venerdì 3 maggio 2013

"La nuit etatit chaude": estratto di romanzo


Il pranzo di Pasqua saltò. Fu per via di Aris e della sua Vic. Cominciavano a scorgersi i primi miglioramenti ed era quello il momento più adatto per acuire gli interventi, almeno così pensava Aris o così le era stato detto di pensare. 
Aveva setacciato mari e monti, sempre da sola, e aveva saputo di un vecchio polacco guaritore di Lodz, forse metà invasato o stregone, che faceva miracoli con la sola imposizione delle mani e Aris ci credeva e non volle sentire ragioni. Ormai non mi parlava d'altro. Mi raccontava che diverse persone avevano ottenuto benefici enormi da quel guaritore polacco, e che provare in fondo non le costava niente e che poi per la sua Vic, insomma: ormai aveva deciso così e gli avrebbe portato la bambina tutti i santi giorni e avrebbe dovuto rispettare delle strane regole, per favorire le prime fasi di ripresa e la successiva guarigione. Forse perché era tutto uno strano sortilegio o qualche cosa di simile che io non capivo e allora dovevano rimanere isolate dal mondo in attesa che si cominciassero a sciogliere i primi nodi, così il vecchio polacco le aveva detto, e Aris aveva ubbidito e me lo diceva con il sole nella voce e non riusciva più a fermarsi dall’entusiasmo e non mi ascoltava nemmeno più. La sentivo così diversa al telefono; mi sembrava di parlare con un’altra persona. Trentacinque chilometri al giorno per raggiungere la casa buia di uno sconosciuto invasato, che masticava male l’italiano eppure, mi diceva Aris, avrebbe cominciato a scorgere le prime deboli ciocche, e gliele aveva fatte notare proprio lui, con una lente d’ingrandimento con cui sfiorava il capo nudo della piccola Vic a ogni fine seduta, sotto una lampadina. Peccato che fossero capelli bianchi, ma il bulbo si stava rianimando, era stato soffocato da qualche cosa di sinistro e adesso la piccola ne sarebbe venuta fuori e Aris ci credeva e voleva coinvolgere a tutti i costi anche me in quella sua gioia. E allora io desistevo e fingevo di essere contento, qualche volta, di risollevarmi e di darle almeno un altro poco di speranza con quel mio debole assenso. Non le ho mai chiesto quanto le sarebbe costata quella faccenda. Era sempre di fretta. Mi disse di scusarsi con Roxanne, che per il pranzo di Pasqua le sarebbe stato davvero impossibile e che io dovevo perdonarla. 
Il mio ritorno da Vezio e Roxanne, ebbe intanto un effetto ancora più sorprendente. Rischiarò entrambi, soprattutto lei. Arrivai un sabato mattina, con il doppio dei bagagli della scorsa volta. Mi aprì proprio Roxanne, che a quell’ora era da sola e non se lo sarebbe mai aspettato che fossi proprio io. Le passai un pacco fresco di dolci e la sentii per un attimo quasi felice. Lo prese tra le mani, stordita e senza capire, con un sorriso stanco e un occhio nero.
l.s.


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