Stupende le lettere scritte e immaginate dallo scrittore Vargas Llosa, che rispondono a una figura possibile quanto ideale, su questioni fondamentali, riguardanti la scrittura, la predisposizione, la vocazione, l'autenticità. Da uno di questi "ingranaggi meravigliosi", uno stralcio, secondo me prezioso, sul riconoscimento e sulla vocazione letteraria.
A voi:
"Mi azzardo a suggerirle di non contarci troppo, e di non farsi troppe illusioni a proposito del successo. Non c'è motivo che lei non lo ottenga, naturalmente, ma se sarà costante, scriverà e pubblicherà, ben presto scoprirà che i premi, il riconoscimento del pubblico, le vendite dei libri, il prestigio sociale di uno scrittore hanno un percorso sui generis, quanto mai arbitrario, perché talvolta evitano tenacemente quelli che più li meriterebbero, e assediano e opprimono quelli che li meriterebbero molto meno. Perciò chi individua nel successo lo stimolo essenziale della propria vocazione, probabilmente vedrà fallire il proprio sogno e confonderà la vocazione letteraria con la vocazione per gli splendori e i benefici economici che la letteratura concede ad alcuni scrittori (molto pochi). Sono cose diverse.
Forse l'attributo maggiore della vocazione letteraria è che chi la possiede vive l'esercizio di quella vocazione come la sua migliore ricompensa, superiore, molto superiore, a tutte quelle che potrebbe ottenere come conseguenza dei suoi frutti".
Mario Vargas Llosa. Da Parabola della tenia.
2 commenti:
Ero quasi deciso a non commentare nulla, tanto Vargas Llosa spiega alla perfezione i rischi cui si espone chi scrive. Sono frasi che bisognerebbe ripetere a un sacco di persone che pretendono tutto e subito, solo perché scrivono. Costoro, non hanno capito niente, davvero.
Grazie della visita e del tuo commento, così sentito. Ci vuole una grandissima umiltà e molta consapevolezza, credo. Questo nella vita, e non solo nella scrittura.
Un saluto.
l.s.
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