...che il corpo del post di ieri, sarà il titolo di una pièce che dovrei cominciare a scrivere a breve, se troverò il tempo e il giusto impulso. È la prima volta che parto dal titolo, anche se la sua struttura mi sta sciamando dentro da un po', ma ancora in modo confuso. È una molestia ancora troppo educata. La storia che mi sceglie e che forse scelgo, deve essere una scostumatezza, una mascalzonata, che mi spezza il sonno, mi confonde e mi dà ansia, fin quando non la inquadro e non mi trafigge di calci. Una mano addosso, due dita in gola, uno sputo. Se non avviene questo piccolo attacco oscuro, credo che scriverei nel vuoto, o quanto meno senza cuore e senza nerbo e senso. Scriverei come si dovrebbe scrivere, seduto a tavola, composto e con il tovagliolo sulle gambe e i gomiti nel vuoto, accontentando forse i piccoli professorini giudiziosi che correggono e si nutrono di nozionismo e di equazioni del testo, come di corsetti per signore viziose e insoddisfatte. Intanto, se ieri non avessi scritto il post, è molto probabile che questo titolo non sarebbe mai esisitito, e con molta probabilità nemmeno la pièce che sta cominciando ad attaccarmi, in silenzio ma con crescente astuzia e costanza strategica. Chissà... Di solito il titolo arriva durante o alla fine di un lavoro che scrivo. Credo che debba pulsare di qualcosa, di una correlazione profonda con il mio immaginario, che solo quando mi sono inoltrato e sono affondato nella storia fino alle ginocchia, può forse vibrare e palpitare di consonanza con un mio medium. Ma in questo caso il titolo è parte viva della struttura. È una porta a soffietto, dove penetra la luce appena polverosa che dovrò raccogliere sui polpastrelli prima di cominciare, perché avrà richiamato in nuce quelli che erano e saranno gli aspetti stilisitici che vorrei scandagliare e far muovere, nel tempo. O forse mai. Almeno, nel caso andasse tutto in fumo, mi rimane qualcosa, e il pretesto per riprovarci, o per rimpiangere di non averci ritentato. In fondo è anche questo lo scrivere: la prova generale di un sogno dell'ultimo spettacolo, quando stanno per chiudere e comincia a piovere. Uno spettacolino di provincia, che potrebbe anche non cominciare più, ma diventare indimenticabile lo stesso, per il solo fatto di aver raccolto gli attori, di aver sbirciato il sorriso della più bruttina, che mi saluta nel buio con un'aria perduta e malinconica, e scoprire che invece è quella più carina. Se fosse solo per questo, ne varrebbe sempre la pena di tentare...e di scoprire altro. Ancora.
Intanto il titolo esiste. Eccolo:
Questo pomeriggio lo sento illuminato di fumo, alla Debussy.
Buona giornata.
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