lunedì 25 luglio 2011

Da "Il cattivo tempo".

I giorni seguenti si parlò davvero pochino, quasi niente. Furono giorni crepuscolari, ammantati da una pioggia costante e notturna. Dal cattivo tempo, dei cieli e degli animi.
Ciascuno, preso possesso dei suoi contatti dallo stesso giornale, era piombato nel proprio sepolcro, senza comunicare nessun particolare o sensazione all'altro. Elisabetta si prodigò molto per la situazione della farmarpista, che da quando aveva impegnato lo strumento, non dormiva più e lacrimava dal nuovo occhio ascellare di sonnambula, che durante la notte sprigionava una sostanza, strana, condensata tra il latte e la farina di cocco.
Rompemmo il silenzio il quinto giorno da quella notte. Quando Oriella, tutta eccitata, ci annunciava l'arrivo di un nuovo strumento, in giornata, tramite corriere. Il regalo di un amico, credo sconosciuto a me e ad Elisabetta, ma credo anche a lei. Possibile il risultato di uno dei nuovi contatti personali? Non ci disse altro. Saltava per casa, poi di colpo si fermava e si metteva a pensare, incantata e pallidissma come un cigno.
Avrebbe subito preso contatti con gli amici dell'orchestra, dicendo a tutti i suoi colleghi che adesso poteva continuare a studiare sul serio, e che le spedissero pure le parti, le avrebbe divorate, con uno strumento migliore sarebbe cambiata la musica. Ne era così sicura. Rimase per tutto il pomeriggio attaccata al telefono del soggiorno, in posa pubblica e solare. Quando ritornai a casa, la trovai allo stesso posto. Sulla punta del divano nero, parlando sottovoce al telefono rosso, con una mano che le copriva l'altro orecchio, i pantaloni corti del pigiama e una sola scarpa da basket ai piedi. Si era messa in ghingheri, nell'attesa di quella misteriosa e inattesa consegna. Aveva preparato una grossa mancia per il corriere, anche se già pagato, sperando che quel gesto le portasse fortuna.
Attendemmo tutti e tre insieme, fino a tardi, l'arrivo della nuova arpa. Ci chiedeva di continuo fino a che ora i corrieri consegnassero. Che età avessero di media i corrieri che consegnavano la sera tardi o la notte. Se avrebbero accettato un invito a cena, o il preludio per arpa di una sonata, anche un sorsino di orzata o di tropical. Una toccata di Bach, o anche di cosce e di culo, ci diceva.
Quel corriere non arrivò mai. Nè quella notte, né i giorni e le notti seguenti. Non riuscimmo a capire chi diavolo le avesse tirato un brutto gancio del genere, mentre Oriella insisteva sulla tracciatura, che avrei dovuto seguire meglio la spedizione, chiedendo a qualche amico con Internet. Ma io non avevo amici con internet, e nemmeno senza.
I miei unici amici erano loro due. Non mi rivolse la parola per giorni, fino a quando il nostro alano non uscì in cinta.

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