domenica 8 febbraio 2009

Joyce e la sua ultima pagina


La fine di una grande lettura, di una lettura importante, lascia sempre un segno inequivocabile di nostalgia, un nuovo strato dove si accumulano piano tutte le piccole reazioni alla profondità delle ultime pagine. Forse la sensazione che non si è stati abbastanza dentro e neanche troppo vivi e partecipi alle intenzioni elaborate e volute dalla maestria del narrante, ai suoi tocchi pregiati, al suo regno oscuro ed espressivo che diventa morsa di luce nel tuo.
Ieri notte raggiungo la milleventicinquesima pagina dell'Ulisse di James Joiyce, con questo groppone di dubbi e di nostalgia su quanto ancora avrei potuto recuperare, se forse fossi stato appena più scaltro, più attento a tutti i suoi passaggi, le sue virate al largo, i suoi lampi di fuoco.
Eppure Mr Bloom lo rivedo ancora in piedi, vivo e vegeto, ancora nel suo paesaggio variegato, denso e impalpabile nello stesso tocco di mano; comincio già a sentirmelo più vicino, con gli odori della sua Dublino, la sua lunga giornata, i suoi pensieri.
A volte sono tentato di ritornare indietro, e vedere quanto sia cambiato io dalla percezione di quell'effetto, che a primo impatto forse non mi ha rilevato la sua grana originaria di luce fredda, o anche di calore diverso, che adesso si fa materia e si ricompatta quando lo ricordo e lo riporto alla mia luce.
Chiuso il libro il libro mi si riapre da solo.
Questo avviene molto spesso. Come la partenza di un treno, la chiusura di una narrazione regala un mattoncino di attenzione alle minuzie, quelle da sviluppare verso la vita, verso la propria storia personale o quelle che avrai la forza di raccontare quando sarai più solo.
Penso a come sarebbe bello organizzare un'analisi di gruppo, tra appassionati, scrittori, giovani amatori, su quest'epopea così originale, con i suoi tempi narranti, le sue distese di canto a volte mai punteggiato. Si dovrebbe creare uno spazio apposito. Chiamarlo:"Viaggio a ritroso nell'Ulisse. Analisi di un testo".
Ma intanto la vita continua, e le grandi e difficili emozioni avranno comunque una loro presa naturale e legittima su altri percorsi paralleli. Ne sono certo. Anche se quel grosso volume verde adesso già mi manca.
Lo tengo vicino al braccio, con il suo ingombro, mentre scrivo il post.
l.s.

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