sabato 2 settembre 2017

Il tempo passava e ci sbiadiva: "Andreina e l'imbrunire".


"Il tempo passava e ci sbiadiva. La domenica mattina passavo a prenderla verso le dieci, per una passeggiatina molto semplice, senza pretese. Si parlava poco. Andreina della sua settimana passata a scuola e di quella che sarebbe arrivata; io di qualche verbo irregolare di inglese, ma preferivo sempre ascoltare lei. Poi si pranzava insieme, qualche volta a casa di mia madre, anche insieme a mio fratello, con sua moglie Adriana e le sue due bambine. Il pomeriggio la riaccompagnavo a casa sua, sempre a piedi, dove rimaneva da sola tra le sue cose. Un riposino, ancora qualche appunto per la lezione del lunedì. Di sera passavo a riprenderla e la portavo nel parco, quello vicino casa sua, per baciarla un pochino, quasi di nascosto dal mondo. I nostri baci nel parco, anche se molto brevi e così minuti, rimanevano meravigliosi. La sua bocca sapeva di nevi e di malinconia, e dai suoi occhi chiusi sentivo il freddo vero nell'anima, ma anche i campanelli delle biciclette sul finire di un' estate o di un'intera vita, come di quella domenica all'imbrunire, che cominciava già a svanirci dentro e a portarci un po' con lei, lontano da noi due. In quei momenti, ormai i nostri ultimi della domenica, credevo e sentivo di amare Andreina ancora di più delle altre volte, per via di quella strana spossatezza che ci prendeva, forse per il pensiero del lunedì, o della morte di un giorno di festa, che avveniva nei nostri silenzi di studenti e nella bruma delle nostre carezze. Quando poi arrivava il momento di staccarsi, quando si faceva l'ora, la vedevo ricomporsi i capelli, dietro gli occhialini da maestra una nube di rossore, poi  girava lo sguardo, ancora spettinata, si ricopriva le belle gambe ancora un po' scoperte e mi evitava, come se fossi un estraneo, un perfetto sconosciuto, o quel suo allievo triste dell'ultimo banco, di cui mi diceva ogni tanto.
Avrei dovuto attendere un'intera settimana per poterla baciare e toccare di nuovo, come facevo tutte le domeniche sere nel parco, all'imbrunire. In quelle sere non mi sembrava di baciare o di carezzare appena Andreina, ma l'imbrunire. È anche per questo che quando poi ritornavo a casa mia da solo, dopo averla riaccompagnata al suo portoncino dello stabile numero sedici, mi accorgevo e sentivo che Andreina era davvero l'imbrunire e che forse anche l'amore era fatto di solo imbrunire, come la nostra domenica appena finita. Era davvero questo, forse? O soltanto per me?".

Estratto da "Andreina e l'imbrunire", racconto inedito di Luigi Salerno

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