lunedì 28 giugno 2010

La stanza nuda (Seconda e ultima parte. Bozza)


Paul, continuando:
"Volevo trovare solo il momento giusto. Tu lo sai che non è sempre così facile trovarlo. A volte non si trova, ma quel momento si indovina o ti indovina. Ti sbuca lui davanti e ti crea l'illusione che sia lui, quando invece non è così. E tu parti lo stesso, senza pensarci. Non potevo sapere se dovevo partire o meno. Se dovevo aspettare.  Aspettavo un loro particolare del viso, un gesto , una parola. Aspettavo che mi chiedessero qualcosa loro, ma nessuno dei due aveva o trovava il coraggio. Nemmeno io trovavo il coraggio. Volevo soltanto che il coraggio trovasse lui me. Che il momento giusto mi imbracasse e mi cavalcasse. Come forse avresti voluto fare tu, prima di farti seppellire in questa tomba, perché questa stanza è una tomba e di sbagliare ancora una volta compagno.
Loro due aspettavano me, ma io aspettavo loro, almeno uno dei due. Il primo che mi desse il segnale per partire. Quello che mamma usava quando ci chiamava per il pranzo, e noi eravamo lontani. Bastava l'inizio del segnale, a qualsiasi ora, e si sentiva già l'odore del cibo, dalla sua voce e il suo braccio alzato, nella luce delle dodici che ci chiamava. E io adesso ero ancora a capotavola e aspettavo il segnale per invitarli a pranzo nelle tue viscere, nella tua testa, Olivia. Perché nemmeno io avevo il coraggio. 
Papà si alzo e prese una bottiglia di vino. La aprì stando in piedi, come faceva sempre, quando c'eravamo tutti; lo faceva per controllare i movimenti, per estrarre al meglio il tappo e non far scivolare la lacrima dal collo alla tovaglia. La mamma forse non l'avrebbe nemmeno più notata, abbandonata com'era, ormai; ho avuto anche la sensazione che non mi capisse nemmeno più, o che forse non sentisse più bene come l'ultima volta. O che fingesse di non esserci, o di non capire o di non sentire. Papà stava attento lo stesso al vino sulla tovaglia, perché l'istinto del controllarsi a tutti i costi, gli era rimasto. Allungai il braccio al bicchiere. Il vino scivolava quasi viola, come i fichi finti, per quanto fosse profondo di note fruttate, di storia e di sapore. E così, ingoiando la prima sorsata, ho trovato il coraggio di raccontare di te. Non ho avuto il segnale, è stato il bicchiere. Un bicchiere pesante come il sangue. Così ho detto quello che tu mi hai chiesto di raccontare. Niente di più".
"Tutto, tutto quello che ti ho chiesto? Come ti avevo detto, Paul? È così?".
Paul la guarda. Stavolta le fa cenno con il capo, come Olivia gli aveva chiesto prima. Poi riprende, evitando di guardarla.
"Ho raccontato tutta la verità. Del fatto che ti sei divorziata, che quella non era una semplice crisi, come avevi fatto credere; e che adesso c'era un altro uomo, ed è per questo che tutte le volte che chiamavano il tuo primo marito, per loro l'unico e ancora vero, non c'era mai. Perché già era altrove. Altrove da te, e da me e da loro. E ho anche detto che questa bambina l' aspettavi da quest'uomo  che nemmeno tu conoscevi, e che adesso la piccola Alice è con una balia, che poi sarebbe la sorella del tuo compagno, in attesa che tu ritorni e che tu volevi incontrarli al più presto, e che lui è stato comprensivo e che ti ha lasciato libera, ma che non avrebbe mai permesso che sua figlia venisse in Italia a trovare i nonni. E che forse non l' avresti nemmeno voluta con lui, perché quest'uomo è quello che tu non credevi e che non sapevi che fosse. Ma io ti ho difeso, dal loro silenzio e dai loro occhi severi, si intende. Ho detto che nessuno di noi può mai sapere niente prima, di chi sia davvero quello che si incontra o che si crede di incontrare. Non siamo indovini. Se non si vive e non si sbaglia allora non si sa mai troppo. E tu stai cercando di risalire a galla, ma che avevi bisogno solo di ritrovarti con loro, e che forse solo adesso lo avevi capito...e poi basta. Ho visto che cominciavano a impallidire tutti e due, ancora di più di come li avevo trovati. Papà ha slacciato quel brutto nodo della cravatta e ha riempito un altro bicchiere. La mamma invece è rimasta immobile, senza parlare, né muoversi. Non hanno avuto il coraggio di chiedermi più niente, nemmeno riguardo al tipo di malformazione di Alice, e riguardo te o quest'uomo oscuro, che adesso ti starà aspettando e che si crede amato e che non sa che tu non sai se vuoi vivere davvero con lui, e nemmeno a loro l'ho detto, nemmeno il fatto che tu non ami più niente della tua vita, nemmeno Alice. 
Sono rimasti solo muti, tutti e due. Trasformati dalle loro ombre e dalle nostre, che adesso erano una sola, anche se tu eri lontana, eri nella stessa ombra di quella stanza, che di colpo si è fatta nuda come questa di adesso, come la tua. Erano muti, come  all'inizio ero muto io, non appena sono entrato qui. Anche io sono rimasto muto come loro due, per vederti da sola in questa specie di bara".
"Non ti hanno detto se vogliono vedermi?".
"No, non hanno detto quasi più niente. Papà ha preso la scacchiera e mi ha chiesto di giocare. La mamma invece ha stracciato tutte le tue foto, tutte, tutte quelle che aveva, anche quelle in cornice, da bambina, da ragazza e quelle del matrimonio, e anche la copertina che aveva lavorato a maglia, la voleva bruciare. Ha distrutto dei piatti, mentre io e papà giocavamo a scacchi, e facevamo finta di niente. Ogni piatto chiudevo gli occhi. Poi li riaprivo e guardavo il viso di papà. Magro e lontano, come te nella foto. Sono riuscito a salvare solo questa, questa foto di cui ti accennavo prima. Il tuo primo giorno di scuola, te lo ricordi, scema?".
Paul la estrae dalla tasca e la distende sul tavolo. La pioggia rallenta. Olivia accende la luce e avvicina la sedia al tavolo. La guarda.
Perché scema?”.
"Perché eri morta di paura. Come ora".
Paul le carezza il viso, allontanandole i capelli da un occhio. Un occhio stanchissimo, come quello di suo padre.
Guarda come ero piccola. Ero piccolissima, tu ti ricordi di me quel giorno lì?”.
Un po' sì...”.
Un po'?”.
Paul guarda la foto, la fissa e non le risponde. Sorride alla foto, ma non le dice niente. Olivia prende gli occhiali per cercare di guardare meglio. Rimangono vicini, nella stanza nuda.
Spegni la luce, per favore. Voglio stare ancora un po' così. Vicino a te”.
Paul si alza e spegne la luce. Poi ritorna a sedersi.
l.s.






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