lunedì 25 settembre 2017

Pomeriggio di vento


Passeggiando, in un pomeriggio di vento di questo settembre, era come scrivere e perdermi in quello scrivere senza pagine, con il solo camminare, senza una vera meta, tacendo il senso di ogni mio passo. Quel momento di solitudine esasperante, in un pomeriggio presto di un litorale semideserto, era perfetto e sapeva di qualcosa che forse mi sarebbe rimasto per sempre, anche senza forzarne le tracce; intendo fermo nel quaderno della mia gola fino al mio animo e in nessun altro luogo fisico, come un privilegio, per il solo fatto di essere stato taciuto. Molti luoghi mi parlano, ma nello stesso tempo mi chiedono un certo riserbo, per contenere i loro segreti. Mi accadono spesso dei momenti che nella loro semplicità lasciano dei segni invisibili, che anche senza essere trascritti su di una pagina bianca, difficilmente incontreranno quello stesso oblio, rappresentato da tutto ciò che diventa concreto. Rimanere in contatto con questa economia della pura percezione e possibilità, senza spingerla subito verso una sua prima piattaforma di luce, credo che mi aiuti molto a precipitare nell'ascolto immediato della vita e della sua intensità, anziché nell'aggredirla con un'immediata decodifica semantica di quello che in quel momento significhi, per la sola ossessione di confidarla agli altri a tutti i costi e nel migliore dei modi. 
In quel pomeriggio di vento, che ho sentito scritto e già lontano, ancora prima di compierlo dentro di me, mi accorgevo di un livello emozionale di realtà diverso, dove non contavano più le parole, i segni, i suoni da condividere per mostrare l'esperienza, ma tutto quello che le parole, i segni e i suoni tacciono in quella stessa esperienza, mentre mi muoiono dentro, e che molte volte mi dicono di più, se li lascio fermi, come se fossero inutili o nemmeno mai stati. A volte in quel tacere avverto un privilegio, nel quale vorrei resistere il più possibile, prima di tradirlo, come ho fatto proprio adesso, con questo post.



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