il disabitato e l' immaginismo. Ipotesi di condotta dell'immagine
Sono le prime fasi, alla chiusura di un lavoro, nelle quali cerco, non ancora a freddo e non troppo a caldo, con le mani appena ripulite dall'impasto, di riflettere. La riflessione può essere un atto egoistico, un'espiazione di colpe pregresse o di fobie fantasmiche, o anche il piccolo filo del pendolo di una lettura, per chi potesse essere interessato a scoprire nei dettagli e in un qualche possibile futuro, di cosa tratta il mio lavoro.
Sono le prime fasi, alla chiusura di un lavoro, nelle quali cerco, non ancora a freddo e non troppo a caldo, con le mani appena ripulite dall'impasto, di riflettere. La riflessione può essere un atto egoistico, un'espiazione di colpe pregresse o di fobie fantasmiche, o anche il piccolo filo del pendolo di una lettura, per chi potesse essere interessato a scoprire nei dettagli e in un qualche possibile futuro, di cosa tratta il mio lavoro.
Parto da una piccola considerazione. La condotta.
Ogni storia ha bisogno di un impulso, di una certa tensione che la spinga a muoversi in una certa direzione. Come la dinamica di un riflesso, di una reazione, di una sollecitazione nervosa, questo impulso può esserci all'origine, da qualche parte, o a volte essere sviluppato in itinere, per far sì che l'organismo si muova, si snodi e sopravviva ai suoi spostamenti senza troppe fratture. Nel caso specifico de Il disabitato, il tipo di condotta e quindi di tensione motoria o frizione, è stato affidato a un fattore molto particolare – questo l'ho appurato nel tempo, scrutando altre angolazioni della storia da altre prospettive, pur non avendolo impostato in itinere, ma come fattore o movente di scrittura, forse in parte inconscio o subìto nello stile – che è legato e avviluppato attorno alle immagini.
Che cosa intendo per una condotta sviluppata o avviluppata sull' immagine o attorno a una sequenza di richiami simbolici immaginari o immaginati? Non credo che sia semplice partire da una sola definizione corretta e letteraria per centrarla all'interno della mia questione. Intanto la sua molteplicità di significati e di valutazioni, potrebbe, in qualche modo, aiutarmi:
più che figura esteriore o rappresentazione mentale, sarei più propenso ad associare l'uso dell'immagine in questo contesto, come evocazione o meglio espressione simbolica di un'idea astratta, che fra l'altro ritorna tra le definizioni più classiche e letterali del termine (meraviglioso e incantevole l'utilizzo letterale: imagine, di cui è costellata tutta La Montagna incantata di Mann, quanto meno la vecchia edizione in mio possesso).
Ritornando quindi a questi due fattori, la condotta di un' immagine come perno o motore di una certa azione coerente, vuol dire lasciare alle figure e ai simboli evocati, la tenuta del discorso, il punto di vista parallelo e occulto, accanto a quello tecnico del narratore. Il basso continuo, che muove e smuove i suoi temi, attraverso un altro occhiale, sovraimpresso o anche simultaneo.
Questo fattore crea una certa visibile alterazione, per tutte le voci e le dinamiche che si succedono. Come se tutta la storia, con i suoi figuranti e il suo contesto, sia attraversata costantemente da un rigo sottile ma invasivo di febbre, o meglio di febbricola insistente. L'alterazione è la costante, che giustifica e trasfigura nel suo tempo, il moto diretto o contrario degli eventi, come nel fuso di un'ostrica, così come ho acennato nella breve sinossi che avevo preparato per l'editore. In fondo, in questo tipo di scelta, gli elementi rievocati e trasfigurati, o le suggestioni di un effetto immaginativo o immaginifico, saranno carne e corpo di tutti i moventi e i passaggi principali che consentiranno al muscolo narrativo di flettersi o di tendersi in una certa direzione. Saranno il loro albero motore, o anche la loro prua. Questa considerazione è ancora molto acerba e fresca, ma sarei contento che fosse un fattore considerato, non per giustificare alcune mie scelte e alcuni miei criteri, ma per fare maggiore chiarezza e associare agli elementi utilizzati, il loro ruolo specifico, la loro funzione in un'economia generale e quanto più coerente, e non soltanto effettistica e quindi gratuita.
Questo fattore crea una certa visibile alterazione, per tutte le voci e le dinamiche che si succedono. Come se tutta la storia, con i suoi figuranti e il suo contesto, sia attraversata costantemente da un rigo sottile ma invasivo di febbre, o meglio di febbricola insistente. L'alterazione è la costante, che giustifica e trasfigura nel suo tempo, il moto diretto o contrario degli eventi, come nel fuso di un'ostrica, così come ho acennato nella breve sinossi che avevo preparato per l'editore. In fondo, in questo tipo di scelta, gli elementi rievocati e trasfigurati, o le suggestioni di un effetto immaginativo o immaginifico, saranno carne e corpo di tutti i moventi e i passaggi principali che consentiranno al muscolo narrativo di flettersi o di tendersi in una certa direzione. Saranno il loro albero motore, o anche la loro prua. Questa considerazione è ancora molto acerba e fresca, ma sarei contento che fosse un fattore considerato, non per giustificare alcune mie scelte e alcuni miei criteri, ma per fare maggiore chiarezza e associare agli elementi utilizzati, il loro ruolo specifico, la loro funzione in un'economia generale e quanto più coerente, e non soltanto effettistica e quindi gratuita.
Queste scelte saranno il dente incisivo, dove batterà il ferro della storia. Il fattore più rischioso, ma anche quello più ricco di sorprese e di possibili varianti interpretative. Il rischio è quello di poter essere letti o di scivolare nel fattore dell'immaginismo, quando sarebbe preferibile assecondare un artificio più immaginifico, avvertendo, personalmente, dei confini ben netti che separano il contenuto dei due termini.
Buona giornata.
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