lunedì 15 marzo 2010

Secondo commento ""Gli autunni di Gürsern" (ex Kobilka) di Luigi Salerno



Questo che segue è il secondo commento, arrivatomi qualche giorno fa da un altro lettore del gruppo de iQuindici. Il secondo lettore insiste molto sull'apparato stilistico del testo e sulla possibilità e la necessità di sfoltirlo e snellirlo. In effetti il file che gli ho inviato era ancora denso di parti piuttosto ampollose, che, durante la stesura della revisione successiva, hanno risentito di alcuni sostanziali interventi di ridimensionamento e mutilazioni - almeno quando l'ho ritenuto necessario. Segue anche una mia risposta al commento con le dovute delucidazioni sulle caratteristiche stilistiche e sugli intenti primari del mio progetto. Da notare come sia possibile, su di uno stesso lavoro, cogliere tra due soli lettori competenti, abituati a numerosi manoscritti, prospettive e angolazioni particolari, e come uno stesso intento stilistico e narrativo, possa sdoppiarsi o triplicarsi in più unità parallele.
l.s.


Secondo commento dai Quindici:

Ciao Luigi,
sono Stefano e ho letto io, da parte de iQuindici, il tuo Kobilka. Quando ho aperto il file e ho visto quante pagine era lungo, ho cominciato a sfregarmi la testa pensando a quanto ci avrei messo a leggerlo. Invece devo dire che non è stato pesante. Ho una sola annotazione da farti. Snellisci la scrittura. Il tema e la trama non sono innovative in modo particolare, ma il testo è promettente e scorrevole. Sei riuscito, tra movimento narrativo e dialoghi ben articolati, ad alleggerire i capitoli, di per sé lunghi, e a rendere le altrettanto lunghe tirate delle unità narrative meno impegnative per chi legge. Questo è un grande punto a tuo favore, visto che solitamente è il punto debole della maggior parte dei lavori che mi capita di leggere. Anche la scrittura è sicuramente buona. Hai una proprietà di linguaggio invidiabile e un ritmo che dimostra tutto il tuo impegno e le capacità sviluppate scrivendo questo testo. Ora torniamo al tema di prima, però. Devi snellire la scrittura. Spesso, per creare un pathos narrativo particolare, finisci per essere un po' ampolloso. Forzi la tua scrittura con parole ricercate e costruzioni complesse quando invece, a mio parere, dovresti adattare la scrittura il più possibile al contesto narrativo. So che sembra di sminuire il tuo messaggio, ma al contrario lo chiarifichi agli occhi e alle  orecchie di chi legge. Concedimi il paragone, ma guarda con quale leggerezze Calvino tratta tutti i suoi argomenti, con parole semplici e frasi "velocissime", pur passando grandi concetti. A quel genere di scrittura, con le dovute proporzioni, dovresti provare ad accostarti. La trama, ripeto, è bella e con quell'ultimo tocco la storia avrebbe la sua marcia in più e il lettore divorerebbe molte pagine più pagine di quanto possa fare adesso...o almeno di quanto sia stato in grado di fare io. Per il resto, ben fatto Luigi. E si vede che durante la stesura di questo tuo lavoro sei maturato letterariamente verso la fine del romanzo rispetto all'avvio. Quindi in bocca al lupo per il futuro e, soprattutto, non smettere di scrivere.
Stefano


Risposta dell'autore:
Caro Stefano,
sono Luigi Salerno, il responsabile dei tuoi sfregamenti di testa -mi auguro solo iniziali. Ti scrivo per dirti un grazie sentito e non formale, perché questo tuo piccolo-grande sacrificio di perderti dento i miei azzardi e le mie fiammate anarchiche, mi è stato davvero molto utile per sciogliere diversi dubbi ancora presenti sul suo assetto definitivo. "Snellire"! Condivido in pieno: in effetti la versione del lavoro che hai ricevuto era precedente a una successiva, dove stavo già cercando di sgrossare le fasi di maggiore oscurità, la tendenza allo scriversi adosso e ad offuscare i tempi e le luci della storia. Il tema fondamentale riguardava la spaccatura tra il sapere e il sentire, detto proprio in soldoni. Volevo creare una situazione estrema o portarla ad esserlo, murando degli individui con storie diverse, in uno stesso ambiente e confrontarle ciascuna attraverso l'affettività e il loro personale bagaglio etico e cognitivo-esperienziale. In fondo niente di così nuovo, condivido, ma io stavo cercando qualcosa nella mia strumentazione di bordo, forse un equilibrio tra la ricerca di un linguaggio che mi appartenesse davvero e l'effetto notte di un'atmosfera precisa, che riuscisse ad arrivare al lettore senza troppe tortuosità e involuzioni -forse in alcune lettere di Lucrezia mi sono avvicinato di più a un certo equilibrio, chissà... Insomma, il romanzo come avrai capito è ancora aperto a modifiche, e i tuoi suggerimenti mi daranno la serenità giusta per procedere ancora, come stavo già facendo, a opportune e mirate mutilazioni e a una buona semplificazione dell'impianto narrativo. Nella versione più recente ho cambiato il titolo ("Gli autunni di Gürsern"), ho specificato meglio all'inizio la localizzazione geografica dove si svolge la storia, e ho scremato molte zone troppo ampollose o di brutta filosofia (la cena da Nicholas, la festa di Carnevale, molti dialoghi tra Teo e Otto, la stessa parte iniziale, e marcando maggiormente il dubbio sul mistero incestuoso tra i fratelli). Penso che sia un primo passo. Un'ultima cosa: gli estratti in tedesco, sono gli originali della Passione secondo Matteo di Bach, che tradotti in italiano hanno una certa attinenza con il ruolo e la figura di Teo nella storia. Sarebbe stato importante che avessi incluso nel testo le note adeguate di traduzione. Lo farò.
Ti ringrazio ancora, soprattutto per il tuo incoraggiamento a non smettere. Penso che sia una piccola cometa che mi rimarrà dentro, se un domani dovessi davverso stancarmi -anche se ne dubito.
Cordialità,
Luigi Salerno

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