sabato 15 dicembre 2012

Lungo le mie strade

A volte penso alle persone che incontro di continuo lungo le mie strade, lungo i miei tratti obbligati, i più rassicuranti o anche i più pericolosi e foschi, persone che spesso incontro anche due volte in un solo giorno ma che probabilmente non conoscerò mai. Così anche nel viale dove abito, vi sono visi familiari e insieme sconosciuti, che nemmeno sanno chi sono e che cosa faccio, così come io non so nulla di loro. Ogni viso che incrocio a volte mi guarda e mi dice con gli occhi cose che non saprò mai, forse le stesse che dico al viso col mento un po' storto, a quello trasandato, a quello incantevole e conturbante, a quello goffo e stravolto, è sempre una mitragliata di occhi, anche quelli non mi salutano quando entrano dentro i miei a volte li sento vicini, vicinissimi, come un abbraccio lacerante sotto un portone con la luce che trema e con il diluvio fuori. Il pensiero di chi guarda ed è guardato nello stesso momento, è quasi sempre un pensiero di amore, amore per il tuo naso rosso, quanto freddo, ma io non posso e non potrò mai sapere il tuo nome, i tuoi gusti, eppure ci si incontra e ci si osserva, come la prima volta, vorrei che stessi più attento al tuo brutto raffreddore, che ti fa un po' più dolce e più triste, te lo chiedo per favore.
Esiste la possibilità di un innamoramento profondo della propria vita e del proprio sguardo sul mondo, che riscalda il cuore, non crea barriere, convenzioni, squilibri, tradimenti, privazioni, ma diventa il canto della mia specie che non avrà mai fine. Basta un niente, anche nella pioggia, quando sembrano tutti assenti, un po' ci si ama di nascosto, senza saperlo e senza dirselo, e credo che questo silenzio di occhi scuri e misteriosi, mantenga ancora azzurro il mondo, o la stella di Sirio, o il pranzo fugace della signora dei biglietti della metro, che deve ingoiare in fretta perché sto arrivando, e lei si ricorda che arriva sempre quel tipo distinto e molto gentile, che non le dà mai fretta come invece fanno gli altri, con un mezzo sorriso elegante, qualche volta la battuta in un dialetto misurato e sempre dosato, ma che non saprà mai il mio nome, un mio segreto o un mio dolore, perché non avremo mai l'occasione di dircelo e potrebbe non vedermi più per giorni e non pensarci mai fino a quando non mi rivedrà, con la sciarpa grigia e nera alta fino al naso e gli occhi di un bandito nella notte, e forse i visi che mi guardano e che mi incontrano, si immaginano amati dai miei occhi stanchi, e come apparirà adesso il mio naso, il mio polso triste e velocissimo, il mio sguardo, la mia bocca, per quello che scrivo e da  chi mi sta leggendo, e l'espressione del mio viso, se adesso mi è scappato un sorriso, chissà se anche questo si vedrà e se sono bello o se adesso divento brutto, divento gelido, tenebroso, radioso, infantile, grossolano o sottile, o se si avverte lo sbadiglio quando sbaglio, gli occhi lucidi o un po' stanchi, l'odore di un mandarino sul mio pullover, una sola scarpa caterpillar con la stringa slacciata (scrivo a stringhe slacciate, spesso).
Anche in questo caso saranno occhi nelle mie parole, così come nei visi sepolti dalla sciarpa grigia, familiari e sconosciuti, che potrebbero perdersi. Se stasera decidessi di chiudere tutti gli account, le mie caselle di posta e di lanciare questo computer nel vuoto, avverrebbe la stessa possibilità di non incontro con qualsiasi sconosciuto al mondo che incrocio, e che non immagina di non potermi mai più incontrare, quando mi vede e mi guarda, così come non immagina di potermi incontrare ancora. 
La mia memoria dovrebbe imprimersi di un amore sconfinato per la vita e per l'altro, scrivere, dipingere e amare ancora, all'infinito, moltiplicando quello che non si può dire con il non detto, rimanendo avvolto dall'angoscia di perdere qualcosa di prezioso della mia esistenza, se pure una sola persona, di quelle che incontro ogni giorno, senza conoscere e che guardo, non mi apparisse mai più davanti.
Ecco:

4 commenti:

Eletta Senso ha detto...

Ecco:
ecco il senso degli incontri.
Proprio la stessa parola che ho usato come etichetta al mio ultimo post.
Ecco. Come ci sfioriamo e sfioriamo per le strade e qualche viso prende luce qualcun altro va in ombra e scompare. Ma ogni viso ha uno sguardo e lo sguardo ha occhi che entrano dentro. Come quelli della bambina, a Parigi, che aveva bisogno di stabilire un contatto, attraverso lo sguardo, di qualcosa di te che solo lei sapeva. "Vedere" l'altro è meraviglioso.
Bello il tuo Ecco aperto.

luigi ha detto...

Ciao!
Molto interessante la visione di sapere guardando, cose che chi è guardato non le sa. Io penso che sia importante sentire non il proprio dintorno, quello che vuoi marcare, dominare, setacciare, ma il polso delle cose attraverso quello che ti succede, e scoprire che a volte è il tuo. Quel pomeriggio a Parigi ha modificato molto il mio rapporto con lo sguardo e con il polso delle cose. Siamo il nostro dare, non credo che abbiamo altro senso, secondo me e un vero dare non ha fine.
buona serata e grazie di tanta attenzione
l.s.

rosaturca ha detto...

Provo sempre una specie di pudore e una profonda gratitudine quando leggo questi tuoi scritti così intimi e tuttavia coraggiosamente lanciati nel buio dello spazio digitale, all'ascolto.
Seguo sempre ammirata il modo in cui circoli intorno a ciò che hai da dire come un abile modellatore di forme articola i pieni e i vuoti, le giunture ---adorabili, le giunture. Poi, impreviste barene in cui mi areno per un poco, in cui resto ammirata ancora di più. Come:
"Il pensiero di chi guarda ed è guardato nello stesso momento, è quasi sempre un pensiero di amore(...)".
Oppure:
"Esiste la possibilità di un innamoramento profondo della propria vita e del proprio sguardo sul mondo, che (...) diventa il canto della mia specie".
Sono emersioni, queste, che pulsano con cuore, ardono di calore vivo. Sono passaggi di parole da mettere in salvo nella marea lagunare.
Per anni ho fatto la cassiera di cinema, ho lavorato anche al banco di un bar. Per anni faccia a faccia con le persone, una persona alla volta, con gli occhi negli occhi, con le mani vicine. Molti aspetti allora si imparano a registrare negli sguardi, è naturale. Così naturale da distrarci, a volte, dalle mani in cui si fanno proprio gli sguardi ---un modellatore di forme questo lo sa. Se non si avvera, in un lampo, quella possibilità di un amare profondo che sale dal cuore stesso delle nostre mani, no, non ci sarebbe attenzione a quel naso rosso, al raffreddore, alla sciarpa che maschera il viso per metà. E ogni volta con il desiderio di come fosse la prima volta.

Sempre, grazie.
rosaturca

luigi ha detto...

Che bello, però...un commento post!
e che cosa rispondere quando tu mi citi in giudizio nella tua scrittura? Tra l'altro c'è un lavoro lungo che era in fase di revisione, il cui protagonista era cassiere di un cinema, chissà perché ritornano queste figure dentro di me, forse un esorcismo al mio disagio nell'interazione con gli altri, nel fatto di sentirmi sempre un po' fuori luogo, fuori tempo, fuori moda, sarà. Con questi scrosci che mi scivolano dal polso come se avessi appena sbucciato e mangiato una pesca, sono il mio mood sul mondo. Non le sento prove di scrittura, ma necessità. Vorrei impostare ogni mio passo solo sulla necessità di farlo. Quando non è strettamente necessario un proprio passo, dico per se stessi, potrebbe essere superfluo anche per gli altri. Sai che quando scrivo sento il battito del cuore che aumenta, a volte sento freddo, o molto caldo, mi sento vivo e amato, come quando ero molto piccolo ed ero convinto che nessuno mi amasse..., questo terrore un po' mi è rimasto: immaginando a volte che fosse tutto finto, che tutti siano stati attori e il loro amore verso di me solo un copione, o forse la mia scrittura è anche un sottile esorcismo alle mie paure, e se tutto questo non fosse necessario è probabile che il mio corpo non saprebbe quello che faccio, come qualcuno che sta in un'altra stanza, e se la dorme di brutto o vede cucinare o la boxe in tv!
buona domenica e grazie sempre a te!
l.s.