Ho sempre protetto il tuo sonnellino. È come un cucciolo di pecora, un animale selvatico e silenzioso, che mi dorme e quando dorme mi scivola dentro. Quando cominci il sonnellino, cominci a finirmi dentro, o forse finisci col cominciarmi dentro, senza svegliarti più. Tutto questo ha un profumo strano e insidioso, che non si dimentica.
Quando cerco di spiegarti e dirti le cose da sveglia, trovo sempre degli ostacoli, delle recinzioni, che mi impediscono di essere puro. Anche l'articolazione della parola, una volta che il pensiero da dire scintilla e non ha interferenze, diventa fiacca, slabbrata. Mi fermo spesso e mi pento di quello che ho detto, mi arrabbio di quello che non sono riuscito a dire. Nel tuo sonno o miracolo di sonnellino, ritrovo invece la mia voce, che viene da lontano e ci avvicina, come non avrebbe mai fatto in una diversa circostanza. Da lontano si assottigliano gli spazi, si ritirano i mari, gli alberi si abbassano nel vento, come nella scoliosi di un pino bonsai. Soltanto il rintocco-puntura di una sveglia di Topolino, che indica le tue ore con il dito del suo guanto giallo e pizzicando il tuo viso che sogna, contro la mia bocca che cerca ragioni espressive e nugoli di assiomi.
Da fuori un ragazzo sta fischiando, una donna che lo chiama, e gli grida in dialetto di andare a tavola. I trattori rombano verso le corti soleggiate, uno scroscio d'acqua pulisce una striscia fumante di terreno, dalla piccola finestra di fronte sgranano un disco di Vasco Rossi. La vita continua e il tuo sonno insegna, mettendomi a tacere.
Da fuori un ragazzo sta fischiando, una donna che lo chiama, e gli grida in dialetto di andare a tavola. I trattori rombano verso le corti soleggiate, uno scroscio d'acqua pulisce una striscia fumante di terreno, dalla piccola finestra di fronte sgranano un disco di Vasco Rossi. La vita continua e il tuo sonno insegna, mettendomi a tacere.
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