mercoledì 23 gennaio 2013

I visi che si vedono non si vedono: Fanny nostalgie

Quando scrivo di un viso lo vedo mentre lo scrivo: ho detto scrivo e non descrivo. Non si deve necessariamente descrivere qualcosa nei suoi dettagli per far sì che sia vista. Vedere qualcosa quando scrivo mi consente di creare che quello che sento e che dico non sia limitato a una sola rielaborazione formale, fisica e quindi contenuta in un solo contorno al tratteggio di un profilo, ma diventi un altro visto che forse non so, e che arriverà a toccare il rapporto con un'immagine intensa e intima di un altro, spesso dalla sola luce che avrà nella stanza, dalla sua ombra e non dalla sua forma, dal suo passo nel buio o da un suo fischio notturno. Un personaggio mi arriva e si forma come un suono che arriva da una casa, da una strada deserta, da un senso di estraneità alla mia vita, dall'odore del mare improvviso e del fuoco in una passeggiata quando fa buio. 
Come è accaduto col personaggio di Fanny nostalgie, una short story di tantissimo tempo fa.
Arrivare a descrivere gli occhi da quello che dici e da come lo dici senza bisogno che tu mi guardi.
Leggere senza immagini è come un ascoltare senza suoni. Il mio visto arriverà a un altro visto per strade che saranno lontane dal tuo naso e mi diranno se sei bruttina o solo raffreddata senza disegnarti ma facendo sì che mentre un po' ti scrivo ti vivo come una cosa delicata e già finita prima di cominciare: se un solo personaggio che ho descritto senza farlo non avesse abitato in profondità la mia vita e il mio cuore e la paura della sua morte come se fosse la mia, allora non avrebbe avuto viso nemmeno descrivendolo nei più minimi dettagli. E allora non esisterei più come non esisterebbe lui. Le persone che ho inventato o che cerco di descrivere e far vedere sono vive del mio amore nell'esser sole, impossibili e lontane, eppure bisognose solo di me e del mio dentro di me. Non c'è un solo mio personaggio che non mi abbia chiesto di potermi amare, anche solo per un rigo o una frase della loro vita visibile del loro invisibile. Se fossi almeno per loro uno scrittore, allora sarò il loro tempo e la loro mattina presto, un pomeriggio lungo di pioggia, un tavolo e una lampada di sera, la loro prima e ultima buonanotte e la loro passeggiata sul tardi fatta per prender sonno quando si pernotta fuori casa. Basta appena una mano che copra una spalla sistemando meglio uno scialle, una coperta o un golfino, e quel viso mi ritornerà vicino. Del suo grande e insondabile lontano di nostalgia.
Come una mano nel buio, che non mi va più via:

2 commenti:

Rosanna Palmieri ha detto...

Mi fa pensare a un pezzo di Troisi/Daniele, che a un certo punto fa così "primma 'e da' 'o tiempo all'uocchie
pe' s'annammura'
già s'era fatt' annanze 'o core.

A presto.
R.P.

P.S. Credo che centri stasera, per quanto mi riguarda, una certa operazione nostalgia.
P.P.S. Credo che centri, per quanto scrivi tu supra, un certo "essere Partenopeo";-)

luigi ha detto...

Il tuo stile è una fiocina! P.p.s a parte.
In effetti ne è passato di tempo, davvero. Ti ricordi l'indirizzo mail perduto...insomma le storie ritornano indietro, alcune ti rimangono dentro. Quest'ultima versione è quasi tagliata di un terzo rispetto alla vecchia.
Bellissimo quel pezzo, che onore. Detto da una ragazza di Berlino, poi...
saluti e presto
luigi