Il giornale disegnato rimase sul tavolo. Oriella ritornò molto tardi quella notte. Dalla mia stanza vedevo la luce arancio scuro della cucina e la gobba delle sue ombre che si curvavano sulla carta. Spaventose, pensavo. Adesso immaginando:
lo sforzo dello sguardo e la reazione alla profanazione del suo planetario perverso cartaceo.
Potrebbe essere pericoloso, dicevo ad Elisabetta, che mi allungava una mano fredda sotto la maglietta, e affannava. Glielo hai preso dal cassetto, non lo aveva dimenticato, dimmi la verità!
La sua gamba di legno come icona di un annuncio personale straordinario e straziato. Forse sarebbe stato il suo punto forte, oggetto contundente con cui difendersi. Sarebbe bello mettere il cucchiaio dentro un girone così oscuro e caramellato. E Oriella, che cosa avrebbe mai pensato nel sentirsi scoperta, dico da entrambi, faceva ElisAchab. Me la presta poi una minigonna, secondo te? L'altro pomeriggio mi ha prestato le scarpe da pallacanestro, da portare senza i lacci. Sul polpaccio nudo i riflessi in ebano del legno dolce.
Ti prego,
tu lo sai che
non è il caso.
Dopo un concerto
ha scopato con le scarpe
da basket nascoste
sotto l'abito da sera...
Ma tu sei sicura
di questo nick name?
Non è un nick name!
Coi fermo posta
la canzone
è un'altra.
Dimmi qualcosa,
le chiedevo ancora,
nello (s)tramonto della notte.
Ho le ossa
tutte rotte.
Prendimi un po'
le sigarette.
Tutto qui?,
le facevo,
e così
dalla cucina
i battiti della
farmarpista
scomparsa
che si avvicina:
(dopo l'acquisto di quel giornale era un'altra.
Eravamo altri anche noi.
Come la gobba
delle sue ombre
dalla cucina,
il battito sciatto
dei suoi passi).
Elisabetta aveva cominciato a fumare. Era onnipotente nella nobiltà del gesto, tirando con la sua boccata di menta senza un tempo.
Una brace, un occhio rossoardente nella notte. Quando Oriella apre la porta e le chiede del giornale. Dei cerchi colorati sugli annunci personali. Se li avesse fatti lei oppure io...guardandomi con lo sguardo pieno di vodka.
Mi presi la colpa. Le dissi che cercavo qualcosa da fare, che fosse al di là.
Al di là di cosa, poi?
Io le risposi al-di-là, separando con cura le tre parole, per non tombarmi nel guado spiritico.
Mi guardò fisso, poi scassò la bocca in una grande risata. Si buttò con le ginocchia sul letto, sfiorando la coscia quercia di ElisAchab, che assonna come un gatto, ma le sorride in sogno e le ustiona un gomito con una Capri..
Allora cominceremo insieme, diceva Oriella, a cercare qualcuno per ciascuno.
Ciascuno
per uno di noi
un altro qualcuno.
Diverso.
Nei personali?
Tu che ne dici?
Non è roba per maiali?
Ma dài...
Mi fa un effetto strano.
Il cane alano che dormiva sul divano.
In una gabbia sonnecchiava
una coppia di Gibber Italicus.
Nelle sbarrette era infilzato
un tocchettino rosa di torta.
Elisabetta poi ci prese per una mano.
Nel primo sonno pareva come morta.
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