Arrivo all'analisi testuale dei versi più amati e riletti, nel tempo, sempre dopo la folgorazione del suono, dei momenti di luce, di maggiore incanto e introspezione dell'impianto prosodico. Una volta aperto il varco, si potrebbe proseguire all'infinito, a identificarne dinamiche oculate e volontarie, o esaminare quanto sia accorto l'istinto e quanti equilibri, rinforzi e piccoli incantamenti, possono riservarsi a una rivisitazione più tecnica di uno stesso testo.
Conosco la poesia di Cavalli da due testi fondamentali, entrambi dell'Einaudi:
Poesie (1974-1992) e Sempre aperto teatro, raccolta successiva di qualche anno, credo il 1999, e inclusiva di quattro varie e interessanti sezioni, delineanti, secondo la critica, un vero e proprio canzoniere contemporaneo della sua poetica.
Ritornando al primo testo, ho letto e ho fermato l'occhio, su di una sequenza molto ariosa e distesa, un vero e proprio squarcio dinamico, con le sue punte di fuoco e le sue virate di camera. Eccone una parte:
...Non lascerò che il volo degli odori, l'aria
sbattuta dai suoni e dalle ali, i rapidi baleni
di un piccione che si rispecchia nell'ombra
della grondaia, che ne ricama il bordo
passeggiando, che si getta nel vuoto per poi
risalire....
Quello che trovo sempre più accattivante nell'investigare e nell'arrendersi simultaneo alle questioni poetiche -credo che tutta la vita e le sue tensioni, nodi o dissonanze e tutti i suoi misteri, abbiano a che fare in qualche modo con una questione di poetica - è il fatto che gli strati, le luci e i paesaggi e tutto quello che la purezza del pensiero ti lascia affiorare, hanno sempre un'infinita mutevolezza e profondità di sviluppo, come se potessi scorgerli da prospettive e da altezze sempre più diverse, e notare sempre quel piccolo particolare, a volte inosservato, che può accelerare, rallentare e cambiare di colpo l'insieme più fitto o a volte afflitto di quell'unico cosmo.
Questo squarcio ha modificato la mia percezione ritmica nella lettura: l'aria sbattuta dai suoni; i rapidi baleni; ricama il bordo passeggiando..., sono una serie di lampeggi, di fotogrammi in perenne combustione, che rendono assolutamente teso e sgranato il tessuto visivo e di ascolto. L'aria sbattuta, mi riporta alle imposte, al tremendo effetto di alcuni venti su legni di vecchie case nella notte, o sull'impermanenza, sul piccolo, e anche l'effetto della profondità, così immediato, lucido e squisitamente cinematografico: il piccione si rispecchia nel'ombra della grondaia, una figura semplice e comune, che viene ammantata da una grana di riflessi e di strane voci, che lo rendono parte di un apparato superiore e sensitivo.
Questo piccolo ispirato affresco, è una folata che alterna grandi girate di specchi e di lastre sulla realtà riflessa e accudita dalla sensazione viva del poeta. In alcuni momenti i termini e la forza verbale murano e slanciano l'immagine con una perfezione e una grande capacità motoria, così come il volo degli odori, l'aria sbattuta, il piccione che si getta nel vuoto, trovano nella loro immediata correlazione il cappio della presa visiva, l'attimo pensante del lampo che dà forza e limpidezza al linguaggio.
E frugando nel motore interno dei versi, ecco in rinforzo al filo di elettricità della sequenza, una raffica di assonanze e tensioni allitteranti:
lascerò, odori, aria, rapidi, rispecchia, ombra, grondaia, ricama, bordo, risalire, trascinino, strade, colpire, stupore,, sbattuta, suoni - e tornando alla prima sequenza -, lascerò, azzurro, intravisto.
L'orologio ha tutte le sue parti in ordine e può battere il suo tempo poetico, senza stenosi e ostacoli di sorta e con miracolosa semplicità.
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