martedì 18 giugno 2013

Luci del pomeriggio

Al risveglio, di un sonno non programmato, perché vissuto in un tempo che era destinato ad altro, e solo all'ultimo è rimasto inutilizzato, rimango preda della sospensione tra gli stadi. Ancora con il sonno dentro lo sguardo, le mie dita sono più lente e separano la stasi di torpore dalla luminosità del sogno reale, di questa luce che agguanta la casa, come uno strangolatore una gola, la luce dolce del pomeriggio, che accompagna i miei gesti, la mia voce bassa, i miei passi, fino all'ora di cena, e ancora oltre. Il silenzio delle parole. Pochi suoni, poca vita intorno, se non la sensazione di aver sognato o di essere stato preda. Preda del sogno inquieto e felice di qualcun altro, che adesso muove la mia vita, i miei gesti, il mio temperamento. Non ricordo che cosa mi ha svegliato. Non certo un rumore, nemmeno un colpo di telefono. Il risveglio non è un'azione reale, è ancora inquinata da quello stato feerico e ingrato, che mi separa. Forse il solo odore di casa di questa luce che è fatta di sonno, arretrato e confuso a quello che si è perduto e a quello che non si è ancora incontrato. Di chi sono i miei pensieri nell'assenza sublunare del sonno, anche del sonno breve, quello che di solito cattura, in un suo profondo primo bacio di morte e senza un movente. La posizione da disteso, dove a volte spalanco le braccia come un soldato dopo una granata che lo ha squarciato in pieno; in altre mi rattrappisco o mi storzello, è sempre parte del mio me di adesso, che scrive a comando parole che sembrano fili di luce polverosi, che calano come la sera sullo specchio di una credenza. Che fine farà questo mio dire, così questo mio sonno, la dolcezza di aver sognato e saputo di altro, ma di non avere più l'impronta rara del soggetto, se non il suo sapore, il fantasma dei connotati, che verrebbero fuori solo con una rivelazione dal motus perpetuum reale. Che cosa sarà di questo viaggio clandestino tra gli stadi, di questo torpore e insicurezza,  verso l'amore lontano e dilaniato per la propria vita? 
Forse un risveglio incolto e atonale. Intonso.

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