martedì 21 dicembre 2010

Il compleanno

Stasera la mia città straripa di pedoni, luminarie, visi affascinanti ben truccati, e affaticati dall'ansia prefestiva. In questi giorni si ha una strana fretta addosso, anche se il tempo disponibile è sufficiente per fare tutto e spesso ti avanza ancora. È una fretta fisiologica, senza un movente preciso, come alcuni dei più inspiegabili delitti, o solo frutto di un contagio da suggestione. Sono capitato anche io  nel frastuono, perché mio nipote di cinque anni ha dimenticato un suo guantino sinistro e una pallina magica a casa mia, da Domenica. Così mi è toccato restituire i reperti, prendere un tè e scoprire che rischiava di rinunciare a un compleanno di un suo coetaneo per ragioni tecniche e organizzative. Dopo una serie di rapide valutazioni, mi sono trovato l'ultima speranza possibile per garantirgli parte di un tardo pomeriggio insieme ai suoi compagni di classe. Avevo dei problemi e la neve in tasca, perché stasera avrei dovuto ultimare delle faccende che forse non avrei avuto modo di rimandare. Ma la sua implorazione ha scardinato il tempo e mi ha convinto. Non era vestito così elegante, di certo non per un compleanno, ma quando si è accorto che potevo accompagnarlo, si è trasformato in un aereo a reazione e ha cominciato a darsi da fare come un adulto, senza badare a premunirsi per il suo aspetto- aveva le scarpette da ginnastica e una sorta di tuta blu e rossa- ma soltanto nella ricerca spasmodica del suo giubbino azzurro.  Solo quando eravamo sulle scale e lo vedevo precipitarsi di gioia verso la sua prossima meta, mi accorgevo di quanto male gli avrei fatto se avessi dato importanza ai miei piccoli affari, facendogli rinunciare alla festa con i suoi amici.
Un bambino non sa ancora bene che cosa sia il tempo, cosa sia una scadenza o cosa siano una serie di incombenze, che potrebbero accumularsi e schiacciarti se non gestite. Ma in questo caso, se ben gestite, avrebbero schiacciato lui. Un bambino, come lui in quel momento, non sapeva, ma scendeva le scale nella mia mano, e aveva già i visi dei compagni nei suoi occhi e nel cuore, e poi niente altro. Dopo qualche istante lo catapulto al primo piano di un bel palazzo. Dalla strada si vedevano i festoni  rossi e argentati, e le pareti verdi e le voci sempre più vicine, per ogni gradino in salita. Ho sentito che mi rallentava accanto, forse provava paura. Ma una volta dentro, mi ha lasciato nelle mani il suo minuscolo giubbino ed è svanito, come un' anguilla. Non l'ho più visto. Ho visto gli occhi dei suoi compagni della prima elementare, accendersi di sopresa, perché ormai non lo aspettavano più. Era l'ultimo arrivato, ma adesso era diventato un po' anche il primo. 
l.s.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi piacerebbe avere un nipotino Luigi! Tenerezza e amore in questo post! Un abbraccio. Dorothy

daniela ha detto...

La tua descrizione fa rivivere ogni istante di quel pomeriggio "frettoloso"
Daniela