giovedì 4 novembre 2010

Mi rendo conto

Mi rendo conto che anche nel rigore del contatto quotidiano con lo scrivere, esistano una grande varietà di situazioni e di approcci diversi, a seconda delle atmosfere individuali che ventilano la giornata e quindi la vita di ciascuno scrittore. L'unica certezza, quella che sempre mi auguro, è l'essere sorpresi da quello che può accadere di imprevedibile, di assolutamente inatteso, in una seduta sbadigliante o sfavillante di parole scritte. È importante avere  e riconoscere quell'esistenza e quella possibilità, di congegnare naturalmente un proprio metodo personale di attacco, o meglio di attracco al testo, anche se inizialmente vacillante e sgangherato.
Credo che in qualsiasi cosa si cominci, si parta sempre col brancolare nel buo e sbattere, e a volte è proprio in quelle testate che si nasconde qualcosa di utile e prezioso. Ciascuno dovrà affrontare la possibile e concreta eventualità di impastare quindi una torta sbagliata, con ingredienti scaduti o avariati, anche se al tatto e all'olfatto potrebbero ritenersi ancora buoni. Ciascuno rischierà di incontrare la temperatura del forno errata, e l'illusione che la fragranza del bruciato sia soltanto una nuova spezia introdotta. E credo che nei margini di questo rischio e del simultaneo abbuiarsi di certezze e di garanzie in una stesura, che si affini la sensibilità e la possibilità che accada qualcosa a mettere ordine, come in una stanza lasciata per aria dai ragazzi, dove di colpo compare qualcuno che si chiude la porta e la restituisce intatta, come prima del sonno.
Mi rendo conto che possono sembrare delle diavolerie, ma sento che in qualche modo mi rappresentano ancora. Cercare la propria voce, non la propria abilità all'acuto. Penso che sia questo il senso e la ricerca di un metodo quotidiano di approccio alla pagina, che non sarà mai importante quanto il senso e la ricerca naturale di un metodo quotidiano di approccio e di massima attenzione sensibile alla propria vita, a quello che accade e non a quello che si vorrebbe accadesse; alla forma inesplorata del ricercare le parole di quello che vedi, senti e avverti, senza nessuna volontà di inserirle in un certo contesto o di trarne profitto.
Trovo che la nascita di una qualsiasi parola, che traduca qualcosa di intraducibile, rimanga un tesoro comunque, al di là di quello che potrà avvenirle, ed è forse nelle parole vissute, segrete e non scritte, che si nasconde la grande ricchezza di chi scrive.
l.s.

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