosfere cangianti, fondali marini o vulcanici, ma quasi mai di pensieri artefatti di parole. Credo che molta buona letteratura tratti di molto altro che di sole parole. Comunque, non conoscevo a fondo la poesia di J. Rodolfo Wilcock, così come non credo e non mi auguro di conoscere mai troppo a fondo nessuna opera nella quale mi imbatto. Stamattina presto il cielo era molto grigio, e così aprivo una pagina a caso di una sua pregevole raccolta. Ecco la pagina incontrata:

Ma io mi sciolgo davanti a uno snack-bar...

Ma io mi sciolgo davanti a uno snack bar
e solo so che ci sei dentro tu,
e ho fatto verniciare d'oro il telefono
perché una volta mi hai chiamato tu.
Perciò ho deciso di regalarti gli Oceani,
fuori si intende dalle acque territoriali,
l'Atlantico, il Pacifico, l'Indiano,
e insieme a queste ingenti masse d'acqua
salata l'Artico e i Mari del Sud
con tutte le isole nuove disabitate,
che da lontano sembrano così verdi
per quanto, immagino, saranno piene di vipere.
 J. Rodolfo Wilcock (1919-1978)

Ancora qualche appunto. Riscrivendo nel post di oggi la poesia di Wilcock, ho assaporato e scoperto molte più angolazioni, che alla prima lettura del mattino mi erano sfuggite. Credo che certi scritti presuppongano una calma assoluta di rivisitazione, per ottimizzarne un' introspezione passiva e quasi inconsapevole. Non credo nell'ostinazione dell'analisi, ma nell'abbandono a una lettura confidente e ispirata, che avvicini il lettore e il suo poeta allo stesso inguine caldo di gestazione o momento sfocato del miracolo. Lo stesso miracolo che avviene quando il verso nasce dal vuoto, dovrebbe poi riaccendersi quando è captato. 
Quindi riscrivendo una cosa letta, mi accorgo della vibrazione di chi l'ha scritta. Vengono fuori nuovi nodi, altri invece si sciolgono. Meraviglioso l'enjambement del quintultimo verso masse d'acqua/ salata, e il finale soffocato da un'ubriacatura pericolosa di verde e di  veleno, a compensare la profondità celeste delle precedenti fosse oceaniche.

mercoledì 27 aprile 2011

Un estratto da Images, di Altman

lunedì 25 aprile 2011

Pensieri d'Aprile

Ho la sensazione di saperne e di capirne sempre di meno delle cose che amo. Tutto quello che amo, che amo e che sento sempre di più nella mia vita, è tutto quello che mi sfugge e che non mi spiego, in una progressione costante, diabolica, impeccabile. Arriverà il giorno in cui scriverò soltanto di cose che ho amato e che ho sentito così tanto da svanirmi dentro, perché non le vedo già più.  E solo in quello stadio saranno descrivibili e quindi scrivibili, perché saranno il luogo inesatto e sospeso in cui perdermi...

sabato 23 aprile 2011

L'opera e il dolore del non artefice pensante

È molto diffuso il vezzo o il vizio di non gustarsi mai del tutto la bellezza o il valore di una certa opera, perché rosi dal tormento di non esserne stati i diretti artefici. Con questo impulso, molto naturale e diffuso, all'ammirazione per quella data opera, si accompagnano spesso sentimenti complessi e contorti, che sfociano nell'odio per la stessa creatura ammirata ma soprattutto per il suo creatore. A volte, per le stesse ragioni, si può arrivare a demistificare o a distruggere i contenuti della stessa opera, cercando in ogni modo di ridimensionarne i pregi e la rarità, e metterne in primo piano i limiti, eventuali o possibili di chi l'avrà soffiata dal nulla e poi strutturata fino alla sua possibile e tragica perfezione. Se non fosse stata così bella, di quei limiti non se ne sarebbe parlato. Questo avviene anche in persone non dedite direttamente a quell'arte, ma comunque desiderose di prendere parte alla magnificenza di un certo processo. L'artista stesso di quell'opera così controversa, se attraversata da tante pulsioni parallele, potrebbe avere vissuto nel suo passato una stessa dolorosa sequenza di spasmi, verso opere di altri, avvertite impeccabili e molto dolorose perché non possedute e generate dalla sua stessa maestria. Questo allora potrebbe far pensare che uno dei fattori che meglio si addensano nella creatività, sia il dolore di constatare un proprio limite, una propria impossibilità nell'esprimersi come si vorrebbe quando si incontra un momento di arte profonda che parte da un altro che non sia tu. Nel constatare la difficoltà che si incontra quando si vuol creare negli altri o anche in un solo altro, quel certo innamoramento, con una propria opera, simile o superiore a quello stesso innamoramento che si è provato dentro se stessi amando e odiando l'opera di un altro.
L'argomento è ampio e complesso, ma profondamente artistico e dolorosamente umano.

giovedì 21 aprile 2011

L'arte complessa del racconto

Le colline che attraversano la valle dell'Ebro erano estese e bianche.

Così comincia il grande racconto di Ernest Hemingway Colline come elefanti bianchi. Dal nulla si intravede e si avverte la sua voce asciutta, il fumo della sua pipa. Basta questa immagine per capire che cosa si incontrerà. A volte basta anche un solo titolo. Un solo nome. Un punto. Un silenzio. L'arte del racconto è fatta di particolari impercettibili,  e non classificabili in alcun decalogo preciso e assoluto. È l'arte del dettaglio, del suono, del ritmo, dei colori, della luce e di tanto altro.
La buona scrittura è in gran parte un gran segreto. È in questo segreto risiedono l'arte e la personalità di chi scrive. Ma soprattutto l'arte del momento di rifrazione e di espansione pulita del primo lampo nel buio fitto: senza momento e senza lampo nel buio fitto non c'è e non ci sarà uno sviluppo. E tutti questi fattori devono coesistere e svilupparsi fin dal primo istante. Devono essere distribuiti, mischiati, confusi, ma pulsare dalla prima all'ultima parola, come miocardio di un'idea di vita e di scrittura personale, e non di sola scuola. L'arte del racconto è complessa e misteriosa. Io la amo per questo e mi auguro che non diventi mai troppo chiara, e che nessuno tenti di rendermela meno misteriosa e complessa di quanto io stesso la viva e la avverta, o ancora, di rendermi meno misterioso e complesso nel vivermela e nell'espanderla – anche se qualcuno ci ha provato, ma senza risultati.
L'arte del racconto è solo una collina di elefanti bianchi.

"Prendiamo una birra".
"Dos cervezas", ordinò l'uomo attraverso la tenda.

mercoledì 20 aprile 2011

Intervista a Pierugo Orlando

martedì 19 aprile 2011

Considerazioni aperitive

Mi accorgo semre di più di quante porte possano frapporsi tra un'idea, un concetto, e la sua ultima destinazione. Quante interferenze, sfumature o piccoli rilievi, potranno costellare e ammassarsi sull'idea principe o principale di uno scritto abbozzato o in itinere, o quante luci si spegneranno, nell'altro caso, quando un lettore comincerà la sua lettura a lavoro finito.
Mi accorgo che sia giusto così. Che sia possibile che vi siano scrittori attentissimi ed industriosi nell'accattivare il lettore, o quanto meno nel ridurre al minimo queste varianti e queste possibili interferenze lungo il tratto medium del contatto. Altri, invece, noncuranti di tutto questo; che non ci pensano, che a volte sono ostinatamente lontani da uno spirito accattivante e strategico di trafittura nello scrivere. Eppure i risultati potrebbero essere inattesi. Lo scrittore che non si accorge della possibilità di non arrivare, o di arrivare deformato al suo lettore, potrebbe avvicinarsi molto di più rispetto al cacciatore di attenzione. Perché forse non ha nessun punto esatto e fisso al quale accostarsi o dal quale allontanarsi, e sarà forse proprio per questo che potrebbe uniformarsi a tutte le possibili interferenze. Perché il suo pensiero di scrittura non sarà che un' interferenza possibile tra le altre. E non sempre per uno scrittore il lettore sarà l'unico sfondo assoluto, l'unico planetario; così come per il lettore non esisterà solo lo scrittore, anzi: a volte lo scrittore è l'ultima cosa. Conta il libro, quello che succede dentro e fuori dal libro. Chi lo ha scritto, in qualsiasi modo lo abbia fatto, non è e non sarà mai il suo centro, ma un suo medium.  O ancora tanto altro, ma sempre al di fuori di un rigido e appannato dualismo, rispetto al quale, durante una seduta di scrittura o anche di revisione, ci si debba truccare e imbellettare come prima di un gran ballo. Se scrivere è questo, preferisco non dire più una parola. Diventare muto o monco.
Potrebbe essere così o anche il contrario. Credo che sia molto importante accorgersi del presente che ancora non accade, durante la scrittura, anziché dell'ipotetico futuro prossimo, già fottuto o remoto, che potrebbe accadere a un certo testo o forse mai. Vaneggiando, prima di un aperitivo delle dodici...
Salute a tutti, e un buon martedì.

lunedì 18 aprile 2011

Donna al buio: la mia letteratura


Le mie esperienze letterarie, così come quelle cinematografiche, sono costellate dal caso, o forse da una predisposizione a predispormi al caso sollecitato dalle mie frequentazioni abituali. La mia passione per Bertolucci poeta e padre mi ha portato ad approfondire il cinema poetico del figlio Bernardo e ad approdare al miracolo di Max Ophüls, "Il piacere" e a rimanerne incantato e poi avvinghiato, come tra le cose più belle mai viste. Così come la mia frenetica passione per Javier Marías, mi ha portato ad approfondire Vargas Llosa, molto prima che diventasse un Nobel esposto e non più tenuto nell'ombra nelle librerie, dove già andavo a cercarlo in tempi meno sospetti; e così mi ha indirizzato, poco più avanti, allo scrittore Dashiell Hammet. Con questa ciocca di righi, e non con altro:

"Questo Dash, sì, è Dashiell Hammet, il più grande scrittore di gialli che sia esistito e uno dei migliori scrittori in assoluto che ci ha dato l'America. Allora aveva già scritto Piombo e sangue, Il falcone maltese, L'uomo ombra e La chiave di vetro e non molto altro, non è stato uno scrittore prolifico".
Insomma la letteratura mi ha insegnato a sviluppare parallelamente fiducia e intuizione. A svilupparle insieme, come le due ali di uno stesso lungo uccello di cristallo bianco. L'articolo di Marías era intitolato La lettera dell'uomo ombra.  Questa mattina, da quella stessa lontana lettura, due nuovi titoli alla mia ispirata e scriteriata collezione:
Donna al buio e La maledizione dei Dain.
Ecco perché avverto il mio approccio alla letteratura, a ogni sua forma, con la bellissima immagine del titolo di uno dei due testi appena acquistati: Donna al buio.

domenica 17 aprile 2011

Da Ricordo, di Hölderlin


Un regalo di compleanno. Un piccolo buono in danaro dell'anno scorso, dedicato alle liriche di Hölderlin, e alla bellissima edizione de gli Adelphi, completa e commentata da Enzo Mandruzzato. Il linguaggio ancora mi spiazza anche se costantemente irradiato dal suo diamante seduttore: col testo originale a fronte ho cercato di intravedere il tipo di suono. Adesso scorgo, saltando la parte centrale, Andenken, che sarebbe Ricordo, che mi sembra davvero esemplificativo, come estratto, per il tipo di respiro stilistico e di canto da condividere:

È il vento di nord est.
Il più amato dei venti
per me, perché ai marinai promette
la rotta giusta e l'anima ardente.
Va' e saluta
la bella Garonna
e i giardini di Bordeaux
là dove il sentiero
s'accosta alla riva aspra
e il ruscello cade profondo
nel grande fiume
ma sopra
è in vedetta la nobile coppia
delle querce e i pioppi d'argento –

io mi ricordo.[...]

Friedrich Hölderlin (1770-1843)

sabato 16 aprile 2011

Eco e l'inviar manoscritti

Questo sabato mattina, ripropongo un interessante articolo di Umberto Eco, tratto da Golem, che tocca dei punti molto importanti e credo anche molto preziosi per qualsiasi scrittore.
Eccolo: Non è bene inviar manoscritti.

venerdì 15 aprile 2011

Da "La notte palombara"

Così scrive, Patrizia Cavalli. Dall'altezza del suo bianco Einaudi, letto, riletto, straletto, attraversato e ripercorso. Senza tregua, in tempi e in momenti diversi. E più lo leggo, più colgo nella sua scrittura quel segreto che non dice, di una lingua pulita e limpida, silenziosa, ma viva e frusciante come il cotone. Tutta la poesia di Cavalli sembra scritta di prima sera, da una bicicletta che rallenta e che pensa:

La scena è mia, questo teatro è mio,
io sono la platea, sono il foyer,
ho questo ben di dio, è tutto mio,
così lo voglio, vuoto,
e vuoto sia. Pieno del mio ritardo.


Patrizia Cavalli. La notte palombara, da Sempre aperto teatro 1999 Einaudi

giovedì 14 aprile 2011

Il tormento del prendersi sul serio in Mann

Giusto ieri sera comincio la traversata del lavoro-galera di Thomas Mann: Considerazioni di un impolitico. Una lunga profonda sorsata che parte da una formula privata ed epistolare, fino a raggiungere territori lontani e suggestivi di pensiero, che incarneranno, a detta dello stesso autore, i fondamenti spirituali della sua essenza di artista, della sua conoscenza e la sua coscienza condivise e trasfuse al pubblico. 
Tra le prime condivisibili e intriganti stoccate del testo, è molto singolare questa che trascrivo più avanti, e che riguarda l'approccio di serietà e di tormento, sul prendersi troppo sul serio, elaborato mirabilmente da Mann in questo modo così lucido e originale, che mi ha profondamente colpito:
"Ogni tormento provato per qualcosa è un tormento di se stesso; e si tormenta solo chi prende sul serio se stesso. Mi si perdoneranno la pedanteria e il carattere infantile di queste pagine una volta che mi si perdoni di prendere sul serio me stesso: è un fatto che salta agli occhi ogni volta che parlo io di me, una tendenza che ovviamente può essere sentita e derisa come la causa prima di ogni pedanteria. "Cielo, quanto si prende sul serio costui!": è un'esclamazione che effettivamente il mio libro dà modo di fare a ogni piè sospinto. A questo non ho da opporre se non che non ho mai saputo né saprei vivere senza prendermi sul serio, se non la certezza che tutto quello che a me sembra nobile e buono, spirito, arte, morale, deriva da questo considerare se stesso importante; e la chiara consapevolezza che tutto quello che io produssi e operai, il valore cioè e il fascino di ogni sua pur minima parte, di ogni riga, ogni modulazione di tutta l'opera della mia vita fino ad oggi – poco o molto che possa valere – è da ricondursi esclusivamente al fatto che io mi sono preso sul serio".
Thomas Mann. Considerazioni di un impolitico. 1967 De Donato

mercoledì 13 aprile 2011

Worldreader...

martedì 12 aprile 2011

Profondo Rosso e Sanguineti:

Singolarissimo inserto, tra le pellicole che Edoardo Sanguineti ha sbucciato nella suggestiva sequenza di FIL/M/ATO, a mo' di Argumenta dei singoli film. Tra i vari titoli su cui gioca, appare, tra La Seconda volta e Tiro al piccione, il giallo violento e tinta rossetto, di Dario Argento: Profondo rosso, visto personalmente da ragazzo e molto spaventato quanto attratto, (così come dai seni di una ragazzotta moderna, col cappello da cow boy,  intravisti e stravisti in treno e di frodo, qualche giorno prima: una che aveva un grande nudo sotto la camicia sbottonata e che mi era accanto ma in piedi, quando io ero seduto sul seggiolino estraibile, prima che lei scendesse alla fermata soleggiata di Minturno), film proiettato in un'arena all' aperto di Gaeta, l'Arena Roma, dagli odori dolcissimi di mare notturno allo spettacolo delle dieci, arena ormai estinta da tempo. Ero assieme a  un gruppo di ragazzi  e ragazze, tutti molto più grandi di me, tra cui una grassona e truccatissima, che mi chiedeva l'età, dal momento che lo vietavano ai 18 e io ero ancora molto lontano – ma eravamo alla metà degli anni ottanta –
 e quando si era già in macchina
e già pronti per andare
non era così certa
che mi avrebbero fatto entrare.
Dunque, Sanguineti di quella pellicola canterà così, rievocando tutto il visto e il non visto:
Profondo rosso:
si cestinano foto: c'è un pianista, del resto: si torturano
lucertole: e la sadica è una bambina: e si uccidono medium:


Poesie Fuggitive (1996-2001) Da Il gatto lupesco.

È tutto:

lunedì 11 aprile 2011

Leggere


Leggere (Ebook Lab Italia 2011) from Simplicissimus Book Farm on Vimeo.

domenica 10 aprile 2011

Lettura e scrittura. Il centro creativo

"Se volete fare gli scrittori, ci sono due esercizi fondamentali: leggere molto e scrivere molto. Non conosco stratagemmi per aggirare questa realtà, non conosco scorciatoie. [...] La lettura è il centro creativo della vita di uno scrittore".
Stephen King. On Writing

sabato 9 aprile 2011

Montagne e lupi: Autori per il Giappone


Autori per il Giappone, è un'inziativa che sensibilizza scrittori e illustratori, e che è mirata al sostegno di tutte le attività benefiche dedicate alle vittime della catastrofe: bambini e famiglie.
Montagne e lupi è il mio piccolo contributo al progetto.

venerdì 8 aprile 2011

Tempo di scrivere e Scuola Holden


"L'uomo senza qualità" di Robert Musil inizia con una lunga e gustosa descrizione del tempo meteorologico.
Billy Pilgrim, il protagonista di"Mattatoio n.5" del grande Kurt Vonnegut, nel tempo ci faceva avanti e indietro, saltando dai bombardamenti di Dresda del '45, all'America degli anni '60.
Ma il tempo, per uno scrittore, è anche quello dei verbi: il passato, il presente, il futuro.
È una pasta della pizza che lo scrittore può allungare o comprimere a suo piacimento: una vita in poche righe, un minuto in dieci pagine.
Partendo dall'incipit: "E queste erano le previsioni per domani", scrivete un racconto dove il tempo sia protagonista (massimo 5.400 battute) e mandatelo entro il 30 aprile a raccontiditerre@gmail.com. Il racconto migliore verrà selezionato dai docenti di Scuola Holden e pubblicato su Terre di mezzo-street magazine, nella sezione Scrittori nel cassetto.
Terre di Mezzo

giovedì 7 aprile 2011

Bertolucci e Max Ophuls

mercoledì 6 aprile 2011

Esercizio di lettura

Mi sono trovato a casa di mia sorella, questo pomeriggio, quando mio nipote mi chiedeva un aiuto per ripetere la sua lettura. Frequenta la prima elementare. Ho ascoltato la sua lettura scandita di una quindicina scarsa di righi. I suoi rallentamenti, le riprese, le sospensioni, le esitazioni e gli accelerando, quando il percorso si faceva piano, e ho cercato di entrare nelle sue parole con quella stessa profondità di sforzo che doveva imprimere nel suo esercizio per ottenere un certo risultato. L'ho fatto con lo stesso spavento e incanto della sua espressione. 
Ho pensato alla meraviglia del leggere. La stessa grande gioia di cui ha parlato Vargas Llosa, nell'apertura del suo discorso per il Nobel. La stessa analisi raffinatissima di Alexandru Cistelecan, quando in un suo convegno in Italia ha detto che non esistono esperti di poesia. Perché davanti alla poesia si ritorna tutti alla prima classe elementare. 
Niente di più vero.
Continuavo ad ascoltare i suoni di ogni parola, che pronunciava mio nipote. Osservavo i particolari e li agganciavo alle mie sensazioni, alle mie informazioni e ai miei ricordi lontani e più vicini di quel momento.

lunedì 4 aprile 2011

Lascerei in questo libro

Esiste una poesia di Federico García Lorca, che  che credo riassuma nel suo attacco il senso più autentico e profondo dell'approccio alla scrittura, da qualsiasi punto la si osservi e la si viva. 
Credo che costituisca la base primaria. La terra dello scrittore e anche il suo tratto migliore di cielo. Penso che questo attacco così semplice quanto ispirato, incarni l'unico possibile metro e faro sul quale misurare a fine giornata la qualità del sudore, il bruciore degli occhi o le fitte alla schiena di chi scrive. Il movente primario del suo delitto. Qualcosa che pare andare controvento rispetto alle questioni troppo tecniche, al desiderio ostinato di maturare il proprio linguaggio solo per prendere qualcosa. In questo caso ogni processo di maturazione e di affinamento, è legato come ultimo fine a un atto di donazione estenuante, senza altri limiti e fini che non abbiano a che vedere con questo svuotamento o dissanguamento naturale e totale.
Ecco allora il primo attacco, dalla poesia  Su un libro di versi, riproposto in italiano e subito dopo nell'originale.
Credo che non ci sia altro da aggiungere, né da complicare o da rendere troppo problematico. Mi dispiace per gli amanti della perfezione e dell'agonismo di scrittura.

Lascerei in questo libro
l'intera mia anima.

Dejaría en el libro
este toda mia alma.

Federico García Lorca

sabato 2 aprile 2011

La stortura della ragione di Gian Piero Stefanoni. Clepsydra Edizioni

venerdì 1 aprile 2011

Per chi non conoscesse Andrew Sean Greer


Un amico di solito non si consiglia e non si impone. Un amico si presenta. A volte la presentazione può avvenire per un caso; perché i due amici si incontrano e la persona che accompagna uno dei due viene naturalmente presentata e forse condivisa. In altri casi per una precisa volontà, spesso accompagnata da necessità, nel caso di un favore, di un particolare interessamento, o anche per la gioia di condividere un'esperienza umana ripetibile e amplificabile verso altri luoghi, senza altri moventi.
La vedo allo stesso modo riguardo questo scrittore. Che reputo grandissimo ma soprattutto amico. Mi sento di presentarlo per quest'ultima ragione, perché già dopo aver letto le prime pagine di un suo libro, lo sento un grandissimo amico. Lo presento per l'ultimo motivo di quelli accennati sopra. Per la gioia di condividere un'esperienza umana ripetibile e amplificabile, all'infinito, verso altri luoghi possibili e imprevedibili. Un'esperienza letteraria è e sarà pur sempre un'esperienza umana. Non ho altro da aggiungere. La scrittura è un processo naturale di amicizia e di riscoperta della vita e delle cose più semplici o più profonde della propria vita, attraverso la nuova possibilità di un altro occhiale, che vede con te e mai per te. Come un grande amico.
Prima di concludere, voglio lasciare un piccolo estratto dal romanzo di Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio:
"E a modo mio io pensavo di essere felice. Allora vedevo il matrimonio come la doccia di un albergo: l'acqua scende alla temperatura giusta, ma poi dall'altra parte del muro qualcuno apre il rubinetto e ti trafigge l'acqua gelata, allora la regoli e senti uno strillo di dolore, e così via, finché non si raggiunge un tiepido compromesso".
Da La storia di un matrimonio di Andrew Sean Greer (Adelphi 2008)