giovedì 6 ottobre 2016

Lo scrivere è fatica



Lo scrivere è fatica. Lo scrivere bene sa di fatica. Anche lo scrivere male. Questa fatica è l'anima della scrittura. Se fosse facile, senza l'esistenza della fatica, la scrittura non lascerebbe un solco definito, una traccia.
L'esperienza emozionale in tutte le fasi di uno scritto, mi avvolge completamente di spasmi e di aria fredda. È un'esperienza onnipervadente e anche il sostenere tutto questo ha un costo e questo costo è un altro tipo di fatica, semmai più interiore e meno fisica. Ma il fisico di chi scrive non è mai inerte. Le cose che si trasmettono, che si pensano, che si maturano, entrano ed escono da tendini, ventricoli atriali, polmoni, ossa, arterie femorali, mandibole, zigomi, denti. Nulla diventa esente da questo processo. Anche questi appunti che sto battendo in tranquillità, con la finestra aperta e le voci dei condomini del palazzo di fronte, stanno mettendo in gioco le mie dita, le mie braccia e i miei polsi in una ginnastica complessa e dolorosa, dove anche loro, gli unici che sfidano la staticità del mio corpo e del mio sguardo che segue con zelo le lettere, interagiscono con il senso di quello che sto dicendo, con il suo teatro, o con il suo assurdo. C'è anche la loro voce, quindi. Il loro punto di vista e di non ritorno. Come il suono limpido dei miei polpastrelli, che aiuta a  confezionare meglio il mio concetto, attraverso la sua acustica. Il suono della mia voce, in questo punto del processo, è solo questa pioggia di dita sulla tastiera, che arriva con persistenza e puntualità, fin quando il mio pensiero glielo concede. In fondo rimango io la genesi del lampo, del tuono e della pioggia di questo temporale, con cui mi rimetto al mondo e mi rinnovo nella mia stessa acqua, scrivendo.  
Il resto è tutto in controluce di me, in negativo. Il senso della frase, il suo respiro, il suo stile, sono tutti fattori che si smuovono alle mie spalle, attraverso le possibilità della loro configurazione, di questo compromesso tra ragione e mistero, con cui la scrittura mi avvince e mi costringe di continuo senza alcuna logica, funzione, utilità.
Le braccia sentono tutto il peso delle parole scritte, allo stesso modo degli occhi, della schiena, delle ginocchia, delle spalle. Diventiamo anche la fatica di quello che scriviamo. La fatica di tutto questo è già un traguardo. Un esercizio raffinato nel sentirsi umani e civilizzati da questo peso schiacciante e insieme liberatorio. Da questa splendida maledizione, che non mi lascerà mai.










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