Il perché di questa dedica a Notturno alla I L
La scrittura è un po' come la vita, non sempre puoi prevederne la rotta e i risvolti.
E questa volta con questa storia ho avuto paura. Paura di averla iniziata e di averle dato una direzione così inquietante pur nella sua dolcezza notturna. Paura nell'aver concepito un racconto che diventava sempre più grande e mieteva sacche profonde di angoscia insieme alla sua imperscrutabile tenerezza di mistero. E forse è proprio per questo che le prime bozze di Notturno stavano abbandonate da un po' di tempo in una cartellina azzurra, mentre inventavo sempre un pretesto e una scusa diversa per non riprenderle.
C'era qualcosa di oscuro che mi disturbava e che mi portava a rimandare il momento della revisione finale. E questo qualcosa era nascosto nella vita di Penelope, il personaggio più impalpabile e vibrante che abbia mai incontrato e concepito nella mia fantasia, pur con un'apparizione così fugace.
Dalla sua comparsa sulla panchina di Bruges, nel soffio di nevischio e quello scambio di sorrisi con Hans, fino al suo canto doloroso e notturno della telefonata, sentivo che mi stava succedendo qualcosa dentro e che adesso davvero non controllavo più la storia e avrei voluto addirittura fermarla, cercare un varco qualsiasi da un qualunque punto per accedervi e sprofondarvi dentro e soffocarla in un abbraccio che non avesse inizio né fine, forse alla mia stessa vita, ai miei dolori lontani, alle promesse mancate, a quello che non ho ancora dato, ai magnetismi lunari e fantasmici che pervadono la trama sottile di quella notte profonda e della nostra esistenza, al suo “buonanotte lo stesso”, che a volte diventa così difficile a dirsi, anche se hai tutte e due le mani...Forse per ciascuno di voi esisterà da qualche parte lontana la possibilità di incontrare Penelope e guardare le cicogne di Bruges e semmai ritornare indietro ancora per tempo per non ferirla, chissà...Ecco perché ho pensato a voi: mentre rispolveravo gli ultimi tratti della narrazione, ho sentito quanta tenerezza c'era ancora nella vostra età difficile, nei vostri primi dolori, nella paura di essere traditi e dimenticati all'improvviso e senza un motivo, e poi ho sentito che forse quel lunedì mattina un pezzettino di Penelope era nascosto in una parte piccola di voi, o forse era entrata in classe senza farsi sentire, altrimenti non mi spiegherei perché dopo avervi scritto la lettera ho trovato quel coraggio istintivo di riaffrontare il Notturno e poi dedicarvelo, per dargli la vita che adesso ha.
Sarà anche questo un altro piccolo e dolce mistero, lo stesso che suona una canzone nella notte, dopo che hai spento la radio.
Ecco le mie motivazioni.
A presto,
Luigi Salerno.
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