martedì 7 giugno 2011

Il vortice geografico e umano in Conrad

Credo che questo romanzo sia un occhio di giovane falco, pieno di luce vitale e di fame. Un occhio insulare e geografico, che parte dalla vegetazione e dalle piogge tropicali, per scendere nei canali più scomposti e inscrutabili del continente umano e delle sue diverse stagioni. Non mi dilungo sulla trama, sui personaggi, sullo stile, sulle particolarità del punto di vista. Non sono queste le cose essenziali di Vittoria. Le potrò affrontare più avanti, con più calma, ma quello che conta è la radice vitale di ogni parola raccontata ed evocata, la sua potenza in carisma e in profondità. I due territori, il geografico e l'umano, si intersecano e si toccano,  in un lungo tragico divertimento, baciati dagli stessi mari. Che sia quello di Giava o quello Cinese Meridionale, le speranze e le grandi apnee dell'uomo, sembrano intingersi degli stessi flussi emotivi e limacciosi gorghi notturni che rispondono alla nobile cura del sonno di Mr. Jones o alla furia castrata e repressa di Schomberg.
Lo scenario è vorticoso, come è vorticoso  quell'impianto geografico dove Conrad si muove e traccia coordinate e nuovi confini. Abissale e caratteristico, pericoloso. Suggestive le sere e le notti, ciondolanti alla luce stanca delle lampade sospese tra gli alberi lontani. Qualche sussurro, un grido, un viso di donna nelle tenebre, una stanchezza soffusa. Il cerchio di fuoco si espande, in senso antiorario. La pennellata è sempre circolare, come gli spostamenti, e lascia sempre questo grande senso di perdita e di conquista nel solcare un tratto marittimo o una corrente nuova di pensiero. Tutto in una luce strana e profonda, una luce insulare. Partendo dall'uragano caratteristico di Winslow Hormer, scelto a illustrare la copertina, per continuare nella varietà di un paesaggio violento e balsamico, come teatro. Una ferita calda e impazzita di terre tra due Oceani: l'Indiano, a Sud-Ovest, e il Pacifico, a Nord-Est, dove staccano, ancora in senso antiorario e vorticoso, le giostre delle Filippine, la punta di Saigon e ancora più in basso della Malesia, Malacca e Singapore. Scendendo ancora verso Sumatra, lunga striscia trasversale di un rettile al sole, e quindi Giava e il suo mare, che tocca il grosso Borneo e ancora Makassar, la piccola Timor, trasparente, come Ambin e le Molucche, con alle spalle il grosso spettro della Nuova Guinea, che pare dilatarsi per inghiottirle a distanza, e più sopra, chiudendo il cerchio, Mindanao, a Nord- Est del mar di Celebes.
Tutto questo può entrare e può sbattere in un solo sguardo, come una falena, solo se intriso da un pensiero nitido e umano.  È proprio lì che Conrad, come lui stesso affermò, avrebbe riversato e traversato l'essenza purissima della vita.

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