martedì 3 febbraio 2009

Sempre aperto teatro



Lettura meditata e accostata nei primi pomeriggi di Luglio di quest'estate.
Patrizia Cavalli era l'unica poetessa, oltre Ungaretti e Bertolucci, che mi confortava dall'eccesso delle calure e dei vuoti estivi da ricolmare. La riprendevo a volte anche di sera, la luce del balcone piccolo sul suo piccolo libriccino tenuto di riguardo (ricordo della collezione Einaudi di mio padre), e stemma profondo sull'arcobaleno delle sdraie, quando lo ritrovavo all'aperto, tra le falene e le voci lontane del parco, nei lunghi dopocena nelle pagine e poi ancora sul tardi, dopo qualche mia scrittura confusa.
Oggi ho finito per la seconda volta la sua pregevole raccolta "Sempre aperto teatro". Edizioni Einaudi.
Ne parlo a modo mio. Forse nello spirito di una lettura importante da riscoprire e rivivere ancora nel tempo, come i graffi sul bianco intatto dei grandi poeti che sanno ancora cantare.
Rileggere un poeta significa ritrovare e riscoprire volontariamente il gusto di una sintonia, una frequenza di tempi e durate di luci, che va scandita con nuove ripetute letture, semmai in luoghi diversi, stagioni opposte e lontane, venti contrari e cangianti, proprio come è accaduto a me, e non per una scelta.
Una poesia in bianco, fresca di mattoni e calce fresca di cittadina e provincia, solco di un'Italia ancora grande nel piccolo; grandi schiarite e sipari sulle notti e sulle stelle di un'immaginazione raccolta e sviluppata attraverso elementi quotidiani, nelle pieghe di un dolore o di un soffio tiepido di contatto, meditati e resi presto minuzie di pregio, carillons, piccoli getti di centocchio sulla pietra, tuoni e stacchi di temporali dentro la bellezza delle emozioni.
Stile nitido e mai compiaciuto, in un percorso metrico con una sua compostezza scientifica e mutevole di grandi trovate, visibili nella disposizione composta dei versi, come le pose di un gatto domestico che graffia e rimane vigile, anche nel sonno più profondo.
Belle quelle pagine bianche dove spiccano i versicoli scanditi delle sue ultime "erbette facili". Adesso ne sorgeranno altre, all'infinito.
La buona letteratura che continua, e mai si misura e codifica troppo, come l'erba migliore
l.s.

0 commenti: