Giusto ieri sera comincio la traversata del lavoro-galera di Thomas Mann: Considerazioni di un impolitico. Una lunga profonda sorsata che parte da una formula privata ed epistolare, fino a raggiungere territori lontani e suggestivi di pensiero, che incarneranno, a detta dello stesso autore, i fondamenti spirituali della sua essenza di artista, della sua conoscenza e la sua coscienza condivise e trasfuse al pubblico.
Tra le prime condivisibili e intriganti stoccate del testo, è molto singolare questa che trascrivo più avanti, e che riguarda l'approccio di serietà e di tormento, sul prendersi troppo sul serio, elaborato mirabilmente da Mann in questo modo così lucido e originale, che mi ha profondamente colpito:
"Ogni tormento provato per qualcosa è un tormento di se stesso; e si tormenta solo chi prende sul serio se stesso. Mi si perdoneranno la pedanteria e il carattere infantile di queste pagine una volta che mi si perdoni di prendere sul serio me stesso: è un fatto che salta agli occhi ogni volta che parlo io di me, una tendenza che ovviamente può essere sentita e derisa come la causa prima di ogni pedanteria. "Cielo, quanto si prende sul serio costui!": è un'esclamazione che effettivamente il mio libro dà modo di fare a ogni piè sospinto. A questo non ho da opporre se non che non ho mai saputo né saprei vivere senza prendermi sul serio, se non la certezza che tutto quello che a me sembra nobile e buono, spirito, arte, morale, deriva da questo considerare se stesso importante; e la chiara consapevolezza che tutto quello che io produssi e operai, il valore cioè e il fascino di ogni sua pur minima parte, di ogni riga, ogni modulazione di tutta l'opera della mia vita fino ad oggi – poco o molto che possa valere – è da ricondursi esclusivamente al fatto che io mi sono preso sul serio".
Thomas Mann. Considerazioni di un impolitico. 1967 De Donato
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