martedì 9 luglio 2013

La richiesta della passeggiata

(Dedicato a B. e a V. contro i marchi bovini del tiepidume ustionante).

Pensando...alla richiesta di una passeggiata, fino a pochi giorni fa mi è successo di godere di questo invito all'intimità delicata e incerta del camminare insieme, senza meta. Una bellissima passeggiata che rimane eterna nella possibilità delle sue ombre al paesaggio, che non sarà più lo stesso dopo il graffio dei passi in comune, rallentati, adattati, modificati al sentimento di chi ti cammina accanto.
Persone di età, sesso, stato, condizioni diverse, hanno dimostrato sempre un grande piacere di ripetere con me uno stesso percorso di passeggiata. Che cosa incantevole il passeggiare e soprattutto il sapere che quella passeggiata mi è stata dedicata perché richiesta e non sarebbe mai stata la stessa senza di me, il mio passo, i miei silenzi, le mie parole dette e non dette e così senza i passi, i silenzi, le parole dette o non dette dell'altro/a.
Eppure io passeggio molto da solo, spesso raggiungo le punte bianche delle vele, oltrepasso il traffico degli skipper, e rasento la costa e non mi dico altro. Quando qualcuno è con me, qualcuno che mi ha chiesto di camminare con lui, non ci diciamo altro, ma cambiano gli oggetti, le rifrazioni, le figure, i colori e le ombre che ci avvolgono e ci appannano. Tutto rimane impalpabile e segreto, come qualcosa di non detto, di mai detto, che potrebbe essermi confidato, in quell'occasione di affiatamento che potrebbe e vorrebbe protrarsi all'infinito se solo cedessi a proseguire quando qualcuno mi fa: continuiamo ancora? E non sempre io riesco a trovare una risposta appropriata al tipo di esigenza. Qualche volta ho proseguito, quasi sempre ho proseguito ancora e ho atteso che dalle parole del mio compagno o compagna di strada, uscisse qualcosa che motivasse la mia presenza esclusiva e richiesta accanto a lui o a lei o a loro. Perché proprio io, ma forse per il mio ascoltare, ascoltare, senza stancare e anche perché quando io parlo ascolto e forse non stanco troppo, immagino di sì o che ne so. Non ho mai notato distrazione nei passi, nella direzione. Nel passeggiare insieme si svela il sentire comune di una certa luce di accudimento, dai ricordi di tante altre passeggiate perdute in un dispiacere o tenute ferme e murate dentro una sacca di angoscia. Passeggiate semmai non richieste ma sofferte e patite, nelle prime luci della sera, a volte le prime che sapevano già di ultimo e di atroce, di latte o di confine estremo alla soglia ansiosa di un grande dolore, di una stronzata, di un'ossessione.
Quando qualcuno mi chiede di camminare con lui, mi fa capire che quei passi insieme sono una richiesta di affetto perduto e tradito, o forse di amore per il primo spettacolo dei miei passi nella sua vita, per la mia figura magra e sconosciuta, che non assale e non verifica né mortifica, e che forse nemmeno c'è...quando si incammina e il vento se la gioca nella sua rapina.
Passeggiare ancora insieme e senza molte parole, in un mondo che prende alle spalle e alla gola, che ti grida addosso e ti scotta, che ostenta frasi e giudizi come lanciatori di coltelli da cucina, rimane una piccola speranza di delicatezza contro la spocchia d'assalto dei vulcani minori e le loro sentenze tremende di lava. Una speranza che brucia forte, e che non ci passi mai...

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