martedì 15 gennaio 2013

Revisione letteraria e montaggio cinematografico

Esiste un nucleo poetico, in qualsiasi opera di finzione o di relativa e metafinzione, che nel corso dello sviluppo di un linguaggio, può risentire di particolari condizionamenti, piccoli scossoni e anche tradimenti, dove la stessa evoluzione del processo può di colpo invertire alcune determinate priorità,  inserendo quel nucleo in una luce nuova e diversa, spesso affiaccandogli altri nuclei di una nuova poetica parallela, prima inesistenti.
È il prezzo di chi si muove nelle ombre del proprio linguaggio, senza il vincolo assoluto di un solo copione, ma affidandosi invece alle forze e ai misterosi magnetismi della materia che plasma altra materia mentre si muove, che prende forma e insieme si sforma nel suo stesso illogico mutamento e condizionamento. Del rapporto dalla stasi all'azione che muove altro materiale.
Diversi registi di ottimo livello, affidano l'operazione del montaggio della loro pellicola a particolari sensibilità; a montatori con i quali possono intrecciare un certo rapporto e colloquio che consentirà al nucleo originario della poetica di un'opera, di ritornare alle sue origini ma con l'aricchimento delle nuove possibilità, di altri nuovi nuclei e bellezze nascosti come fantasmi di bambini attraverso i fotogrammi, tra i loro tempi di attacco e di buio. Avverrà quindi, nel lavoro creativo con il montatore, una riscoperta di un tessuto nel tessuto, di un'altra dimensione nucleica, che aprirà la scena a molteplici varianti e a soluzioni inattese e completamente nuove. Spesso si può spezzare un piano sequenza con interazioni e intuizioni, per la sola evocazione di un particolare, che semmai durante le riprese non era stato nemmeno pianificato e calcolato, ma che in fase di montaggio ha rivelato l'impronta chiara della sua preziosa possibilità.
Questo approccio al montaggio, personalmente, in diverse circostanze della mia esperienza di ricerca con i miei scritti, lo vedo molto simile agli interventi nuovi e imprevisti che interessano il meccanismo di una buona revisione su di un testo scritto.
La revisione di un testo, anche molto lungo, ma anche di un racconto, in questo caso non conta, apre alla possibilità di scorporare dell'altro dal nucleo dell'origine, di cose che nemmeno il nucleo conosce e che possono determinare una maggiore forza e intensità lungo il cammino.
A differenza del lavoro cinematografico, che è uno degli esempi più magnifici di cooperazione di più abilità, (un artigianato fatto di scambi sinergici, di collaborazioni e ispirazioni in molti casi dettati, sia durante la fase delle riprese che da quella più avanzata del montaggio, dalla ricerca di quell'elemento di magia che solo l'immersione in un certo presente può rivelare), lo scrittore che revisiona è solo. Lo scrittore è da solo scrittore, è da solo regista e direttore della fotografia, è da solo costumista e anche quindi montatore e musicista. Una storia scritta deve portare a una certa coerenza e ricchezza di strati, e quando in fase di revisione si cuce, si scuce, si taglia e molte volte si scorpora l'invisibile, quello che durante la fase di ripresa o anche di getto di un certo flusso, non era venuto fuori, si rovista nel regno di una possibilità altra che in certi casi potrebbe diventare più centrale di quel nucleo primo di poetica dal quale si muoveva e si rianimava il tutto.
Le immagini del testo, in una buona revisione, rileveranno i loro piani sequenza, le scene più o meno frastagliate, l'alternanza o la preponderanza di primissimi piani, quindi di introspezioni o a soli, contro quella di campi lunghi, di piani americani, di movimenti bruschi di macchina; tutto il brusio del non visto che uno scrittore, da buon montatore, dovrà riordinare ma perché no, anche disordinare e ricomporre per riportare la poetica del nucleo originario e pensato dell'opera, alla sua nuova intensità dell'istante possibile e non previsto.
Io la vedo così.

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