lunedì 24 dicembre 2012

"Discorso di notte" e "Passeggiate con il suocero" di Michelangelo Salerno


Discorso di notte

Abbiamo guardato
attraverso lo stesso cristallo
il palpito di una stella,
abbiamo bevuto
allo stesso bicchiere,
sorriso
alla stessa maniera.
Un discorso di notte
tra amici
riscalda
le tempie ed il cuore.
Che importa la noia quotidiana?
Ai chicci dell'uva
non basta
la gioia del contatto,
la sola certezza
d'essere parte
del medesimo grappolo?
E adesso,
con una più intima forza,
apriremo i pugni serrati
senza fermarci raccogliere
monete di fango cadute,
biglietti
pagati al passato.

Michelangelo Salerno
"Dalla parte del drago" Intelisano 1961 Milano



Passeggiate con il suocero

Mio suocero
professore di lettere
in pantaloni corti e maglia di cotone
accanto a me passeggia
certi pomeriggi d'estate
in una ferita di tramonto
sulla mano aperta del mare.
E discute e confronta
la sua saggezza scettica
di sessant'anni di vita
con i miei sprovveduti ideali
di trent'anni.

Dio
stella appannata
a milioni di anni luce da noi
sperimentato da me
ignoto alla sua anima laica
è il terreno di lotta
l'amara divisione.
E la morte
assillante presenza
continuo campanello d'allarme
per me angoscia di richiami improvvisi
per lui esaltante avventura
frantuma i nostri discorsi
solleva rigide le braccia
come il giovane morto annegato
per essersi spinto al largo
appena un poco.

Mio suocero ha un cuore da bambino.
Scorgo in lui l'altra faccia di mio padre
morto d'infarto
a volte lo sento figlio
da prendere per mano
e indicargli le strade le parole le scelte.
Questo mulinello di rapporti
con ondate di amicizia
accordo e polemico slancio
è la stima complessa che passa tra noi
la vecchia moneta che ci scambiamo
da quando una sua giovane figlia
è stata la mia esile fidanzata
poi la moglie
che mi ha partorito un figlio.

Mio suocero ha grosse mani da operaio
ma insegna latino e italiano
in un liceo.
Queste mani di forma così grossolana
se le porta
nelle sue avventure in montagna.
Queste mani così forti e sicure
scostano i rami spinosi sui sentieri
conoscono le rocce scottanti di sole
e il contatto di un pezzo di pane
da consumare in fretta
durante una sosta.
Queste mani così ribelli
e mai giunte in un gesto di preghiera
così incapaci di carezzare
le sento segni di estrema semplicità
di pace.
E quando brillano
rifugio al vento per un fiammifero
sono le salde pareti di una casa
dove potrebbe venire a dormire
un uomo stanco o un uccello
al riparo dal freddo e dalla pioggia.

Col dito mi mostra la punta di uno scoglio
che ha raggiunto a nuoto la mattina
un'altra delle sue imprese in solitudine
in luoghi dove io bianco anfibio
non riesco a seguirlo.
Mi dice che spesso
davanti al mare
o in lunghi vagabondaggi in bicicletta
gli capita di sentire
vivi parlare con lui
i suoi morti:
il vecchio padre cieco
(lo immagino un Omero analfabeta)
la madre
versetto di salmo spezzato a metà
che in un convento di monache
(dove gli ultimi anni si era nascosta
dove ora è sepolta)
chinò la testa
su un libro di preghiere.
Lui giovane
unico figlio
girava l'Europa alla ricerca.
E con rammarico parla
di queste sue fughe
di questi suoi appassionati rinnegamenti.

Sua figlia mia moglie
un tempo dopo il parto
è stata a lungo ammalata
a lungo in una clinica
dalle finestre sbarrate.
Allora i nostri dolori di padre di sposo
restavano accesi la notte.
A lungo egli ha dormito su una poltrona
con me è balzato nel breve sonno
interrotto da un lamento di lei
da un doloroso richiamo.
Insieme a me ha osservato
le lente gocce dell'ipodermoclisi
scendere per il tubo flessibile
insieme a me ha lottato con l'angelo insanguinato
presenza di passi silenziosi
ticchettio di orologio nella stanza.
Ha visto con me spuntare l'alba
di dietro i vetri
il suo braccio
sulle mie spalle.

Ci sono anche in queste passeggiate
i motti le risate per le cose
che forse fanno ridere noi soli
il mio prenderlo in giro
per le sue affannate apprensioni
per il suo impaccio
di essere un po' primitivo.
Ci sono le soste
a respirare intero il panorama
l'offerta di una sigaretta
la corsa fino all'ultima cabina
dello stabilimento balneare
il silenzio.
Nel silenzio
lo sento maestro di vita
(se un uomo può essere
maestro ad un altro)
distinguo
nei frettolosi segni della sua scrittura
la parola di un uomo
una frase scritta anche per me.
Nelle vene delle sue braccia abbronzate
andare a tirare a riva
la rete colma di pesci
scorre
il buon rosso sangue di Dio
il vino forte della salvezza.

Michelangelo Salerno
"Di Dio e di altre persone" Forum Quinta Generazione 1976 Forlì

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