mercoledì 4 gennaio 2012

Step 6: L'assedio e finale

Step 6: l'assedio. La voce al telefono si rivela, quindi, attraverso lo stesso vortice pensante che ha accompagnato le altre risonanze, anche nei punti precedenti. Questo tipo di taglio narrativo comporta una diversa varietà di forme del narrato, molto meno certe e rassicuranti di quelle di qualcuno che narra quello che vede e non quello che sente soltanto, o peggio, che presume di sentire. L'atmosfera di assedio che ho cercato fin dall'inizio nella storia, è data ancora una volta dalla maschera di cera posizionata sul fatto e sull'oggetto e motore del fatto narrato. Il fatto narrato, raccontato nel suo cuore e soprattutto nel suo personaggio agente, non ha un viso definito e avvenuto, e nemmeno il narratore, mentre narra, ha cognizione del viso che deve illustrare, di quello che può fare e non può fare su di un avvenimento non ancora conclamato e certo, ma ancora ipotetico; la voce che narra si pone allora sullo stesso piano di chi legge e quindi ancora non sa troppo dell'evento vissuto, e lo legge dall'interno di un negativo alla lampadina, non ancora disposto e schiarito nella sua forma e formazione definitiva: tutto succede ma potrebbe anche essere altro. Il luogo nasconde e concede le possibilità della scorsa precedente, anche quando la voce si profila in una dimensione completamente nuova, portatrice di una richiesta impossibile e affettuosa, che interrompe e infrange tutte le probabilità precedenti e quindi le relative future. Essere stati cercati, anche da lontano, per un movente di dolore o di nostalgia molto forte, è il primo autentico ribaltamento-rapimento, che concede alla storia un respiro verso un luogo meglio definito, legato allo spiazzamento simultaneo di chi narra. Credo che sia stata quella la chiave che cercavo e che ho cercato fin dal primo rigo; l'immagine di quest'inquietudine è stata l'embrione di tutto quello che l'ha preceduta, così come del suo ultimo sviluppo e del passaggio al racconto nel racconto, che sarà poi il fattore rischiarante sull'identità e sul movente. Anche se il lettore riceverà l'informazione a cui anelava, svelandosi con calma l'arcano, non avrà raggiunto nessun punto definitivo di approdo, ma si ritroverà solo su di una nuova piattaforma, con nuove domande e interrogativi su qualcosa di inspiegabile, ma stavolta senza opzioni antagoniste; il dubbio è uno solo, non più tanti; un fatto da palpare, a cui dedicarsi, anche se immerso nello stesso mistero degli altri fatti supposti e adesso scoperti irreali. In questa nuova fase, non solo il fatto narrato, ma anche la voce che narra, comincia a profilarsi sotto una luce nuova quanto surrreale, e attraverso la memoria dell'evento e della voce al telefono, umanizza e abbassa dalla sospensione il suo stato: "...ma non del tutto dimenticato, perché da un pomeriggio d’infanzia, adesso un po’ lo ricordavo: Elvira, mia nonna paterna, mi aveva parlato una sera di lei, e forse ero l’unico al mondo a sapere di una cosa del genere" e ancora: "Perché certe storie troppo dolorose, si negano ai figli, anche grandi, ma in particolari momenti si possono rivelare a un nipote piccolo ma così attento e solitario, come ero io nei suoi occhi innamorati di me, che brillavano come candele davanti a lei...". Ecco, in quest'ultimo tempo ho cercato di lasciar scorrere la spiegazione o il risultato, aprendo una nuova fase più intima e senza sciogliere subito il mistero. Non credo che un lettore desideri sempre soluzioni certe, matematiche, assolute; in diversi casi cerca di sciogliere dei nastri, solo per potervi scorgere altre possibilità di nodi. Un lettore appagato da una certezza, di solito ritorna più insoddisfatto di prima. Ha più fame, invece, di nebbia che di chiari, di nuova nebbia, di solito, che profili l'attesa di nuovi chiari sull'evento che abita nella lettura e dal quale è a sua volta abitato. Il ricordo del narratore che si sposta nel suo passato, rende ancora più palpabile la dimensione temporale così sfalsata sui diversi piani di utilizzo e di relazione:"Mi fu detto solo questo e mai più ripetuto", adesso più perentorio e solenne, per l'effetto muscolo del passato remoto, che in diversi casi sancisce una luce più ferma e mette una pausa al flusso. E l'immagine del balcone con la donna in vestaglia, che cerca di trattenere dentro i due bambini, quel suo sorriso appena sfuggente nel freddo di Natale, non potrebbe ancora una volta sospendere le supposizioni e i misteri appena risolti, per crearne un altro nuovo, su dimensioni spaziali e temporali diverse, ma non per questo meno attraenti e spiazzanti? Credo di aver sviluppato, con questo sesto e ultimo passo, la scorsa che vi dovevo, riguardo gli aspetti che a mio parere potevano meritare e stimolare maggiore attenzione. Riprendendo così qualche punto singolo del racconto, anche qualche rigo, introdotti dalle analisi del passo, si potranno scorgere altre luci e altre ombre; come succede col gioco delle ombre cinesi, dove le dita possono trasformarsi in tanti animali diversi, a seconda del movimento o dell'apertura delle dita di una mano, un'aquila può diventare un cane, un cane una capra, una capra una volpe. Forse la bellezza dell' esercitare e dell' immaginare la finzione, sarà quella di giocare con le proprie ombre, di fronte al lume, confondendo e non riconoscendo più dove comincia la propria mano e dove continua o finisce l'ala di un'aquila reale. Al momento è tutto. Chi di voi ha interesse a commentare in questo stesso spazio qualcuno degli step che lo hanno più colpito, o comunque soffermarsi su qualche nuovo punto, è libero di farlo, per tutta la durata dell'evento, che prenderà circa un'altra settimana. Intanto tutto questo reading sarà disponibile, a chiusura evento, sia sul mio sito originale che sul mio blog. Ancora un caloroso ringraziamento agli aderenti all'evento de "La petite mort", con l'augurio più sentito di uno splendido anno nuovo!

Link racconto "La petite mort".

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