lunedì 15 marzo 2010

Primo commento a "Gli autunni di Gürsern" (ex Kobilka) di Luigi Salerno



Questo commento al mio romanzo inedito "Gli autunni di Gürsern" -titolo modificato di recente, prima era "Kobilka"- è di un lettore del gruppo letterario "i Quindici, il primo dei due che ho ricevuto sull'inedito:

"Ciao Luigi,
ho letto con interesse il tuo romanzo “Kobilka” e ti mando qualche semplice impressione, da lettore qualunque, senza qualifica aggiunta, sperando solo che ti possano essere utili nei tempi a venire…
Non posso non iniziare che facendoti i complimenti per il tuo romanzo, mi è sembrato veramente ben scritto e si è rivelato una lettura interessante e stimolante, sotto vari punti di vista. Provo ad andare con ordine, anche se non è il mio forte…devo dire che sin dalla parte iniziale, dalla “cornice” che prepara lo sviluppo della storia, mi sono dovuto abituare un po’ al tuo periodare, in alcuni momenti incatenato in frasi brevi, rotte anche da una punteggiatura “pesante”, mentre in altri, soprattutto quando lasci andare i pensieri e le sensazioni dei tuoi personaggi, questo si trasforma in un flusso magmatico, vorticoso, di periodi lunghi, densi e concentrati di immagini e colori che fanno emergere la tua padronanza nello scrivere. Mi sembra che questa alternanza vada poi assottigliandosi con il procedere della storia, anche per la presenza più forte del discorso diretto, per riemergere soprattutto nelle lettere di Lucrezia e nelle dispute di Teo, siano esse con altri o semplicemente solo suoi pensieri. Quest’aspetto mi è parso positivo perché altrimenti avresti finito per rendere la storia troppo “carica” dal punto di vista stilistico, rischiando di offuscare la vicenda e la trama di questa. Invece mi sembra che tu abbia trovato un giusto equilibrio con il procedere, anche se tieni conto che un approccio così nei confronti di un romanzo può spaventare, sia per le citazioni alquanto difficili che emergono sin dalle prime pagine (Torelli,  Cristobal Halffter, Simone Martini, Mathäus Passion…) sia per la complessità filosofica di alcuni scambi tra i personaggi. Io mi sono lasciato andare alla lettura, cercando con curiosità alcuni personaggi che tu citi e che non conoscevo (per es. Cristobal Halffter appunto, Varése, ecc.) così come mi sono soffermato sui confronti, cercando di sviscerarli; se alcuni dualismi sono abbastanza chiari, vedi quello centrale material-idealista (per farla semplice) tra Otto e Teo, ho l’impressione in altri momenti di non essere riuscito a cogliere del tutto la profondità che probabilmente tu nascondi nel testo. Insomma, sii consapevole che se per alcuni un testo più complesso vuol dire curiosità, per altri può essere semplicemente una noia, tutto qua.
Per quanto riguarda la trama della storia, devo dire che l’hai gestita in maniera ottimale, riuscendo a creare strati sottili, uno sull’altro, in maniera sempre crescente fino all’esplosione del finale; e il finale lascia trapelare che la rivisitazione degli eventi da parte di Teo sia quasi continua, notte dopo notte, mentre la figura di Gyorgy diventa quasi un fantasma con cui confrontarsi. È solo un mio abbaglio?

Tutti i personaggi hanno un loro spessore molto consistente, cosa tutt’ altro che facile, sia i principali, ma anche quelli più secondari, vedi per esempio Justine, e durante l’arco della narrazione hanno una propria evoluzione molto riconoscibile. In alcuni momenti assumono quasi una maschera teatrale classica, sia perché è predominante la narrazione degli stati d’animo rispetto alle azioni eclatanti, sia perché ogni piccolo spostamento viene scavato, da Teo in particolare, quasi fino a sviscerarlo completamente. E credo sia proprio in questo continuo scavare nei personaggi, aggiungendo loro sempre un piccolo strato di pelle in più che sta uno degli aspetti più forti della tua narrazione. Degna di nota, in senso positivo ovviamente, è l’idea dell’occupazione di Teo, riformatore scolastico con cui credo che chiunque avrebbe voglia di avere a che fare…a proposito se senti davvero parlare di una scuola che baserà i propri programmi su Huxley, Dhammapada e Andersen, considerami iscritto!


Ultimo aspetto su cui mi soffermo e che mi ha colpito è l’ambientazione del romanzo, non tanto per i luoghi o per il tempo, i primi sempre nominati, il secondo scandito anche dalle date delle lettere, ma per una specie di filtro evanescente che sembra circondare la narrazione, come se si trattasse di un qualcosa di lontano ed irreale; ed anche se le macchine passano, in certi momenti sembra proprio di trovarsi in un piacevole luogo un po’ sospeso dal tempo. Al prossimo romanzo,
Federico".

Risposta dell'autore:
Gentilissimo Federico,
volevo davvero ringraziarti di cuore per questa tua bellissima analisi sul mio testo, che a dire il vero è la prima e la più autentica in assoluto che io abbia ricevuto. Questo, d'altra parte, è un inedito ancora molto aperto a eventuali o anche sostanziali modifiche: quello che mi interessava era la tenuta dell'impianto narrativo, le dinamiche psicologiche nello sviluppo dell'azione, e soprattutto il ritmo e la comunicazione emotiva, e le tue indicazioni le ritengo davvero preziose, rivelando una lettura approfondita e una spiccata sensibilità a situazioni che non pensavo potessero essere colte con tanta precisione da "un lettore qualunque, senza qualifica aggiunta", come tu preferisci definirti, che fra l'altro è anche il banco di prova più difficile, perché rappresenta la destinazione finale del progetto.(Anche se da come scrivi e come senti, tanto qualunque non lo sei).
Condivido pienamente su tutti gli aspetti che tu mi hai elencato: soprattutto su quella propensione a una certa "anarchia" della prima parte, di alcuni particolari ermetismi, dell'accanimento su citazioni a volte oscure, che potrebbero correre il rischio di scoraggiare. Riconosco che la sperimentazione di un certo stile, in diversi casi diverte molto di più chi scrive che chi legge, mentre dovrebbe essere giusto che anche il lettore venga coinvolto.
A volte mi lascio prendere dal valore che hanno certi richiami per la sensazione del momento o perché parte della mia vita, in alcuni casi della mia formazione: quelle musicali, soprattutto quelle dal testo tedesco della "Passione secondo Matteo", di J.S.Bach, avrebbero senso con la traduzione del testo corrispettivo italiano, richiamato semmai con un asterisco: dovrei valutarla come possibilità; infatti questi inserti li utilizzavo come contrappunto - forse piuttosto ambizioso, lo riconosco - tra gli elementi della storia e una visione universale del bene e del male e del sacrificio, scandita nel testo tedesco dal ruolo del coro. E poi ancora Yeats e la pittura -Simone Martini è anche il nome di una strada della mia città - e la musica classica e contemporanea.
Dopo la tua analisi non c'è molto da spiegare. Hai detto davvero tutto, hai colto particolari che pensavo potessero sfuggire, e questo mi conforta parecchio: davvero non lo pensavo. Mi sono sentito risollevato dal fatto che un lettore che non conosco e che non mi conosce, sia arrivato così oltre quanto io stesso potessi immaginare. Quando hai parlato di Justine, per esempio, vedo che hai colto in un personaggio in apparenza minore, delle rifiniture sostanziali che ho utilizzato per mantenere in piedi alcune tensioni sotterranee e anche sulla figura fantasmica del suo amico notturno Gyorgy, hai centrato in pieno!. In un eventuale lavoro approfondito di editing sul testo, il tuo commento al lavoro mi sarà davvero utilissimo, credimi.
Ti ringrazio ancora del tempo che mi hai dedicato -a volte mi sento in colpa per il tempo che con un mio scritto lungo possa rubare a qualcuno. Il confine tra lo scrittore e il ladro, in molti casi è labilissimo - e mi riserverò di aggiornarti sulle eventuali evoluzioni che il destino riserverà a questa mia prova.
Distinti saluti,
Luigi



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