sabato 25 maggio 2013

La pallonata

Ritornando a casa ho preso una pallonata in pieno viso. Il tiro non era fortissimo, di sicuro maldestro, tirato da un bambino molto incerto, attorniato da altri più grandi e smaliziati mentre attraversavo la loro area di gioco.
Non porto occhiali da vista, solo di giorno quelli da sole; avevo delle pizze calde nei cartoni. Il pallone è arrivato dritto, ho avuto la destrezza di girare di colpo la faccia e di lasciare la guancia destra libera nell'impatto, per cui la pallonata si è infranta nel viso giusto al centro della guancia, risparmiando orecchio, naso, bocca e occhi. 
Qualche istante, ma nemmeno e nei miei occhi scorrono gli occhi dei ragazzini che stavano giocando, sospesi e spaventati dalla possibilità di una mia reazione. Mi conoscono tutti molto bene. Mi vedono passare quotidianamente, quasi sempre a piedi, con alcuni mi saluto, ma non era mai successo che una pallonata avesse colpito proprio me, quel tipo magro, piuttosto elegante, gentile e silenzioso,  con una felpa a strisce blu e gialle, colpito e sfondato: in pieno viso. Non potevano immaginare la mia reazione in quel momento. Fin quando non avviene una qualsiasi novità e variazione all'interno di una certa dinamica, si è sempre nuovi, per se stessi e per gli altri. Eravamo sullo stesso piano, io e loro non sapevamo in quel momento quale sarebbe stata la mia reazione. Il mio passo intanto, dal momento che abbracciavo i cartoni con delle pizze calde, non rallentava, ero riuscito a scattare con il collo senza interrompere l'andatura e poi i loro visi negli occhi, così preoccupati, spaventati, ma che brutta sensazione, mi dico: che cosa orrenda incutere soggezione, smarrimento, ansia, spavento. Per l'errore di un tiro, che in fondo ho schivato bene, certo se c'era qualcuno con gli occhiali o più lento di riflessi, al posto mio, immagino, ma in quel momento, che non era successo niente, che cosa faccio: sorrido e li lascio stecchiti, a quanti ne erano. Penso di aver detto qualcosa, ormai ero sotto il mio portone, del tipo: non è successo niente, senza nemmeno mettermi a rimproverarli, a fare l'educatore il sabato sera, quando in effetti i loro visi più che preoccupati erano anche dispiaciuti. E quale sensazione più bella di riuscire a rischiararli, con un gesto infinitesimo di resa, di discesa dal piedistallo, cosa davvero molto difficile quando arrivano degli imprevisti, tra l'altro io mi squaglio per situazioni molto più stupide, ma in questo caso ho vinto, e non ho lasciato nessun gesto, nessuna smorfia vendicativa per nessuno di loro sciogliendo in breve tutta la tensione dell'attesa. Una reazione che ha sorpreso insieme me e loro. Che mi ha fatto bene. Ho mangiato con più appetito. A tavola nesuno mi ha detto se c'era l'alone di un super santos sulla mia guancia destra, forse l'alone era sbiadito o è rimasto appena invisibile, a ricordarmi di questo piccolo istante magico, di tenerezza e grande stupore.

0 commenti: