La parola mi appartiene quanto la sensazione. La parola saetta come saetta è la sensazione. Credo che il mio rapporto con la parola scritta sia il rapporto con la sensazione o saetta, da cui la natura, la fluidità, o l'arsura di un certo segno, non necessariamente previsto e già pensato. Meglio imprevisto. L'errore è certo, ma anche l'ardore dell'istante passato. Se sincero.
Come
dopo
il lampo
il boato:
Non credo al potere numerico
e matematico
di un segno del genere,
che non si distanzia
da uno spasmo allo stomaco
dopo un ricevimento
o da una boccata d'aria
nella notte fonda.
Non credo di essere il padrone di una bella parola o di una frase articolata, non così tanto quanto una bella donna di un ginocchio o di un sorriso importante, senza una luce (in)giusta e uno sguardo affamato che li ravvivi e li racconti.
Non credo che un'arte si possegga in pieno, così come una bellezza o una mano addosso. In questo magma e labirinto sensitivo, mi accorgo della complessità del codice e della certezza di una ricerca senza reti.
Una frustata di fumo, senza il congegno lesto del fuoco.
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