martedì 11 maggio 2010

Sole d'autunno.

        Sole d'autunno.

La quinta finestra - contandola sempre al contrario, da destra - quella coperta dalle foglie, quella che non si vede, ma che si può solo immaginare, è quella dove studiavi e insegnavi l'amore per la vita dalle parole, da giovane laureato, delle belle lettere e degli acquerelli di Miller e delle grandi idee scomparse di grandi amori e di giustizia e di profondi segreti inviolati. Ma io allora ti odiavo e ti combattevo, con i pugnali sguainati del compagno cattivo e gli sguardi bassi, e quel continuo contrariarti e prendermi gioco della tua premura a insegnarmi la rotta di volo che ignoravo. Sono ritornato soltanto ora, sperando di poterla scorgere e farti lo stesso fischio del pomeriggio mancato, quando mi accorsi di averti ferito e aspettare ancora il tuo braccio o il tuo silenzio. Diventavo il tuo merl noir e ti screziavo ai gorgheggi in una parata di lusso nella grande malinconia di te. Ho sempre sperato che togliessi la penna dalla bocca e individuassi il mio ramo assolato, quando aspettavo la briciola di un ultimo sguardo, o di notte, quando le stelle cantavano al tuo sonno e le più lontane, in un ultimo accenno di stanchezza, alle chitarre sepolte nell'azzurro di Spagna delle lucciole di mezzo Giugno, prima degli esami, e se non ti affacciavi prendevo tempo e fumavo feroce da solo, che mi privava di luce il tuorlo del tuo ritardo, pensieroso fino al nocciolo stanco del mio cuore di ladro d'auto, spaccato alla sola tua voce d'ingresso, con il tuo cane la corsa della tua bambina dal cancello, che ti cercava, e che avevo minacciato come un drago, per quell'anno perduto e indovinato solo più tardi come forse il più prezioso, senza sapere che soltanto tu mi avevi difeso e pensando sempre di partecipare a una rincorsa, in quel tempo che non aveva durata ma solo uno spazio ampio di capelli già grigi e di visi imbruniti, dai tempi dolci della scuola, il tuo unico vero amore, quando mi sentivo troppo piccolo per raggiungere il vino adulto della tua parola, prima di salutarti, anche l'ultimo giorno, alla mia tristezza di volatile braccato dalla caccia della tua assenza, quando andasti a Lucca, senza un preavviso, -dicevano guai grossi con un figlio difficile- ma nessuno parlava e al tuo posto vennero i Bartolini, con quei bambini chiassosi che toglievano voce alle mie giornate. La quinta finestra, quella che ha preso il tuo stesso vezzo di scappare e di evitarmi, di svanire per giorni e di farsi vedere all'improvviso, quando sembravi ormai dissolto nell'ultima neve piovosa di febbraio. Non sono mai capace di affinare la vista, quando decidi che devono filtrarti le foglie alla severità dolorosa degli ultimi voti compilati e l'amore difficile per lo studio, che senza un professore come te io non ho più speranza di leggere e di sognare nelle parole, ma adesso hanno chiuso tutte le imposte e così anche la mia piccola segreta voce da un ultimo ramo spezzato, dove ancora immagino uno squarcio lunare di una tua lezione privata, prima che cali la sera sui nostri lenti divieti degli arresti domiciliari, sono sicuro che non ci crederesti, ma solo adesso ho comprato un mio primo libro, me lo hanno portato da poco i Carabinieri, quello che mi avevi consigliato tu: ho trovato solo stamane il foglietto con la tua grafia e solo adesso ne riconosco il valore così dedicato e il calco commosso del vuoto d'aria, dopo un giorno arioso di sole di autunno pieno, che adesso mi appassisce con lui, in quest'ultima dolcezza di ruga e di involo, alla tua piccola vita letteraria di  professore amico.
Un tuo scolaro innamorato, e perduto.
l.s.






2 commenti:

Rosanna Plamieri ha detto...

In questo "giallo ambrato" ci si lascia cullare volentieri...

R.P.

Anonimo ha detto...

sole d'autunno:
a parte la foto... che mi ha fatto prendere un accidente... sembra la mia casa d'infanzia di campagna...
Luigi come fai a scrivere cosi'?
ogni espressione
ogni metafora e' poesia
narri poetando
grazie!
Stefania