mercoledì 29 maggio 2013

Sotto la tenda di una squaw...

Le persone che incontro, quelle che incontro davvero, diventano parti di me. Diventano me. I miei amici, uomini o donne, uccelli, metronotte o pinne di pescecani, non sono miei ma sono me. Mi trasformano e si fondono con la mia vita, i miei giorni sono i loro capelli o le loro ciglia i miei minuti, i loro occhi le mie parole, il mio muso quando scrivo, le mie pizzerie, i miei caffè, il mio ascensore, le mie scale. Ciascuno una parte preziosa e insostituibile. Unica.
Sono quasi sempre nostalgia di sapere che tempo fa nella loro vita quando da me piove forte, il desiderio di addormentarmi anche io dentro di loro, un minuto o forse un secolo, ma senza saperlo mai dire. Parlare o scrivermi con loro è più importante della scrittura di un romanzo. 
Io vivo un carico inaudito di rispetto e insieme di dolore per la figura di chi mi attraversa e si concede in un'amiciza senza confini, senza tempo, senza regole. Ma ho anche paura di invadere e di essere di troppo, è stata sempre una mia paura. Per cui cerco di fare piano, di non fare rumore, di non togliere luce.
Una grande amicizia  per me è un nodo terribile alla gola, grande quanto la nostalgia di mio padre che mi fischiava qualcosa nel buio della mia stanza, prima del sonno,  o della ragazzina che mi confidò il suo amore dietro gli occhiali sotto una tenda da squaw e diventando pallida e stanchissima, come se svanita, approfittando come un bandito di una mia distrazione.
Spesso gli amici diventano i miei ricordi, il mio sguardo un po' annebbiato e commosso per tanta fortuna, a volte l'amore indiretto dei miei defunti, un bacio di mia moglie nel sonno o le sue gambe, i due biglietti della metro per tornare a casa – per favore due, grazie – e ancora avverto e patisco che cosa sarebbe di me dentro di loro o senza di loro, o chissà, se dovessimo perderci o dimenticarci. 
Con alcuni amici è successo, senza un motivo, una ragione, un movente, ed è stato qualcosa di luttuoso, che spesso ancora brucia.
Sono stato un ragazzino senza amici, con poca aria al viso, poche parole, emozionato da quanto fosse grande e spaventoso quello che avvertiva. Credo che in questo momento della mia vita qualcuno, dall'alto, mi stia facendo scoprire il tepore delle grandi e rare amicizie, restituendo a quel ragazzino lontano la tenerezza e la protezione negata, come sotto la tenda ombrata di una squaw...

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