venerdì 12 novembre 2010

A qualsiasi costo?

Riflettevo alla sorte di tutti i miei appunti, che vivono  diversi destini e strade parallele e contorte, molte volte imprevedibili. Ho riflettuto  così sul mio approccio emotivo al testo, fin dai primi attimi in cui comincia a prendere forma e poi cuore, accorgendomi che è proprio il tipo di atteggiamento, di freschezza mentale, di voracità e di tenacia, a decidere per qualsiasi progetto, molto di più delle razionalizzazioni mentali e dei disegni, anche stupefacenti  e intriganti, fatti a motore spento. Intendendomi a motore acceso, quando sono concentrato sull'operazione di scrittura, in fase di immersione e quindi non di analisi e di razionalizzazioni successive o precedenti- ma in fondo rimango a motore acceso anche in forma passiva, quando non scrivo quando in effetti sto scrivendo ugualmente, ma questo è un altro discorso.
Se quindi riesco a mantenere quell'atteggiamento rilassato ma insieme impetuoso, che mi tiene vivo e mi fa credere profondamente in quello che sto facendo anche se non vi sono motivazioni evidenti ed effettive per credervi, nonostante l'eventuale complessità o i "ragionevoli" dubbi che avvolgono qualsiasi cosa si intraprenda da soli e nel buio,  senza nessuno che ti guidi, o che ti incoraggi, allora quel testo ha trovato in me la sua strada di casa o comunque di viaggio verso una qualche vita possibile. 
Una questione di energia psichica, in primo luogo, da cui deriveranno gli approcci di entusiasmo, la resistenza a tutte le  discrepanze, disarmonie e possibili incoerenze che prima poi verranno a farmi visita. 
Quando un testo, anche bellissimo, con un tema intrigante e pieno di magnifici effetti letterari, comincia a raffreddarmisi dentro, e tutte le volte che cammina ha bisogno delle stampelle, e i personaggi cominciano tutti a tossire, a scricchiolare nelle ossa, nei denti, nelle parole, e anche i cieli scricchiolano e  i mari, e le  montagne perdono di altezza,  le cime non sono più aguzze, e le anatre affondano negli stagni, allora vuol dire che non sono più il padrone naturale di quell'idea, che non è più quella attraverso cui posso esprimermi e almeno consolarmi, alla fine, della follia di clausura che mi sarei inflitto in suo onore.
A volte è giusto l'affinare la sensibilità a certe distinzioni, perché,  fino a quando un testo brucia sul serio, varrà sempre la pena di custodirlo e di amarlo, a qualsiasi costo, ma quando comincia a sciogliersi e a sgocciolare, sarebbe il caso di guardarsi meglio dentro.
l.s.

0 commenti: