sabato 31 dicembre 2016

Qualcosa di cui non si è mai veramente capaci


Peter Bichsel


DOMANDA Ma come è diventato scrittore? Come ha scoperto questo suo interesse?

BICHSEL  Ho avuto la sfortuna di essere un cattivo calciatore.
E qualcosa bisogna pur fare nella vita: io scrivevo già poesie, e in tal modo ho familiarizzato con lo scrivere: poi ho continuato. Ebbi la fortuna che il mio primo libro fu un successo: e in questo modo si diventa scrittori. A dieci anni avrei dato moltissimo per essere un buon calciatore, o per eccellere nel salto in alto. Io credo, in generale, che la vita non sia determinata da quello che si sa fare: la nostra biografia non viene decisa dalle nostre capacità, ma dalle nostre incapacità. In realtà ci decidiamo per un mestiere perché non sappiamo fare altre cose.

DOMANDA Si tratta di un confronto con la vita, con noi stessi.

BICHSEL  Certo, è il bello del mestiere di scrivere è proprio che è una cosa di cui non si è capaci. Il calciatore sa giocare a calcio, il saltatore sa saltare in alto, mentre di scrivere non si è mai veramente capaci. Questa è la cosa piacevole: un mestiere in cui non si diventa mai professionisti, in cui si rimane sempre dei dilettanti.

Estratto dall'intervista allo scrittore Peter Bichsel, realizzata per la Televisione della Svizzera Italiana.





















giovedì 29 dicembre 2016

Conversazione con Bernardo Bertolucci
























martedì 27 dicembre 2016

Zeruya Shalev e lo splendore tentacolare di "Dolore"


Zeruya Shalev

Questo libro di Zeruya Shalev, "Dolore", l'ho trovato abbagliante e assolutamente perfetto nel suo disordine. Più che parlarne, sarebbe stato più corretto da parte mia lanciare un semplice grido, semmai scrivere solo di questo grido lacerante e scomposto, come unico segno di quanto questo lavoro mi abbia trafitto e di quanto mi abbia gridato nel silenzio. Credo che si tratti di un capovaloro assoluto, che tocca, maltratta, carezza, abbaglia e stordisce, rimanendo sempre inquadrato in una struttura fervida e coerente con la sua poetica e le trame molteplici di questa sua insondabile profondità. 
Leggere libri del genere, dovrebbe far pensare a quanto andrebbe pesata e interiorizzata ogni parola, prima di metterla in gioco e di condividerla. Lo splendore tentacolare e poco rincuorante di questo romanzo è uno squarcio abissale sui sentimenti e sui misteri dell'anima dell'essere umano, dove si evince, nel contempo, che il gioco delle parole sia una delle sfide più emozionanti quanto pericolose per uno scrittore. Forse la forma espressiva più potente e immediata, quando raggiunge questi livelli. Non riesco a trovare altre parole e nessuna altra misura, al momento, per impastare nello spazio di un post una colata lavica di questa portata.
Ecco, forse, il mio grido.












































domenica 25 dicembre 2016

"Numeri sbagliati", di Agota Kristof
























sabato 24 dicembre 2016

L'aria della vigilia


L'ansia della vigilia infrange alcuni tormenti, come accade con l'astuzia di fronte a certi ostacoli. Il flusso mutante traspare di un incanto che permane,  lume di primo mattino che imbeve i colori dell'aria di un accordo affettuoso, canzone alla radio nei pressi di una pescheria. Gli occhi divorano il passo svelto che non pasce più nelle sue ombre. Le destinazioni adesso hanno solo lo spasmo di un ritardo che non avrà mai sentenza. Camminare in questa vaghezza confusa è come dipingere di sassi la musica. Le risate stanche delle donne lavano le ultime colpe, con una secchiata di sapone azzurro sulle scale.























"Notte di Natale", di Alfonso Gatto


Notte di Natale

Sempre più disperata dentro l'anima,
sempre più sola questa lunga notte,
di memoria in memoria a dirti amore.
Fu per le strade della dolce estate
che non ritorna, ora è città l'inverno,
e straniero a nascondermi nel buio
della mia stanza, gli occhi grandi in volto,
vedo la pioggia che vacilla ai lumi
del vento, l'oro delle porte accese.
Per lo stupore d'essere, la mano
si distingue sul vetro nella mite
chiarezza effusa, ed è destarti all'alba
delle parole chiedere se esisti,
se vivere di te forse è morire.

Le verande del mare rifiorite
d'un soffio nella cenere, la calma
dell'ascoltare le parole buone,
comuni, che non sembrano mai dette
e sono qui tra noi, in questa notte
dove ogni voce che mi parla è tua.

Di memoria in memoria a dirti amore,
di silenzio in silenzio a dire pioggia
la tristezza del mondo, la paura.

Alfonso Gatto












venerdì 23 dicembre 2016

Ultimi minuti di un giorno


Negli ultimi minuti di un giorno, avverto sempre una sensazione vaga di smarrimento, ma nello stesso tempo di potere sul tempo; come se la scansione degli ultimi attimi, nell'intercapedine oscura fra due giorni, mi liberasse dal vincolo della consuetudine,  concedendomi una sorta di spazialità, una zona franca dove respirare un'aria di confine meno viziata, poco misurabile e quindi potenzialmente protetta dalla costante caducità dei restanti momenti, quelli più interni e intestini al giorno pieno che mi dura. Gli ultimi minuti di una lezione, quando ormai sai che non sarai più interrogato e anche lo sguardo del professore è stanco quanto quello della classe. Ed è solo in quella stanchezza comune che un po' ci si rincuora di eterno, a qualche istante dall'arrivo della campanella, quando le ragazze hanno già sciolto i capelli e sbottonato i grembiuli.












"La compagna di classe": Two Official Selection Laurels 2016











"Discorso a brema", di Thomas Bernhard


















giovedì 22 dicembre 2016

Spazialità e forzature


Una delle sensazioni più liberatorie e rivitalizzanti, è quella che provo quando decido di smettere di forzare qualcosa, di attorcigliarmi entro me stesso perché qualcosa trovi a tutti i costi una direzione che le viene in qualche modo imposta da un mio preciso atteggiamento di pulsione creativa. Anche se poi questo qualcosa con questo metodo potrebbe anche ingranare, immagino che risentirà sempre di quella forzatura di fondo, che in diversi casi sarà anche clausura, mancanza di spazio, di luce, di naturalezza. Ben diverse le situazioni che vivono una loro schiusa in una totale o pur  generosa spontaneità, anche se sia stata da me evocata, forse anche inconsapevolmente, ma senza troppi sistemi di pensiero o congetture. Ecco, il solo abbandonarmi a questa sorta di resa, – ma non di rinuncia, sia chiaro – mi apre molti altri spazi e livelli di comprensione, rendendomi molto più armonico e compiuto, in ascolto di quella che è la mia realtà attuale, anche piccola, e non più di quella che vorrei a tutti i costi mi rappresentasse, ma che in sostanza non mi appartiene per niente e sulla quale non ho alcun tipo di controllo. Sia quando scrivo che quando non scrivo, naturalmente.


















lunedì 19 dicembre 2016

Luci dal bosco con inverno


La luna è dietro i rami.
Forse è domenica.
Nell'aria invernale
i numeri strambi
di una conta;
un'ocarina,
una chitarra
e una fisarmonica,
dove uno scroscio
di biciclette fioche
svanisce calma, 
nel primo fumo.
Dai vetri appannati
del vecchio collegio
una ragazza trascrive
dei versi di Hölderlin
al soldato invalido.
L'ombra della sua mano,
nella lentezza della fronte,
che adesso la dimentica.














































domenica 18 dicembre 2016

Romanzo


Vorrei irrompere con le mie parole
dove non sono mai stato;
e una volta arrivato
imparare la strada
per non ritornare.



























sabato 17 dicembre 2016

"Azimut", di Emiliana Santoro al Torino short film market 2016

























lunedì 12 dicembre 2016

Da una pagina del Danubio


Aprendo lo splendido volume di Claudio Magris, "Danubio", da un'edizione comprata pochi giorni fa e creduta nuova, dopo averla liberata dalla plastica, scorgo sulla prima pagina bianca una dedica, scritta a penna: "
"Cercami tra le righe di questo libro. Ci sarò. Baci". Senza firma. Un corsivo femminile e lievemente obliquo, introdotto da una data piuttosto lontana, di circa undici anni fa del mese di agosto.
Se non fosse per quella dedica, il libro non lo avrei mai immaginato usato. Le pagine sono intatte, pare che non siano state nemmeno aperte del tutto, lo stesso si evince dalle condizioni del dorso, eppure potrei davvero essere in possesso di un regalo d'amore di un'estate lontana di cui qualcuno si è disfatto, primo o ultimo di una serie indefinita di regali e attenzioni dimenticati nel tempo, libro che semmai non sarà stato nemmeno aperto o è possibile che il destinatario che lo avrà ricevuto non sarà andato oltre quel breve messaggio, misterioso  lampeggio da una pagina bianca e non avrà mai cercato qualcosa di lei in nessuna parola, in nessuna persona e in nessun treno o altro luogo al mondo oltre l'istante dell'apertura, – semmai fatta in profonda solitudine, senza testimoni, così come è successo a me o alla stessa persona che avrà scritto quella dedica senza firmarla. Intanto mi fa effetto sapere che tra le parole di questo libro vi sia qualcosa di qualcuno da scorgere, oltre al mondo di un grande scrittore, al suo talento, al suo immaginario, come ai suoi paesaggi mitteleuropei solcati dal mistero e dalla forza di un fiume. Qualcosa che esiste e resiste in una sua costante filigrana, ma che forse non scorgerò mai, o chissà. Qualcuno che adesso potrebbe essere ovunque, lontano o anche vicinissimo o non esserci nemmeno più. Intanto questa traccia è rimasta e ha resistito al tempo attraverso il caso, per incontrare come ultimo destinatario me e nessun altro al di fuori di me. Un segno di speranza, forse, inatteso e lievemente amaro nella sua verità. Ecco, a volte, dove e quanto lontano possono portare le parole.















sabato 10 dicembre 2016

Da Amras



"La distanza è la via più breve".

Thomas Bernhard, da "Amras"























martedì 6 dicembre 2016

Chi scrive


"Lo strano è che a chi scrive possono essere sommamente benefiche le totali demolizioni, nella stessa misura in cui possono essere sommamente benefici i pieni consensi. Chi scrive è vanitoso e depresso. Lo accompagnano e lo soccorrono demolizioni e consensi, nutrendolo, sostenendolo mentre rimbalza da una parte e dall'altra, fra le depressioni e i sogni di gloria. Quello che fa veramente male a chi scrive è invece una compiacente, piovosa, opaca, assonnata indifferenza".

Natalia Ginzburg