domenica 19 maggio 2013

Pomeriggi con Rachmaninov

La tenerezza del pomeriggio presto, per me è ancora dolore. Soltanto dolore.
Tutti i pomeriggi presto del mondo sono trafitti  dal dolore di una pausa senza sonno e senza vero riposo. Non è notte e non è giorno. Non è mattina e non è sera. Il mio sentire, oggi, è intriso di questa intercapedine di nebbia e di sogno, dove affondo e spesso non riemergo mai per tempo.
Come affondavo quando cominciavo a provare quello che si muoveva dentro di me, e che ancora non capivo e non capisco. Quello che si avverte intorno e non si sa mai dire, è l'unica ricchezza da custodire, forse, quella che nessuno scoprirà mai.
Sono rimasto avvolto tra questa patina di inverosimiglianza di un pomeriggio prestissimo e la paura dolce del buio e degli altri. 
Come in quei pomeriggi da ragazzo, quando ero in compagnia della musica plumbea di un Rachmaninov insolito, enigmatico, che risuonava nella mia stanza, raccontandomi quello che non sapevo dire di me, ma che riconoscevo vero. Quando in quei pomeriggi avvolgevo la mia vita di quel momento in quella musica, mi sentivo nella pioggia, ma protetto. Il II movimento del Concerto n. 1 è avvolto dalla pioggia di quei pomeriggi che non sono ancora finiti e nemmeno cominciati nella mia vita. Ma esistono senza esserci: sono i miei primi pomeriggi con Rachmaninov... 
Lo stesso come quello di oggi, ma adesso è pieno di sole, e di una sensazione annuvolata di vago, di vuoto, di inutilità, che sconfigge la mia impressione, la mia possibilità di espressione e il mio sentire. Come se in quest'adesso ritornassi indietro, alla pioggia fitta di quei miei momenti perduti e intatti ma senza un tempo, che mi ricordano appena appena chi sono, senza saperlo dire già più:

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