domenica 28 agosto 2011

Ma io sono ancora contento:

Riflettendo:
sul prezzo di questa resa assoluta nello scoprirmi, e scalfirmi, attraverso un cupo codice di fuga o di ergastolo. Il suo costo e il suo senso. E forse il maglio che stringe e che divora l'ultimo spasmo di sereno rimasto?
Le luci basse dalla finestra, nella formazione di un altro viso, che mi guarda spettro o specchio indiviso. 
Nel mio percorso assaporo e subisco le pareti aspre e le più variegate del prisma, e chiudo un solo occhio, per affossare l'altro nell'incesto policromatico, se so ancora perdermi. Nel buio del mio balcone sento il polmone della quercia, lo sperma celeste dell'atomo, ma anche la muratura del linguaggio a certi sensori, a una pasta di vero non ancora toccata e affossata, per la resistenza, ancora troppo animale, all'annegamento.
Credo in una perdita più raffinata ma nemmeno mai e troppo colta, come incontro assoluto con il prunalbo e con il suo letame, attraverso la traversata, con le zone più intime del mio pensiero e non pensiero, forse mai raggiunte e nemmeno sfiorate o contattate a nessuna distanza. Da cui la relativa fragilità, di quest'appuntamento al telefono e troppo intimo nel punto focale d'incontro, senza occhi chiari o scuri che possano trattenermi: le pareti fulminate e fumanti, la parte dell'occhio schiuso che non ha ancora visto ma che cerca di descrivere e sopravvivere alle ultime luci possibili, dalla campagna laziale, con la penna nera e già scarica. 
Il mio mondo di sogno e di scrittura, è l'appuntamento con un ultimo spettacolo. La sala è piovigginosa di poesia e di provincia. La torcia della maschera ancora (s)fuma sulle persone addormentate. Le acconciature delle signore sono fuori moda, già passate; la musica blu del pianino è fuori tempo.
Ma io sono ancora contento.

p.s.
sarà forse solo questo il senso?

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