giovedì 22 dicembre 2016

Spazialità e forzature


Una delle sensazioni più liberatorie e rivitalizzanti, è quella che provo quando decido di smettere di forzare qualcosa, di attorcigliarmi entro me stesso perché qualcosa trovi a tutti i costi una direzione che le viene in qualche modo imposta da un mio preciso atteggiamento di pulsione creativa. Anche se poi questo qualcosa con questo metodo potrebbe anche ingranare, immagino che risentirà sempre di quella forzatura di fondo, che in diversi casi sarà anche clausura, mancanza di spazio, di luce, di naturalezza. Ben diverse le situazioni che vivono una loro schiusa in una totale o pur  generosa spontaneità, anche se sia stata da me evocata, forse anche inconsapevolmente, ma senza troppi sistemi di pensiero o congetture. Ecco, il solo abbandonarmi a questa sorta di resa, – ma non di rinuncia, sia chiaro – mi apre molti altri spazi e livelli di comprensione, rendendomi molto più armonico e compiuto, in ascolto di quella che è la mia realtà attuale, anche piccola, e non più di quella che vorrei a tutti i costi mi rappresentasse, ma che in sostanza non mi appartiene per niente e sulla quale non ho alcun tipo di controllo. Sia quando scrivo che quando non scrivo, naturalmente.


















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