sabato 20 agosto 2011

A Varna dal balcone. Ore di Praga

Sono due titoli di testi di Nazim Hikmet, che mi hanno costretto, mio malgrado, a ritornarvi più volte sopra, giusto ieri sera. Credo che avrei passato l'intera nottata in questi atterraggi e piccole esplorazioni del loro interno . Si tratta di una sensazione o tentazione all'irresistibile, specie per un poeta dal canto spianato e selvatico, dalla grande libertà nel verso come lui. Così dall'introduzione di Joyce Lussu: " Tuttavia la critica letteraria ufficiale l'ha ignorato, sconcertata dall'enorme libertà e varietà delle sue forme poetiche, e dall'impossibilità di farlo rientrare in un filone letterario noto e definito", ma intanto, pensavo e ancora ci penso, quanto costa costruirla questa sconcertata mole di libertà, di spazio selvatico, di canto autoctono e a volte sgolato in pianissimo? Sarà davvero un gesto pittorico così più facile? Quanto pesa lo sconcerto dell'anarchia dalla forma, dalla sicurezza di corte di certe ortodossie o regole (in)definite? In certi lampi di immediatezza e di grande calore, mi accorgo che vi sia una bellezza molto sicura, affilata, soffusa ma anche poco cesellabile e verificabile a ritroso, perché nata dalla violenza e dalla fame dell'istante e non dalla sola maestria della buona fucina. Ma il confine rimarrà nell'ombra, in traslucenza, per fortuna, - forse.
Venendo ai nostri testi:
A Varna, dal balcone "la luce senza fine", è quella che avvolge e travolge l'intera scorsa, il sapore dell'occhio stanco e più vivo sulle cose, attento e trasognato, ma senza un tempo:
"I turisti polacchi scendono verso la spiaggia,
biondi rosati e nudi".
Un'esattezza che non spigola, non tosa e non tasta troppo, ma lascia camminare di respiro le figure, al loro nitore, al battito materno del loro passo, in quella stessa luce vasta e pulita di partenza.
"Dello yogurt nella tazza azzurra", ancora in questi piccoli e nitidi squarci che sposano e si perdono nella bontà generosa dell'insieme. Una bontà fortunata, del vivere nel poetare ma soprattutto nel mietere vita intorno a ciascun filo di immagine.
E le stesse luci di "Ore di Praga", si posano e si smuovono in un simile respiro di filigrana
"A Praga mentre biancheggia l'alba
la neve cade"
o come, più avanti
"La città di Praga è incisa  su una coppa di vetro
incisa con un diamante",
dove forse affiora il luogo assoluto della sua visione particolare e speziata, e delle sue prime luci, ancora così ostinate, che sembrano sempre sul punto di spegnersi o di ritrovarsi appena accese sugli oggetti, in una sospensione instancabile, ma equilibrata:
"Poi d'improvviso, limpida,
allegra, fresca, una luce turchina
è scesa sui castagni.
Dolcemente si espande",
forse sarà questo il seme più puro e quindi più vero, di quella sua sconcertante fame-visione di libertà?

Ultima nota:
Ho regalato, per uno strano caso, dovendo provvedere all'ultimo momento alla sostituzione di un testo sbagliato, il mio primo volume di Hikmet. Il secondo e successivo, mi è stato invece regalato, in uno strano ritorno di sostituzioni, o di destino. Questa sua luce sospesa di poesia, doveva forse spettarmi comunque, senza che più la cercassi o che me ne liberassi in qualche modo?


1 commenti:

Chiara de Sio ha detto...

orgogliosa e fortunata....Un abbraccio grandissimo e grazie di tutto. Chiara De Sio