domenica 19 dicembre 2010

Punti di vista (Buona fortuna, dottor Max)

Che cosa pensa di conoscere più di me, per venirmi a parlare in questo tono?

Mi perdoni, ma a quale tono allude. Non credo di parlare a toni.

Insomma, adesso non finga di non capire. La sua arroganza, per le sue vampate surrealiste, che crede così uniche e raffinate da dover convincere a tutti i costi tutti i malcapitati.

Forse i...capitati. Lasci le dinamiche successive agli eventi che seguiranno.

Mi scusi?

Dico, se lei dice malcapitati, anticipa una situazione e un contesto che non è in grado di prevedere, son chiaro?

Insomma, lei viene qui, bussa, entra e comincia a farmi anche la morale. Vuole forse insegnarmi che cosa sia la letteratura? Mi dica se sto sbagliando!

Potrebbe sbagliarsi o potrebbe avere ragione. Non sta a me giudicarlo. Da questo punto di vista sono coerente, non tiro ancora le somme.

E rispetto a che cosa si definirebbe coerente rispetto a me, sentiamo? Pensa che io abbia tempo da perdere con tipi così logorroici, e per giunta così estrosi, o meglio disastrosi e grafomani? Ma lo sa che l'incipit che lei mi ha inviato, dura più di un romanzo breve?

Mi dispiace, ma putroppo io certi confini e certi parametri non li conosco e neppure mi interessa conoscerli. Non ho idea di quanto duri un romanzo breve, forse posso dirle quanto duri un romanzo greve, lo avverto molto più probabile. Ma questo sarà di sicuro un mio limite, lo ammetto. Resta il fatto che per me è un incipit. L'incipit non è un'unità di misura. È un attacco pulito, inconfondibile, con una sua grana, che porta la firma di un certo stile, di quel certo occhiale che si muove attraverso la narrazione. È l'impianto tonale, il cuore della storia. Almeno della mia storia.

E mi dica, se questo sarebbe il suo cuore, o come lo chiama lei, l'impianto tonale, quanto diavolo dovrebbe durare tutto quest'affare?

Basta, finisce qui. Il mio incipit è tutto il mio lavoro. Non una parola in più, non una di meno. Io so scrivere soltanto incipit. Tutte le mie storie sono incipit, dalla prima all'ultima parola.

Lei vuole scherzare, vero? Vuole farmi credere che...

Invece sono molto serio, ma, adesso mi scusi, posso farle una domanda io?

Se lo crede, prego. Faccia pure.

Insomma, di questo lungo incipit, come dice lei, quanti caratteri è riuscito a mandare giù?

Mi scusi, non la seguo.

Caratteri, quanti caratteri ha letto in tutto?

Insomma, i suoi personaggi, intende, benissimo; non saprei con precisione, ma ad essere sincero i loro caratteri non sono così in contrasto tra di loro, se è proprio questo che le interessa. Nel senso che gravitano tutti in questo limbo sospeso, dove non accade nulla di speciale e niente di pericoloso e di appassionante ti costringe a continuare e a correre con gli occhi lungo le pagine. Io non penso che i suoi personaggi abbiano dei caratteri veri e propri, mi perdoni tanta sincerità. Lo scrittore deve essere un grande ciclista, credo che sia la prima regola per riconoscere certa stoffa, e in questo caso, purtroppo...non mi sembra di riconoscerla.

Intendevo il numero dei caratteri, forse non ci siamo capiti.

Ho capito benissimo, caro signore, per chi mi ha preso! Se le ho detto che i suoi personaggi non hanno lo smalto di un carattere, questo significa che il numero dei caratteri sarà pari allo zero. E così non si possono e non si potranno mai contare. Va meglio?

Intendevo...quante battute?

Battute, adesso vuole sapere anche quante battute? Ma nessuna, naturalmente. Adesso sì che mi fa ridere, ci sta riuscendo egregiamente. I suoi dialoghi sono scialbi, svogliati, murati nelle solite convenzioni, nei luoghi comuni, nelle banalità, nell'artificio! Adesso spera addirittura che io abbia contato le battute dei suoi personaggi senza volto e senza anima? Ancora una volta dovrò deluderla,  mio caro amico, ma se almeno avesse avuto un minimo di spirito, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ne deve fare ancora di strada, mi creda.

Non ne dubito, anche se credo che stiamo parlando di cose e di questioni diverse. Forse è questo il mio problema, non sono molto chiaro. Ha ragione lei...

Ohhh, noto che ci è arrivato anche lei. Lo vede che quando vuole, e con un minimo di lucidità, le cose prendono forma, finalmente? Mi creda, lei è una persona con delle idee, ma per la scrittura, non basta avere questo tipo di facilità al semplice pensiero che scorre e che detta,  che scorre e che detta, sembra un gioco da ragazzi, e così voi la chiamate arte. Ma deve rendersi conto che tutto questo non ha niente a che vedere con una questione artistica, altrimenti lo farebbero tutti, mi spiego? Sarebbero tutti degli artisti, quando invece...come ben saprà, o forse come ancora non saprà, questo estro selvatico necessita di tanto altro e non solo di questa strana goffa ginnastica di cui tutti vi vantate: 1000, 2000, 3000, ma che dico: 5000 parole in una sola mattina, di getto, senza fermarvi, e così credete di avere il mondo in pugno o ai vostri piedi. Ma le pare possibile una cosa del genere, avanti! La faccenda è invece molto più seria e delicata. Per creare tanti caratteri e tante battute, come lei credeva di essere riuscito a fare, addirittura da farmele contare, ci vogliono due cose fondamentali: molta, ma molta umiltà, che purtroppo in lei non mi sembra di notare- lo sa che sono sincero-, e poi, ma non di secondaria importanza, una base culturale, ma non la solita cultura scolastica, quella che scintilla di erudizione, di nozionismi, e di tanta teoria. Ma una cultura viva, dinamica, creativa, ariosa, pragmatica, quella che non si evince né dal suo dattiloscritto, né dalle ridicole pretese che mi ha esposto in questa sede, mio caro amico.

Ho capito, ho capito benissimo. D'altra parte dovevo aspettarmelo, sarebbe stato troppo facile. Credo che sia venuto il momento di salutarla. Per le bozze, se vuole?

Che cosa dice, prego?

Dico, le bozze, può anche sfoltirle o inciderle a suo gusto, per me non è un problema.

Credo di non aver capito, che cosa c'entrano le mie bozze craniche, adesso? Mi avevano garantito che dopo l'incisione si fossero riassorbite alla perfezione, ne è davvero così sicuro, signore? Venga più vicino, avanti, si vedono ancora quei brutti segni?

Credo di no. Adesso non sono più sicuro di niente, sarà stata una mia suggestione, un effetto ottico, le chiedo perdono, sono un po' stanco stasera.

Mi ha fatto prendere uno spavento. Dicevo...non era possibile, me le hanno tolte con tanta premura e attenzione, sarebbe stata una tragedia. Lo vede che lei non ha un occhio attento come dovrebbe, ma cosa fa, adesso non mi ascolta nemmeno più? Lei dice che si tratta di stanchezza?

Di stanchezza, esatto, dottor Max. Di una semplice stanchezza, per cui credo che sia venuto il momento di salutarci. Sono a pezzi.

Come vuole, allora...tanti auguri e buona fortuna.

Buona fortuna anche a lei, dottor Max.

l.s.

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