venerdì 17 maggio 2013

Fascinazione dolorosa: le ombre cinesi dei personaggi

Nella revisione di un romanzo ancora inedito, molto lungo e complesso, il cui ultimo titolo definitivo è "Not a soul", mi sono trovato di fronte a tre personaggi femminili, credo quasi centrali, intorno ai quali si snodano le vicende di alcune famiglie della borghesia francese, articolate tra Camargue e Lione. 
Madame Isabelle Joubert, figura romantica e complessa, molto classica nel suo fascino borghese, nella sua apparente leggerezza, ma avvolta e soffocata dai suoi fantasmi; sua figlia Sophie, una ragazza inquieta e speranzosa, anche lei attanagliata da diverse nubi misteriose e temporalesche e la  fidata cuoca spagnola dei Joubert, Luisa, una figura così diversa: corpulenta, latina, maestosa e materna, ma anche fragile, di una fragilità molto diversa da quella della sua adorata Madame Isabelle e da quella più tersa e cristallina della figlia Sophie. 
Su queste tre figure ho cominciato a intessere un particolare mosaico, un tessuto variegato di forme, di condizioni e di condizionamenti tra diverse entità che vivono uno spasmo continuo dove la mano non arriva mai. La ricerca di una stasi impossibile. La descrizione accurata di questa impossibilità.
La bellezza di un personaggio in diversi casi è data dallo spazio, anche minimo, che lo separa da una stasi. Quel piccolo spazio che automatizza la tensione  e lascia che organizzi da solo le sue tattiche per trovare quiete. Così come un quinto grado di una cadenza, che stenta a risolvere, che vaga, che si intrattiene nel suo vuoto, che mentre è quasi in procinto di concludere, ti inganna e si sposta in un'altra direzione.
La fascinazione dolorosa di queste tre figure femminili, così diverse tra loro, mi ha sorpreso e anche molto incuriosito sul loro apparato così nervoso, autonomo, particolare, dal momento che le angolazioni sono tre e sono tre gli spazi diversi che separano tra tre altrettanti obiettivi diversi, che in fondo non sono nemmeno così chiari come potrebbe apparire. Le tre donne sanno che esiste uno spazio, un certo spazio doloroso che separa ciascuna di loro da un punto di stasi, ma non hanno ancora idea di cosa sia questo punto di stasi da una certa tensione, quale sia il suo viso, la sua forma, il suo colore. 
È come chiedere a qualcuna di loro di descrivere il profilo di Dio o di formarlo con le mani in un'ombra cinese. Le tre donne di questo lavoro, hanno solo coscienza dello spazio che le separa da un ulteriore spazio che da una stasi porterà forse a successive tensioni o alla febbre del vuoto. Solo correggendo e revisionando ossessivamente le parti di "Not a soul", mi sono accorto di questa circuizione claustrofobica e labirintica tra il desiderio e i desideri oscuri, rispetto alle dinamiche che muoveranno i vari personaggi nei loro rispettivi intrecci. Circuizione che divora qualsiasi altra cosa che non sia quella breve distanza o spazio che separa ciascuna di loro dall'infinito doloroso di una stasi ancora sconosciuta.
Credo che in "Not a soul" vi sia molto di quello che ho appena scritto. Ed è in quel breve spazio claustrofobico, dove ciascuno cerca il suo senso, che affiora la fascinazione dolorosa, l'estasi verso l'impossibile di un personaggio. La sua formazione e mutazione sulla parete: come  in un'ombra cinese.

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