lunedì 10 dicembre 2012

Durante quella processione

Delle vacanze in penisola sorrentina, ancora figlio unico, mia sorella deve essere arrivata il successivo da quell'estate che proprio oggi ricordavo:
piccolissimo, le ginocchia dai pantaloncini corti sono sottili e sporgenti, una processione di monaci incappucciati, lunghissima, che non finiva mai. Ero a lato della strada, dove il loro percorso frusciante si muoveva, sospeso, senza un tempo, il loro non sembrava un passo, e anche i buchi nei cappucci degli occhi neri come caverne, mi rimanevano dentro, allo stesso modo della mamma del mio compagno di albergo, che in uno di quei pomeriggi che ero da loro, un po'assonnata mi diceva, sai, Luigi, che tu sei un bambino proprio simpatico, e io giocavo con suo figlio Vittorio, ricordo ancora il nome, e quella donna bruna, anche un po' spettinata, mi faceva sentire un piccolo principe dell'albergo, con un sorriso affettuoso, era nel dormiveglia, ma intanto era sera e la processione continuava, insieme ai miei due genitori, entrambi professori, credo che mio padre fosse vicepreside in quel periodo lì, c'era un loro amico preside, sempre molto scherzoso e sorridente. 
Durante quella processione di monaci incappucciati, io non dicevo una parola, credo che dovevo avere il braccino teso perché avevo la mano nella mano di uno dei miei, quando il cielo si fece gonfio, del colore dello zolfo, e di colpo, in piena processione, scoppiò a piovere, e quel preside, amico di mio padre, disse che era colpa mia: "Hai visto che cosa hai combinato? Hai visto che cosa sta succedendo, tutti scappano, i monaci, le persone, tutto per colpa tua!", e fu in quel momento che io scoppiai in lacrime, cercando di discolparmi, e dicendo che io non c'entravo niente con quell'acquazzone, e intanto ricordo che eravamo di corsa e le mie lacrime si facevano di pioggia, ricordo che i miei ridevano, ma c'era una delle loro mani che mi toccava la faccia, come l'acqua, e cercava di non ridere. I visi ridevano, per quanto piccolo com'ero non avevo capito ancora che il preside stava scherzando, ma quella mano mi diceva di stare buono: piccolo Luigi, questa mano ti ama, nonostante la pioggia, il fatto che ti hanno accusato, che gli occhi neri dai cappucci ti staranno rimproverando, io adesso sono con te, piccolino, hai ancora i pantaloncini corti, doveva essere una serata di gioia e invece stai piovendo anche tu come lei e dentro il tuo cuore di bambino, e quando i visi cercavano di sdrammatizzare, la mano continuava a dirmi che voleva che la amassi, come lei amava me, e intanto eravamo nei pressi di una piazza, dove c'era un grande bar, qualcuno mi riparava, sento ancora il suo odore nella pioggia, il mio cuore che sbatteva e finalmente il riparo.
Ricordo che mi ci volle un po' di tempo per arrivare a convincermi che non ero stato io. Vedere tanta gente in difficoltà per colpa mia, mi aveva disorientato, ma quella mano che mi asciugava le lacrime nella pioggia, adesso dov'era, non la sentivo più. Era di qualcuno di loro, che rideva perché ero un bambino, o era di qualcun altro, che era solo dentro di me. Quella notte sognai la processione, le ginocchia sporgenti nei pantaloncini corti, il cielo gonfio di zolfo, e chissà cos'altro più.
Non ho mai sognato il calore di quella mano aperta sulla mia faccia, e tutto il suo dispiacere, e il suo grande amore silenzioso di mistero, che da allora non mi ha più lasciato.

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