sabato 12 giugno 2010

Sei stato tu.

                                              

"Guarda che ti stai sporcando tutto, stai attento!".
"Ma dove?".
"Non te ne sei accorto? Guarda, tutta la camicia. Fai attenzione, adesso anche sui pantaloni!".
"Anche tu, guardati il braccio!".
"Ma che dici, se non c'è proprio niente!".
"Guardati il braccio, ti ho detto", e intanto le si avvicina, e glielo sfiora con un po' di gelato, appena un rivolo, per poi ritornare indietro, ma cominciando a camminare a ritroso. Lo guarda fare il gambero e si distrae, che più lui la diverte, più lei si fa di un triste...
"Guarda che il mio braccio è...ma che cosa fai adesso? Cammini pure al contrario?".
"Adesso chiudo anche gli occhi. Lo sai fare questo? Occhio!".
"Attento al gelato, ti scorre ancora tutto. Che stupidaccio che sei,  puoi finire addosso a qualcuno".
"Attenta al mio cuore, soprattutto. Mi sbatte ancora tutto, è troppo; è per colpa tua".
La ragazza si ferma. Lo lascia continuare, crede di non aver sentito bene. Il braccio si colora e si scolora, ma ancora non se ne è accorta. 
"Che c'è, adesso? Non mi dici più niente, tu? Adesso faccio come il gambero; senza aprire ancora gli occhi. Ci sei ancora, vero?".
"Che cosa hai detto prima?", guardandolo con una maggiore tensione, e meno divertita di prima.
"Non ho detto niente, ma non ti sento quasi più. Alza la voce".
"Sei tu che ti fai più lontano".
"Che cosa?".
"È vero che ti sbatte ancora tutto?".
"È da un pezzo che me lo fa. Soprattutto quando ci dobbiamo salutare, diventa come un soldatino, che mi ronza tutto intorno e ogni tanto: "Pam!" uno sparo piccolo piccolo, di te".
"Uno sparo piccolo piccolo...di me? E dopo ti brucia?".
"Adesso basta, non mi guardare più così".
"Ti ho chiesto se dopo ti brucia".
"Forse, oppure non lo so. Non me lo chiedere più, e abbassa la voce".
"Attento al gelato, scemo".
"Si sta sciogliendo già tutto, lo so: come questo pomeriggio così strano e poverino con te, e come il mio gelato che mi ha sporcato i pantaloni e anche il tuo braccio; ma non fa ancora tanto caldo, però".
"Ma dove?", scrutandoselo, partendo dal polso e poi risalendo e trovando in un angolino sopra il gomito, quella sua piccola impronta: "Hai ragione, ma come ci è finito sul mio braccio? Questo è il tuo gusto!".
"Te ne sei accorta, finalmente".
"Sei stato tu!".
"ll tuo cuore mi è scoppiato sui pantaloni: Pam! Il mio invece sul tuo braccio", e poi cominciando a ridere e anche la ragazza ride e la sua risata aumenta, sfinisce e si mischia nelle lacrime, come la pioggia di gennaio alla neve.
La ragazza si pulisce il braccio con una mano. Lo guarda serissima e appena stanca, con il viso che si ombra dell'ora già tarda. Le macchie sul braccio, sulla camicia e sui pantaloni, adesso non si vedono più.
Rimangono fermi e commossi, per un attimo; ma cercando a tutti i costi di nasconderselo. Forse il ragazzo che faceva il gambero, le ha detto qualcosa di così stupido da commuoverla così. Che strano. Qualcosa che non aveva mai sentito da nessun altro, di così stupido e di così commovente insieme.
Calava la sera, quando ritornarono indietro in silenzio, e ad occhi aperti. Occhi dai colori diversi, come due gusti di gelati sciolti.
"Perché hai gli occhi così?".
"Perché sono una scema, ecco perché".
"Dài, te la sei presa così solo perché ti ho sporcato?".
"Adesso si è tolto, e poi non è per questo".
"Me la dai la mano, adesso? Solo per vedere".
"Adesso no. Tu poi mi hai sporcato il braccio, non la mano. Che cosa c'entra la mano!".
"Perché ora fai così?".
"A che ora parti, domani?".
"Presto".
"Presto quando?".
"Presto. Solo presto e basta".
La ragazza non gli chiede più niente. Si guarda l'orologio, stringendo gli occhi, che la luce è già pochina e lei fa fatica.
"Sembri una vicchiarella".
"Come hai detto?".
"Ho sbagliato, volevo dire, ma come si dice in napoletano: 'na vicchiariella*, è così? Sto dicendo a te, perché non mi parli più!".
"Hai detto tutto tu. Stasera mi sento proprio così, hai indovinato".
"Ma io stavo scherzando", e le avvicina soltanto la spalla allargando al massimo il braccio,  ingoiandosi quella sua piccola tempia smarrita e pulita, perché ancora senza casa. Non appena è sepolta nel suo abbraccio, e a voce più bassa:
"Mica ti sei dispiaciuta? 'Na vicchiariella...io lo dicevo per scherzo, lo sai", e abbassando gli occhi verso i suoi, che ritornano stretti e chiusi, come se fossero ciechi. Le sorride ancora. Poi si spegne con lei.
Quando ormai sono già di spalle e più lontani, anche le loro voci. Dalla gelateria già chiusa.
Non appena non li vidi più, inforcai la bicicletta e cominciai di campanello e fanalino il mio turno: di metronotte solitario, al suo primo lungo notturno.
l.s.

* 'na vicchiariella: dal napoletano: persona anziana, vecchina, vecchiarella. 

2 commenti:

Rosanna Palmieri ha detto...

Quando si dice la "dolcezza"!
Buona Domenica.
R.P.

Anonimo ha detto...

Sei stato tu...
dolce come il gelato...
ho sentito un vento profumato di tigli mentre leggevo...
Grazie!
STEFANIA