mercoledì 26 dicembre 2012

Credo che non cambierebbe nulla. Il neo sotto l'occhio di Cixi.

Non è facile da spiegare, eppure sento che se scrivessi i miei post come un cane, non che chissà come li scriva bene, ma almeno cerco di dargli una certa linea, una certa dignità, almeno in base a quelli che sono i miei parametri, ma se invece li buttassi lì, o qui, così, senza cura, forma, dedizione, non credo che cambierebbe niente. Molte persone non ci farebbero così tanto caso. Quelli che mi conoscono penserebbero a uno scherzo, a un mal di stomaco o a una leggera provocazione. Chi vorrebbe colpirmi, lo avrebbe potuto fare anche prima, non ci vuole niente a colpire chi scrive. Anche se sei bravo, a colpire qualcuno, anche di spalle, è facile. Con le parole si può fare e disfare tutto. Si è sempre esposti ad attacchi improvvisi: un minimo errore o anche una svista, cancellerà tutto ciò che di buono hai sperato e hai creduto di fare, come se non fosse mai esistito. Tu sei solo quell'errore. Quell'errore è te, quindi tu non sei nulla. Non esisti e non sei mai esistito. Buio.
L'indifferenza assoluta a tutto il mondo complesso e delicato che si muove dietro una qualsiasi pagina, impera indisturbata. Eppure quando apro la finestra di un file e comincio a lavorare a uno scritto, mi sento con l'espressione di chi si avvicini ad una colazione fumante e profumata dopo un giorno pieno di digiuno, anche se fino alla notte prima ho scritto. Strano, pur sapendo come va il mondo. Questo mi fa pensare:
ho inviato tempo fa alcuni manoscritti, esperimenti, lo ammetto, erano dei lavori molto particolari, dove comunque si respirava un'aria nuova, piuttosto insolita e strana, di certo non troppo ortodossa. In alcuni casi ho avuto risposte di  gran lunga inferiori, come lunghezza, a questo morso di post che ho scritto fino ad ora, diciamo che in certi casi si aggiravano sui 140 caratteri, ma con la pretesa di lanciare anche delle questioni critiche, degli spunti di approfondimento o di correzione, giusto un accenno, ma senza mai svilupparli, tanto non avrebbe avuto più senso, se tu sei un incapace che cosa diavolo devo scriverti. Lei è un perfetto incapace? Lei sarà bravino ma a noi non piace? Lei è un ermetico lirico? Non ha criterio o centro? Lei ci sta sulle scatole? Ogni tanto qualche slancio, qualche accenno a qualcosa che non funziona nella mia scrittura, ma signori, io non cerco una scrittura che funziona, ma che tuona o che risuona o che frastuona così come la mia vita che in quel momento la scrive e la vive. Funzionare cosa vuol dire? Un orologio funziona quando cammina, quando è fermo o quando si ferma troppo spesso non funziona più. La mia scrittura sarà allora ferma,  si fermerà troppo spesso, ma nemmeno questo mi è stato detto, sono state scritte cose senza una loro base, scritte per giustificare altre ragioni che forse non potevano essere dimostrate in pieno.
Ma allora perché incominciare un certo discorso, quando sai che non potrai concluderlo e lascerai solo ombre? Se anche io avrò lasciato delle ombre nei miei testi, vi sono stati mesi di lavoro perché queste ombre si saranno formate e articolate, vi sono state delle emozioni, non credo che contro dei mesi di lavoro sulle ombre e sulle emozioni, sia giusto accennare a un aspetto critico, e poi spezzare. Meglio dire: la sua scrittura non ci piace. Non ci interessa. Non ci convince. Molto più semplice, esauriente. Senza cominciare a lanciare granate sui sentieri, per poi interromperle subito e andare via. La stessa cosa di uno che mi chiama al telefono e mi fa: ma che cosa hai combinato? Non capisco, gli faccio, mi potresti spiegare? No, lascia stare, adesso devo abbassare. E allora, quando mi spiegherai, ma ormai quello ha abbassato, non ti sentirà più. Proprio così.
Questa è una cosa che se qualcuno mi chiedesse un mio giudizio, come diverse volte è successo, non farei. Ho dedicato ai testi dei ragazzi di un liceo, per il progetto Repubblica, di qualche anno fa, molto più tempo di quello che ho dedicato ai miei. Per esprimere un minimo parere su di uno scritto, ci vuole tempo ma anche una mente fresca, libera da preconcetti, ispirata da come si muovono le parole degli altri, e non solo dalle coordinate che decidono come si dovrebbero muovere, che punteggiatura usare, che tipo di stile per creare nel modo giusto e quindi per funzionare.
I testi di quei ragazzi per me erano neve fresca, che andava annusata, tenuta con cautela per non farla sciogliere. Qualsiasi mio giudizio, sarebbe dovuto nascere da un'esplorazione adeguata e approfondita dei loro tentativi e del loro grandissimo impegno amorevole profuso. 
Il problema di fondo è che oggi, per quante persone scrivono, nessuno che dice e scrive di cercare manoscritti, è davvero in cerca di qualcosa. Quel qualcosa già lo ha. Hanno bisogno di un certo tipo di autore, di scrittura, di tecnica narrativa. Non cercano nulla di generale, ma qualcosa di già esistente e particolare.
Ma intanto sono convinto che la pubblicazione non deve essere l'unico punto fermo di uno scrittore, l'unico suo obiettivo. Io credo in un raggio più ampio del discorso o dell'esperienza scrittura, dove conti molto più il terreno di pratica, che una collocazione, ancora da acerbi, in una collana editoriale. In certi casi può essere pericoloso essere scelti con superficialità, e creare molti più danni di un rifiuto più o meno ingiusto. I miei testi rifiutati, in diversi casi li avrei condannati anche io, semmai con uno spirito diverso. Ci ho continuato a lavorare, ho continuato a credere in loro e ad amarli. Ho smussato, ho tagliato, ho sezionato, ridondanze, rigonfiamenti, ripetizioni, ci vuole una vita, davvero, un rifiuto spesso è un' opportunità per fare meglio, una grande opportunità e non solo un'ingiustizia. Anche un rifiuto ingiusto, di solito fa più male a chi lo fa che a chi lo riceve. Anche in un ottimo testo, c'è sempre da migliorare e da rassettare. Ci vuole tempo pazienza, pratica, umiltà, talento, troppe cose insieme, e intanto non c'è nessuno che avrà mai il tempo di pesarle e di misurarle queste cose. Scrivere per sé, è la regola principe, senza aspettarsi niente, perché oggi non c'è quasi più niente da fare se scrivi.
Una pubblicazione di solito può essere anche richiesta, per una serie di situazioni in cui ti sei trovato, - ecco perché è importante vivere un terreno aperto di pratica e di piccoli interventi satellitari, anche in rete, accontentandosi di piccoli passi puliti, pesati e ben fatti, anziché inseguire subito il sogno di una pubblicazione di rilievo. Situazioni in cui sei stato osservato, valutato, con una certa attenzione, nelle quali potrebbe essere accaduto qualcosa, qualcosa che associ al tuo modo di muoverti e di reagire alla parola, una consonanza con un disegno ancora accennato, che cerchi in qualcuno un suo completamento, una sua quadratura, un suo sviluppo. In alcuni casi si viene prescelti per altro, e non per una singola opera che dovrebbe collimare con quelle che sono le visioni di una certa editoria, di un certo mercato, di un certo stile, che andrebbe commisurato a quella certa particolare utenza, per cui è davvero assurdo che questo accada.
Esistono opere e scrittori, anche piuttosto originali. Non si deve sperare di ottenere qualcosa mettendosi solo in fila, e nemmeno osare di tagliare la fila. Ci vogliono altre cose, che uno scrittore deve scoprire da solo. Io sono sempre stato da solo: la mia scrittura è un'avventura di solitudine e di libertà, e solo per questo mi ripagherebbe di qualsiasi affronto, rifiuto, incomprensione, assedio o ingiustizia, che potrebbe capitarmi da stasera in avanti. Io ho già tutto quello che voglio, ho una mia voce. Il resto è solo un di più.
Quindi, ritornando al post, sono convinto che una persona che scrive, vada osservata e valutata per un raggio molto più ampio di situazioni, di suoi interventi e movimenti, anche se brevi. Posso accorgermi di un grande scrittore anche solo per un suo commento, se ho l'occhio fresco e attento. Ma oggi non c'è il tempo di seguire e di guardare su linee ampie un percorso espressivo di un autore. È l'unica possibilità per sentire il polso di chi scrive, per sentirgli il cuore, con il suo soffio, le sue paure, le sue aspirazioni, ma questo avviene di rado, si cerca sempre dell'altro, ma dell'altro noto.
Oggi non c'è tempo per osservare. In una fase di transizione la velocità e la mattanza di esserci, hanno cancellato la lentezza e la pazienza di chi osserva i particolari, i dettagli, i respiri minimi, per arrivare a una conclusione; questo sia riguardo le opere letterarie inviate, che per quanto riguarda i percorsi in senso lato di un autore che si espone, il suo piccolo terreno di pratica a cui accennavo prima.
Mi rivedo, quando costruisco anche solo una piccola situazione di un personaggio, da inserire in un punto delicato, una sola frase, con quanta lentezza, pazienza o anche dolcezza e acume, devo accudire la mia immaginazione osservare occhi, pettinature, occhiali, nasi, nuche, braccia, ginocchia, espressioni, dentro di me, e metterli insieme a quelli che ho visto per caso, a quelli che ho immaginato solo, senza averli mai visti, ma anche a quelli che ho visto e che  ho riconosciuto solo dopo averli immaginati - accade anche così,  quando mi accorgo che le ombre e i tratti che hanno fatto andare avanti un personaggio, li avevo già vivi dentro di me, ancora prima di incontrarli dal vivo. Tutto questo lavoro necessita di una pazienza e di un amore infiniti, e avrebbe bisogno di essere poi analizzato con la stessa pazienza, attenzione amorevole, acume e profondità dall'altra parte e non soltanto annusato e sfiorato. Allora le cose cambierebbero, ma io sono certo che questo non avverrà, per cui le cose, almeno allo stato di questi fatti, non cambieranno mai. O almeno al momento.
Ma per me questo non costituisce alcun problema. Io continuerò ad esercitare la mia pazienza, a esercitarmi nella purezza del tratto descrittivo, ad alleggerire le mie parole per farle andare più in fondo, ma senza aspettarmi niente. Come in un post, in uno come questo.
Se adesso avessi deciso di aprirlo con un dialogo del tipo:
"Me la sono chiavata in macchina, quella brunetta, la vedi, quella sulla destra, di spalle, con il cappotto bianco. Adesso ha tagliato i capelli, ma quando stavamo in macchina ne aveva tanti, tutti nella bocca, la facevano ancora più porca quando mi guardava e affannava, non ti dico quanto strilla! Una sirena!", tutto inventato sul momento, gettato così, intanto c'è già una certa linea che con un titolo adeguato del tipo: "I capelli dentro la bocca", per esempio, potrebbero intrigare, ma se invece io scrivessi così:
"Questo Natale con il mio Enrico ci siamo scambiati i regalini. Ero così emozionata. Lui mi ha regalato i guanti  rossi con la sciarpa, io un disco di Giorgia e un paio di occhiali a specchio. Siamo stati tutti il tempo sul divano, insieme ai miei. Enrico parlava con mio padre, e io e mia madre, tutte emozionate, contavamo quanti sorrisi facesse papà, sempre così serio e burbero quando sale Enrico, e quanto sbatteva la gamba sul pavimento Enrico, anche lui così nervoso e preoccupato. Mamma ha aperto un panettone; quando papà è andato al telefono, io mi sono avvicinata a Enrico e gli ho dato un bacio sugli occhiali. Erano appannati, mi ha detto di volermi bene, ma di stare attenta, che mio padre poteva tornare. Il panettone Enrico non lo ha mangiato perché non ama i canditi, io non amo i guanti rossi", questa è una soluzione molto diversa, sembra scritta da un'altra persona, che non sono io, ma sono convinto, in base a quello che ho scritto prima, che non cambierebbe assolutamente nulla: sia con la brunetta che con Enrico dagli occhiali appannati, troppa fretta, non c'è il tempo. Già i miei post sono sempre più lunghi, così poco da blogger e più da uno che si atteggia a saggista.
Ma io non sono niente di tutto questo. Come ho scritto su twitter, io vorrei essere il neo sotto l'occhio di Cixi. Credo che sia un luogo meraviglioso di scrittura, musicale e molto sognante. 
Tutto qui?
(Ma sì...dài va bene così! Che faccio, lo pubblico?).

2 commenti:

Eletta Senso ha detto...

L'arte di scrivere è difficile. L'arte di recensire ancor di più ne leggevo ieri sera. Qui non aggiungo altro spazio al tuo post già lungo. Direi che dai molta energia alla scrittura. Dare energia a un'attività o a una cosa o persona vuol dire che per noi è preziosa. Si deduce che per te la scrittura è molto importante.

luigi ha detto...

Questo è molto bello. L'energia è anche quella di chi ti ascolta e ti sceglie, avviene un fattore sinergico, ecco perché leggere e scrivere sono entrambe attività creative.
saluti
l.s.