L'arpa fu trasferita in deposito a notte fonda. I due trasportatori ringraziarono per la cena. Scesero abbracciando lo strumento ubriachi fradici e con un cosciotto dorato di pollo e ancora grondante di olio da un taschino della tuta rossa. Elisabetta sembrava rapita e commossa dal rapimento e dalla commozione di Oriella, ancora di più della stessa Oriella verso il funerale della sua arpa. Un funerale provvisorio, le dicevo, ma era pur sempre un funerale impegnato.
Attenzione al gradino terzo, gridava Oriella. Attenti anche all'angolo retto, intimava sporgendosi con tutto il corpo, ai due facchini brilli, nei passi baluginanti e nelle risate lontane, che sembravano fremere con i pizzicati dalle coperte.
Ritornammo a letto stremati. Oriella rimase in piedi per tutta la notte. A guardare la strada nella pioggia, che si era fatta lucida e come nuova, e a bere i fondi dei bicchieri sporchi lasciati a tavola. Il mattino seguente non disse quasi una parola. Si rifece solo lo smalto verde, dello stesso colore mistico dell'occhio nascente, e scese a comprare una rivista per cuori solitari. Elisabetta verso sera mise gli occhiali e cominciò a frugare negli appunti personali della farm ex arpista, che aveva cerchiato di rosso alcuni annunci, prima di uscire di nuovo; altri di nero e altri ancora di verde monastero. Dicevo ad Elisabetta che non era giusto frugare nelle sfere intime delle persone e nel loro dolore erotico, ma Elisabetta diceva che non trovava dissonanze nella sua curiosità al segreto, e così prese a cerchiare altri annunci con altre tinte di pennarelli e pastelli. Prese anche i pastelli a cera, e cercò un colore personale e doloroso, che trafiggesse il suo stile di cerchiato rendendolo ben distinguibile dall'altro. Oriella quella sera sarebbe rientrata molto più tardi. Era a un concerto barocco. Aveva lasciato un messaggio sulla lavagna, del tutto sgrammaticato, in cui invitava entrambi a raggiungerla in teatro. Ma eravamo davvero a pezzi. E poi gli annunci per cuori solitari avevano il loro fascino sonoro di arpeggio infinito. Elisabetta mi chiedeva che cosa doveva scrivere o dire a uno sconosciuto a proposito della sua gamba di legno, e se era di cattivo gusto siglare la sua casella di (in)fermo posta con ElisAchab.
Attenzione al gradino terzo, gridava Oriella. Attenti anche all'angolo retto, intimava sporgendosi con tutto il corpo, ai due facchini brilli, nei passi baluginanti e nelle risate lontane, che sembravano fremere con i pizzicati dalle coperte.
Ritornammo a letto stremati. Oriella rimase in piedi per tutta la notte. A guardare la strada nella pioggia, che si era fatta lucida e come nuova, e a bere i fondi dei bicchieri sporchi lasciati a tavola. Il mattino seguente non disse quasi una parola. Si rifece solo lo smalto verde, dello stesso colore mistico dell'occhio nascente, e scese a comprare una rivista per cuori solitari. Elisabetta verso sera mise gli occhiali e cominciò a frugare negli appunti personali della farm ex arpista, che aveva cerchiato di rosso alcuni annunci, prima di uscire di nuovo; altri di nero e altri ancora di verde monastero. Dicevo ad Elisabetta che non era giusto frugare nelle sfere intime delle persone e nel loro dolore erotico, ma Elisabetta diceva che non trovava dissonanze nella sua curiosità al segreto, e così prese a cerchiare altri annunci con altre tinte di pennarelli e pastelli. Prese anche i pastelli a cera, e cercò un colore personale e doloroso, che trafiggesse il suo stile di cerchiato rendendolo ben distinguibile dall'altro. Oriella quella sera sarebbe rientrata molto più tardi. Era a un concerto barocco. Aveva lasciato un messaggio sulla lavagna, del tutto sgrammaticato, in cui invitava entrambi a raggiungerla in teatro. Ma eravamo davvero a pezzi. E poi gli annunci per cuori solitari avevano il loro fascino sonoro di arpeggio infinito. Elisabetta mi chiedeva che cosa doveva scrivere o dire a uno sconosciuto a proposito della sua gamba di legno, e se era di cattivo gusto siglare la sua casella di (in)fermo posta con ElisAchab.
Non le risposi. Guardavo dalla finestra un lampione infrangersi, per il colpo di una sassata. Misteriosa. Ordinammo due ripieni e del pesce lirico di Mar Baltico per cena.
2 commenti:
Non c'è che dire la "cerchiatura" ti viene...da dio!;-)
A presto.
R.P.
Imbarazzato,
non c'è che dire.
luigi
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