giovedì 18 novembre 2010

Dubbi e promemoria (relativo).

Il dubbio, su quello che avrei potuto migliorare, in qualsiasi cosa già fatta, è ormai una costante.
Questa sera, o questa notte -per essere più precisi parlo di circa un quarto d'ora fa- trafficavo nel primo di due grossi blocchi di un grosso lavoro in revisione, e mi accorgevo di quanto non concordassi con molte delle parti che mi sembravano del tutto esatte e ben congegnate e funzionali, quanto meno nel periodo della loro prima sfoltitura. E sono convinto che quelle che adesso sfoltisco, mi troveranno discorde sullo stesso divano, in una certa sera o notte, prima di un certo strano ripetitivo post, se deciderò di dedicare al mio lavoro un'ulteriore scrematura, ma tutto questo fa parte del gioco. Il dubbio, il mistero, le mutazioni, il cambiamento, sono parte delle regole imperscrutabili del maledetto affare nel quale si è caduti. E forse se non ci fossero o se in ogni caso diminuissero, farebbero sentire la loro mancanza.
Prima della buonanotte, un piccolo promemoria relativo alle mie abitudini di scrittura, almeno in questa fase:
Mattino prestissimo: lettura, lettura, rilettura. In attesa del caffè una scorsa a qualche testo abbandonato dalla notte in qualche angolo alla portata, da controllare, decifrando gli ultimi aggiusti nel tempo morto.
Mattino (di solito presto) dedicarmi ai file recenti, quelli di primo getto, quelli ancora con il viso sporco, gli occhi cisposi e assonnati, le spighe nei capelli. Le chiamo bozze prime o selvatiche. Nel caso specifico: bozza estate luglio 2010, quella che ho cominciato più o meno in quel periodo lì e che adesso mi terrà compagnia con le pioggie tardoromantiche di autunno, come sta regolarmente avvenendo. Non ho idea di come finirà ma scorre con molta fluidità, a volte come un ruscello terso e celeste pastello di montagna, altre come uno sbocco schiumoso di chiavica, ma va bene lo stesso. Tutto ancora (ir)regolare.
Pomeriggio tardi o tardissimo, o sera: lettura, lettura, riletture.
Ancora un occhio al blog, alle relazioni in rete, alle bozze più mature, di solito quelle tra la seconda e la terza scrematura. Un occhio ai testi pronti per gli eventuali concorsi più vicini.
Il resto varia. Di solito i testi vengono trascinati, in base al tempo che mi ritrovo disponibile, in vari punti e momenti liberi della giornata, anche in base al mio stato emotivo, al mio umore, alla loro specifica situazione, alle loro condizioni generali di salute. L'importante è baciare ogni santo giorno, almeno con una manciata di parole vive e guizzanti, anche un solo rigo, come un pesce rosso catapultato da una busta di plastica alla vasca ovale di un parco, e cercare di amare ogni attimo passato con loro, anche quelli più difficili e tormentati, perché quegli attimi non ritorneranno più. E leggere anche un solo rigo al giorno, con la massima attenzione, come se fosse l'ultimo della mia vita, e scrivere ogni frase come se fosse l'ultima, salutare un amico, un'amica, come se fosse per l'ultima volta, anche se in effetti tutte le volte saranno le ultime e le prime in assoluto, se vissute con una certa freschezza e unicità di approccio. Con la fame. La grande fame insaziabile di scrivere che non sia più grande della fame insaziabile di vivere, di disegnare, di imparare l'inglese o di guardare gli animali, di parlare con un amico, di scendere, di passeggiare, di avvertire l'arrivo dei primi freddi.
E di sorridere ancora al mondo, che questa della scrittura in fondo, non è nemmeno la peggiore tra le maledizioni! Ne sono ancora convinto. Nonostante.
l.s.

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