sabato 5 gennaio 2013

Certezze

Non posso chiedere certezze a nessuno su quello che faccio. Sulla sua validità, sulla sua efficacia o valore. Perché identificarmi con la validità, l'efficacia o il valore di quello che faccio, come se questi riguardassero unicamente la mia eventuale o remota validità, efficacia o valore?
Sarà davvero così? Ci sarò tutto di un pezzo in quello che tento o che credo di fare, così tutto di un pezzo da far collimare alla perfezione la sua parte buona con la mia? La sua parte cattiva con la mia?
O anche la mia parte buona con la sua cattiva? La mia parte cattiva con la sua buona?
Perché chiedere, implorare, domandare, in questo vuoto abissale che divora il cuore?
La sordità divora il cuore e appanna le voci. Se non mi senti io non posso gridare fino a spezzarmi le corde vocali. Posso al limite rimanere muto. Lasciare stare.
Non ha senso chiedere. Non ci saranno risposte, oggi, ma apparecchi acustici difettosi fuori garanzia, o armi contundenti ben affilate a dirti di semplificare il tutto o, ancora meglio, di tacere.
Ho sentito un bambino piccolo, in un parco dove avevo portato mio nipote, dire a un altro: "Vuoi essere il mio compagno di guerra? Così da grandi torniamo al parco e spariamo insieme sulle persone". 
Parole testuali, raccapriccianti, mentre giocava con il fucile giocattolo e la nonna lo ascoltava e sorrideva e anche la persona a cui era affidato l'altro bambino sorrideva e ascoltava, senza battere ciglio. E ancora un altro bambino, ascoltato con le orecchie di mia madre, che mi ha riferito, giocava a un videogioco e diceva: "Che bello, l'ho ucciso. Sono felice, l'ho ucciso: morto stecchito". Felicità e uccisione in quel momento erano sullo stesso piano linguistico, percettivo, emotivo e i genitori muti, contenti, che il bambino si divertisse di quella sua vittoria, che migliorava riflessi, intelligenza e carattere e per di più lo teneva tranquillo e fuori dai coglioni: splendido, signori, e io apro un blog per parlare di letteratura. Ma certo, ne farei altri quindici così!
Qualche anno fa delle figlie di alcuni amici, ragazzine di circa dodici anni, parlavano tra loro e una diceva all'altra: "Ha detto mamma e anche zia che da grandicella devo cercare un ragazzo pieno di soldi e tenermelo caro. L'amore non esiste. L'importante di questi tempi è trovare uno ricco. Il resto non conta, di questi tempi". Da grandicella, naturalmente, adesso è ancora presto, ma certe cose è bene saperle per tempo, mi sembra giusto, complimenti alla signora madre e alla zia: quanto dolore e inutili delusioni d'amore risparmierete alla vostra bambina, non ancora grandicella, mettendola in guardia contro i fuochi fatui e volubili di sentimenti perniciosi e tenebrosi, ma per carità. Oggi bisogna essere pratici: accapparrarsi il riccone luminoso, contro  le lunghe ombre incerte di una passione, di un innamoramento che toglie sonno, tempo, salute, interessi: che il resto poi arrivi da solo. L'amore non esiste.
Questo è il quadro. Una pozza di vomito arancione, color tramonto, che divora tutto. Tutto regolare. Se spacchi il naso o i denti con una craniata sei nel giusto, efficace, performante. Nessuno batterà ciglio, l'importante è che tu sia felice: lo hai steso. Morto stecchito.
Ritorno indietro: a chi chiedere allora certezze su quello che faccio? A chi diavolo dovrebbe importare? Tra tanti che sono in gioco e si espongono, se pure arrivasse il mio turno sarebbe ormai troppo tardi. I parchi sarebbero ombrati dal sangue dei due bambini compagni di guerra, le storie d'amore ingoiate dai matrimoni di interesse, le felicità associate alla distruzione e al dolore di un altro. Il morto è stecchito per rendere felice qualcuno.
Certe cose non si chiedono. Si deve scrivere senza alcuna speranza di ascolto. Ma proprio per questo farlo con tutto se stessi, come se quando scrivi fosse l'ultimo giorno o momento della tua vita, dove devi mettere tutto. Farlo con il massimo dell'ardore, ma senza alcuna speranza di ascolto. Più non c'è speranza di ascolto, più devi isolarti e continuare, nel dolore di fare bene senza che si saprà mai. Nello scrivere una letttera d'amore che nessuno leggerà mai.
Senza certezza, validità, efficacia o valore da verificare. 
Senza speranza, ma facendolo bene, al meglio. Come se la speranza vi fosse.

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